Mohoric travolgente, Van der Poel appannato
Le pagelle della Parigi-Roubaix: Van Baarle non sbaglia nulla e merita il massimo, Matej paga lo scotto della malasorte; promossi a pieni voti anche Van Aert, Küng, Devriendt e Pichon. Trentin, che sfortuna!
Dylan van Baarle: 10 e lode
Semplicemente stratosferico. Debordante, ma anche sagace tatticamente. Era incontenibile, ma si è contenuto fino al momento della verità. Corsa gestita magistralmente e vinta con uno dei numeri più impressionanti degli ultimi tempi, scardinando la resistenza degli avversari e aggredendo le pietre della Roubaix meglio di chiunque altro. La sua gara è iniziata ai -210, come quella dei 72 compagni di fuga, e già da subito è apparso chiaro come in casa Ineos il capitano unico fosse lui, dato che dei sette Ineos Dylan è l’unico a non aver collaborato attivamente per mantener in vita quel gruppone, a differenza di altri nomi spendibili come Kwiatkoswki, Ben Turner (8.5, altra classica vissuta in testa e dando un largo apporto alla causa Van Baarle, prima della caduta su Champin-en-Pévèle; se vogliamo dopo i 200km ha ancora qualche limite, ma col tempo questi problemi si risolvono e allora tutta l’esperienza messa da parte in quest’annata verrà fuori), Magnus Sheffield e soprattutto Filippo Ganna (8, sfortunato ma combattivo, dà segnali incoraggianti in ottica futura). La sua foratura prima della Foresta ha segnato la fine dell’attacco Ineos e determinato il ricongiungimento col plotone Van der Poel-Van Aert-Kung. Seguiti gli uomini giusti, su Auchy-lez-Orchies ha provato ad accelerare ritrovandosi ben presto da solo. Solamente la sparata di Van Aert ha consentito agli altri inseguitori di rifarsi sotto dopo Mons-en-Pévèle, ma anche in quella situazione la Ineos si ritrovava in posizione di vantaggio. Dylan si è poi perso l’allungo di Lampaert e Mohoric, ma ha risposto prontamente dopo poche centinaia di metri, dopo aver fatto partire Turner per facilitargli il compito. Perfetto. Rientrato sui battistrada non c’è stata partita; per qualche attimo si è pensato che magari Kung e Van Aert potessero chiudere su di lui, ma il passistone della Ineos ha raddoppiato il proprio vantaggio dando l’indiscutibile prova di essere il migliore. Punto e fine. Dopo l’argento al Mondiale e al Fiandre arriva la vittoria prestigiosa e per la sua squadra è solo l’inizio di un lungo percorso. Con Turner, Ganna, Sheffield e Pidcock all’orizzonte, il team britannico si è assicurato un futuro radioso per le Classiche del Nord.
Wout van Aert: 9
Un voto complicato che deve prendere in esame molti aspetti. Primo tra tutti, il Covid; quanto e come la settimana ai box ha rallentato il belga? Difficile stabilirlo, sicuramente il corridore intravisto tra Harelbeke e Wevelgem aveva nelle corde azioni strabilianti, ma pure quello di oggi in fondo è stato tra i primi tre per brillantezza in gara, dietro solo a Van Baarle e Mohoric. Poi c’è da domandarsi quanto i due inseguimenti abbiano prosciugato il serbatoio delle energie. In particolare la rincorsa dopo la Foresta di Arenberg, all’imbocco della quale Wout ha avuto un problema meccanico simile a quello del 2019 e si è salvato grazie alla bici di Roosen. Con l’aiuto di Affini e di Cristophe Laporte (4, doveva essere il capitano ma è invisibile per tutta la corsa) è rientrato e spalleggiato dal fido Van Hooydonck ha creato il drappello buono per andarsi a giocare la corsa.
Arrivati a questo punto dell’analisi e alla luce del secondo posto finale verrebbe da dargli un votone, ma le note dolenti non mancano. Innanzitutto la gestione tattica; era senza squadra, vero, era l’uomo più marcato, vero, ma tutti quegli scattini velleitari nei tratti in asfalto sono uno spreco di forze troppo grande per non rimproverarglieli. E infatti, quando poi è partita l’azione vincente Wout stava rifiatando. Unica mossa azzeccata lo scatto ai -23, dopo aver fatto bollire Van der Poel, allungo pensato ed eseguito in maniera esemplare (facesse sempre così…). Da sistemare il feeling col pavé. Sull’asfalto scavava i solchi, sulle pietre arrancava un po’ e non è un caso che abbia approfittato della canalina sterrata per sferzare l’attacco più violento a Mons-en-Pévèle. Altro piccolo appunto rivolto alla squadra: che senso ha in un tratto ventoso alzare l’andatura quando i tuoi due capitani sono in coda?
Stefan Küng: 9
La caparbietà alla fine è stata premiata. Anche lo svizzero era rimasto sorpreso dal ventaglio Ineos, ma non si è tirato indietro e non ha tirato indietro la squadra, ordinando ai propri compagni di dare tutto pur di ricucire sui primi, senza paura di rimanere isolato nelle fasi calde. Foresta, Mons-en-Pévèle e Carrefour li ha volati, ha sempre dato il proprio contributo nelle azioni in cui si è trovato protagonista e raggiunto Mohoric ha messo nel mirino il podio; tempismo ottimo in volata e secondo bronzo di alto livello dopo quello ai Mondiali di Harrogate, in tutt’altre condizioni. Il portacolori della Groupama è ormai incontrovertibilmente uno dei big delle classiche.
Tom Devriendt: 9.5
Dal nulla è spuntato questo belga amante delle pietre, non certo uno dei tanti campioni del ciclismo attuale, ma oggi altrettanto importante in questo film spettacolare. Tom ha diligentemente seguito Mohoric quando questi e Ballerini sono scappati dal gruppo Ineos, ancora alle origini della corsa. Ha scampato i mille pericoli e i trabocchetti offerti dal percorso, rimanendo per la maggior parte del tempo a ruota dello sloveno. Ritrovatosi solo a causa della foratura di Mohoric, Devriendt ha cullato almeno per qualche secondo il sogno di portarsi a casa la Regina, ma un allungo di Van Aert l’ha bruscamente riportato nella realtà. Raggiunto da Lampaert, Van Baarle e nuovamente da Mohoric ha potuto avvalersi della presenza nel drappello inseguitore di Petit per risparmiarsi un po’ di turni in testa, ma sul Carrefour ha dovuto alzare bandiera bianca. Agganciatosi al duo di locomotive Küng-Van Aert è tornato in gioco per il podio, sfiorandolo per un soffio. Qualche rimpianto c’è di sicuro, ma ciò che gli va riservato sono solo applausi.
Matej Mohoric: 9.5
Più di Van Aert e più di Küng, eppure è arrivato dietro ed era anche tra i favoriti della vigilia. Sì, ma la cavalcata di Matej è stata travolgente, interrotta da una foratura e ricominciata perché alla fin fine contano solo le gambe, la sfortuna è passeggera e colpisce tanti, quasi tutti. Non sale sul podio un po’ perché gestisce male il finale e un po’ perché anche in una corsa che non risparmia nessuno come questa le fatiche di una fuga di oltre 100km la senti nel finale. Dal Tour 2021 Mohoric ha cambiato marcia, ora è entrato in una nuova dimensione. Dove questo lo porterà non si sa, ma si può immaginare.
Adrien Petit: 8
Un voto che vale per lui e per l’intera Intermarché, sorpresa di primavera capace di piazzarne 6 nei primi 23 e due nei dieci. Petit al cospetto dei fuoriclasse che lo circondavano non ha affatto sfigurato, anzi. Peraltro, una gara del genere può rappresentare l’inizio di qualcosa, una ripartenza dopo un paio d’anni bui vissuti da Adrien.
Jasper Stuyven: 7
Ha allungato nel settore 6, da Bourghelles a Wannehain, e proprio quando ha cominciato a intravedere i quattro di testa la sfortuna si è materializzata con una foratura che in pratica lo ha rimbalzato nel drappello di Van der Poel. Il settimo posto non può soddisfarlo oggi che il belga sembrava in grado di cancellare la casella zero dal numero di podi conquistati in corse di primo piano dopo la Sanremo.
Laurent Pichon: 8.5
Le sorprese, si sa, sono frequenti alla Roubaix e in top ten troviamo anche questo veterano francese, solamente alla seconda esperienza nell’Inferno del Nord. Prima nella fuga iniziale, poi in quella con Mohoric e Ballerini; rimasto solo con lo sloveno e Devriendt, si è staccato, è stato raggiunto da dietro ma non ha mai mollato, lottando come un leone, spesso muovendosi in modo scoordinato sulla bici. Tanto ha sofferto in corsa, tanto può gioire ora che è terminata.
Mathieu van der Poel: 5.5
All’Amstel c’era stata qualche avvisaglia, oggi la conferma. Troppo incisivo il mese di pausa a gennaio e troppo breve il periodo di allenamento Spagna per pensare di reggere un’intera campagna delle classiche sull’onda del successo. Il Fiandre è comunque tantissimo in relazione alle aspettative ed anche oggi, nonostante la gamba palesemente scarica che gli ha impedito di muoversi con la solita aggressività, ha dato prova delle sue doti uniche sulle pietre lungo l’azione sul Carrefour de l’Arbre. Ora è il momento di riposare, ricaricare le batterie e puntar forte sul Giro.
Yves Lampaert: 7.5
Sfortunatissimo come sempre; lui ama la Roubaix ma evidentemente la Roubaix non ama lui. Arrivato finalmente in buone condizioni dopo due mesi vissuti sotto i normali standard è arrivato a tanto così dal podio, ma il contatto con il tifoso a bordo strada gli è stato fatale. Già al gancio per seguire l’attacco di Mohoric, Lampaert si è salvato per merito del pavé, superficie di cui è maestro ed è finito a terra cercando l’asfalto…
In casa Quick-Step altra delusione, ma stavolta almeno ci hanno provato anticipando le mosse degli altri; Davide Ballerini (7) era entrato nel drappello giusto, una foratura gli ha impedito di continuare l’azione con Pedersen, Mohoric, Pichon e Devriendt, mentre il capitano designato Kasper Asgreen (4.5) è rimasto attardato nel ventaglio iniziale ed in seguito è caduto senza più tornare nelle posizioni di vertice.
Matteo Trentin: 6.5
Una foratura l’ha bersagliato nel momento peggiore, proprio quando faceva parte di quei 12 lanciati verso i battistrada. L’augurio è che prima o poi riesca a concretizzare anche sulle pietre.
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