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Апрель
2022

Modena. Don Mattia, il sacerdote di Formigine rivela: «Minacce dalla mafia libica. Postati documenti italiani top secret»

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È indicato come un bersaglio da colpire, insieme con altri volontari che salvano migranti in mare. E in aggiunta spunta un inquietante risvolto di spionaggio internazionale: la pubblicazione, contestuale a queste minacce gravissime, di documenti segreti dello Stato Italiano copiati e trafugati alla Guardia costiera; documenti protocollati, firmati e riservati solo ad alti ufficiali. Un account di mafiosi e trafficanti libici, legati a mafiosi maltesi, ha preso di mira don Mattia Ferrari, sacerdote formiginese ed ex cappellano della nave “Mar Jonio”, dedita a salvataggi nel Mediterraneo. Su sollecitazione dell’arcivescovo don Erio Castellucci, alcune settimane fa don Mattia ha consegnato un esposto alla Procura di Modena che ora indaga per diffamazione e minacce aggravate. L’“affaire” di spionaggio internazionale non è chiaro da chi verrà trattato ma è uno dei temi dell’interrogazione sul caso presentata dalla deputata Pd Giuditta Pini al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Lo ha rivelato lo stesso sacerdote mentre parlava al pubblico di piazza Grande ieri dal palco nel corso delle celebrazioni del 25 Aprile dopo aver raccontato le vicissitudini di Sami che, scampato a sette mesi di torture e stupri in Libia, non ce l’ha fatta, e di altri migranti africani oggi a Modena.

«La Procura di Modena – spiega don Mattia – sta indagando. Periodicamente questo account portavoce della mafia libica minaccia chi aiuta i migranti africani in Libia. Il 31 marzo hanno minacciato pesantemente anche me. Don Erio (e di questo lo ringrazio) mi ha sollecitato a portare un esposto in Procura. Ma non è solo la minaccia in sé, bensì chi c’è dietro questo account. Il problema vero è che non è solo portavoce della mafia libica, ma è legato a servizi segreti deviati di diversi Paesi: ogni tanto pubblica foto degli aerei militari di Frontex, documenti riservati e segreti di alti livelli di apparati statali e militari italiani».

«Come mai la mafia libica è in grado di pubblicare le foto di questi documenti altamente riservati? – si chiede il sacerdote - o qualcuno passa i documenti o, peggio, l’account è co-gestito coi mafiosi libici da qualcuno ad alto livello. È inquietante pensare che ci siano collegamenti tra alti funzionari italiani e la mafia libica, che è una delle più ramificate e violente. L’account esiste dal 2017, guarda caso quando nascono gli accordi Italia-Libia».

Aggiunge l’onorevole Giuditta Pini: «Ultimamente questo account libico ha pubblicato materiale protocollato e firmato del Comando generale della Guardia costiera italiana, una richiesta di soccorso di una nave. Sono documenti che non potevano ottenere se non tramite una foto fatta al comando centrale della Guardia Costiera: come hanno fatto ad avere questo materiale? C’è una talpa? Questo chiediamo al Governo». E noi aggiungiamo: quale disegno ha spinto i mafiosi libici a “bruciare” proprio adesso la loro “talpa” italiana pubblicando questo documento con le minacce a don Mattia e altri?

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