Il Villaggio Sos di Mantova a rischio: «Ci manca il personale»
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L’allarme del presidente Ghisi: se non troviamo gli educatori dovremo chiudere. Ora sono 24, ma due sono dimissionari dopo che altri sette se n’erano andati
MANTOVA. «Se non troviamo educatori rischiamo di chiudere». Il drammatico appello è di Dante Ghisi, presidente del Villaggio Sos del Bosco Virgiliano. È la struttura che dal 1995 accoglie e accudisce bambini e ragazzi disagiati, tolti alle famiglie da una sentenza del tribunale e affidati alla cooperativa. I Villaggi Sos in Italia sono quattro e tutti sono dei punti di riferimento insostituibili per tribunali e Comuni per dare un tetto ai minori sottratti a famiglie che possono diventare per loro un pericolo.
«Attualmente – spiega Ghisi – abbiamo 24 educatori che si occupano di 14 tra bambini e ragazzi, oltre che di altri servizi. Dovremmo averne sette in più ma non si trovano. Questo è un grosso problema. Se non li troviamo entro fine aprile saremo costretti a chiudere con il servizio di accoglienza. E sarebbe un dramma visto che siamo nati per quello».
Il tipo di lavoro a cui sono chiamati gli educatori, delicato e alquanto impegnativo, ha provocato negli ultimi tempi una vera e propria fuga. Dei 24 attuali, due sono dimissionari dopo che sette se n’erano già andati l’anno scorso. L’organico, quindi, è destinato a scendere ancora. Con inevitabili ripercussioni su chi resta in termini di orari e di carichi di lavoro. «I nostri educatori – dice il presidente – non si tirano certo indietro e assicurano fino a dieci ore di lavoro al giorno, ma è chiaro che così non possono andare avanti. Bisogna avere dei sostituti». Che, come detto, si faticano a trovare; devono essere laureati in scienze dell’educazione e, quindi, serve personale specializzato.
«Abbiamo cercato ovunque – spiega Ghisi – Ci siamo rivolti agli altri nostri enti fratelli, ma la situazione è la stessa anche là. Con l’università di Urbino da tre anni abbiamo un ottimo rapporto e con essa siamo riusciti a mettere in piedi un corso che forma gli educatori, ma perché si laureino occorre del tempo e, quindi, non ci sono specialisti disponibili da subito».
E quando si trovano i neolaureati spesso non finisce bene: «Tutti cominciano con grande entusiasmo, poi mano a mano che passa il tempo si rendono conto che il lavoro è impegnativo e scoppiano. Si rendono conto di aver scelto senza sapere a che cosa sarebbero andati incontro». Lo stipendio è buono: a una base di 1.250 euro al mese si aggiungono straordinari e notturni che lo fanno salire a 1.400, ma poi anche questo incentivo, dopo un po’, non basta più e la gente se ne va. «Abbiamo chiesto di assumere anche dei non laureati, ma per ora non è possibile. Intanto, chi è rimasto dà tutto quello che ha, e anche di più, ma in questa situazione, ripeto, possiamo resistere solo qualche settimana».
L’allarme e la preoccupazione di Ghisi si intreccia con la mole di lavoro che il Villaggio Sos svolge oltre a quello di accogliere bambini e ragazzi disagiati. «Dal 2019 – spiega – facciamo anche il doposcuola per 30 bambini; inoltre manteniamo agli studi all’università Bicocca di Milano un nostro ex ospite. E svolgiamo il servizio educativo domiciliare: accompagnamo, cioè, il rientro a casa dei minori ospiti da noi, sia soli che con le mamme. Infine, abbiamo cinque nuclei familiari composti da mamme e figli che abitano fissi da noi. Gli educatori seguono sia loro che gli altri 14 tra bambini e ragazzi, di svariate nazionalità, che ci sono stati affidati». —