I retroscena del licenziamento del leader No pass Stefano Puzzer: «Non mollo, farò ricorso».
Il portuale triestino rifiuta dallo scorso ottobre di esibire il certificato verde. Il presidente dell’Alpt: «Decisione che non c’entra nulla con le vicende politiche»
TRIESTE Stefano Puzzer, leader delle proteste triestine no Green pass di ottobre, è stato licenziato per giusta causa dall’Agenzia per il lavoro portuale. L’ex sindacalista del Clpt ha ricevuto venerdì la raccomandata con cui la società che gestisce il lavoro a chiamata nello scalo gli ha notificato la decisione. Puzzer non lavora dal 15 ottobre per il rifiuto a esibire la certificazione verde e da febbraio l’Alpt ha inviato alcune lettere di contestazione al proprio dipendente, che aveva da poco comunicato attraverso i suoi legali di essere pronto al ritorno in porto, sottraendosi poi nuovamente alle chiamate in servizio.
Il caso fa il botto. Puzzer annuncia il licenziamento in diretta su Facebook e durante la giornata il suo nome è nelle homepage di tutte le testate e fra i primi trend di Twitter. “Ciccio” è il terzo portuale licenziato dall’Agenzia. Nel caso di Stefano Tuiach e Nino Rizzo i provvedimenti sono scattati per le presunte false attestazioni di malattia presentate all’azienda nei giorni successivi al presidio del varco 4 organizzato dal 15 ottobre e spostatosi in piazza Unità dopo lo sgombero delle forze dell’ordine.
A Puzzer il presidente di Alpt Francesco Mariani contesta invece l’inadempimento contrattuale, giustificato dal fatto che il dipendente si sia detto impossibilitato a mostrare il Green pass in occasione di una serie di chiamate al lavoro nella prima metà di marzo.
C’è un retroscena da raccontare. A fine febbraio, l’avvocato di Puzzer Nicola Sponza scrive all’Agenzia, comunicando che il suo cliente era tornato disponibile a offrire la propria prestazione lavorativa. Il 28 febbraio il portuale sostiene pure le visite mediche. Sembra tutto risolto, ma dal giorno dopo Ciccio rifiuta puntualmente la chiamata in servizio, tornando a dire di non voler esibire il Green pass, che possiede in questi mesi per essere guarito dal Covid. Succede per due settimane di seguito. L’Agenzia considera la condotta una violazione del contratto e fa pervenire una lettera di contestazione. Il 6 aprile Puzzer incontra Mariani col proprio avvocato, ma per l’Alpt le giustificazioni politiche della condotta non bastano a evitare la prolungata inadempienza contrattuale e quindi l’interruzione del rapporto di lavoro.
Il presidente di Alpt Mariani commenta così la decisione: «La vicenda è legata strettamente al rapporto del lavoratore con la sua Agenzia, che deve essere improntato alla lealtà e al rispetto delle normative sanitarie e contrattuali, senza creare nocumento agli altri lavoratori portuali in termini di immagine e di concreta partecipazione alla attività lavorativa. Il licenziamento del lavoratore nulla ha a che vedere con vicende politiche sulle quali il lavoratore fa leva. Personalmente per il lavoratore provo affetto. E quando mi ha chiesto aiuto personale, economico, mi ha trovato disponibile. In qualità di presidente di Alpt devo però guardare a tutti i lavoratori, al loro salario, alle loro famiglie. Ambizioni politiche personali, del tutto legittime, di qualcuno non possono colpire, indebolire i lavoratori art. 17 (quelli a chiamata, ndr) del porto e il porto di Trieste».
In una diretta su Facebook, convocata per annunciare il licenziamento, Puzzer dice che «la prima preoccupazione è stata come comunicarlo alla mia famiglia. Sapevo che era una cosa a cui sarei andato incontro. Sono orgoglioso di quello che ho fatto: io, i miei colleghi, i cittadini di Trieste nelle varie aziende. Questa è una conseguenza del fatto che siamo puri, che crediamo nei nostri diritti e che non ci piegheremo mai a questo sistema marcio. A Trieste sono sei anni che lottiamo contro il sistema, abbiamo creato un sindacato autonomo che vogliono distruggere assieme a me. Non ce l’avete fatta a piegarmi mettendomi un gps sotto l’auto, manomettendomi l’automobile, quando vergognosamente avete inquinato le mie urine con la cocaina, fatto per cui c’è stato un processo». Riferimento a una serie di vicende denunciate dall’allora leader del Clpt negli anni scorsi.
«Sono fiero – continua il portuale – di essere stato coerente, di non essermi piegato e di aver detto il 15 ottobre che non sarei andato a lavorare fino a che gli altri colleghi non avrebbero potuto fare. Non mi elevo a capo popolo e non giudico chi è tornato a lavorare». Perché abbia scritto quella lettera a fine febbraio resta un mistero.
Puzzer annuncia il ricorso legale: «Mi batterò con tutte le forze contro la decisione dell’azienda. Non possono permettersi di portarmi via la casa. Sono un lavoratore portuale e prima o poi tornerò a fare il portuale. Noi abbiamo fatto sempre tutto a fin di bene. Voi mi avete dato questo uovo di Pasqua e io vi darò la sorpresa. La gente come noi non molla mai».