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Апрель
2022

Dagli ultras ai combattenti mercenari ecco chi sono i filo-Putin toscani agli estremi

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Per loro la causa dell’invasione sono Zelensky e Biden. L’orrore i soldati russi gambizzati. Bucha la scena di un set di cui va scoperto il regista. Ci sono i cuori neri, quelli che come il Duce non c’è nessuno e viva la marcia su Roma. Ma anche la sinistra estrema per cui il distacco da falce e martello è peggio del complesso di Edipo. Sono ultras, comunisti, neofascisti, gruppi di cani sciolti. E questa è la realtà rovesciata di una galassia che arriva a investire del ruolo di accusati le vittime, non i carnefici. Chiede conto del massacro ai massacrati.

È il fronte toscano dei filo-putiniani, quelli per cui la guerra è colpa del presidente ucraino, anzi dell’Occidente che ha provocato la Russia con le basi Nato troppo vicine ai confini. Quelli che “gli ucraini stanno ammazzando i civili” ma di fronte alle fosse comuni scavate dai russi chiedono di indagare meglio.

Solo ieri, a Livorno, un gruppo di vecchi comunisti extra partito ha fatto irruzione alle celebrazione per il 25 aprile con uno striscione pro Donbass e le bandiere delle repubbliche separatiste. Le stesse bandiere che da mesi sventolano nella curva nord amaranto. A sinistra i Carc, che non si definiscono pro-putiniani, ma dalla parte della Russia, in questa guerra, stanno. Anche perché è tutta colpa dell’imperialismo a stelle strisce. A Firenze c’è un gruppo di militanti, il gruppo A. Sinigaglia, che ieri ha voluto ricordare con uno striscione il “partigiano Edy”, cioè Edy Ongaro, l’italiano morto in Ucraina mentre combatteva con filorussi.

Ma da parte della Russia sta anche tanta estrema destra, Forza Nuova e il neonato Fronte di liberazione popolare, movimento animato dall’imprenditore carrarese Nicola Franzoni, arrestato nei giorni scorsi per l’assalto alla sede della Cgil a Roma. Lui, Franzoni, è conosciuto per le sue posizioni no vax ma di recente ha aggiunto al suo curriculum una carriera da sostenitore russo tanto da usare come immagine di profilo sulla sua pagine Facebook una Z (simbolo dell’esercito di Mosca) disegnata su una bandiera russa.

Uno che un certo piglio filo-putiniano lo mostra (ma già solo per questo azzardo descrittivo s’adonterà, ci bollerà in uno dei suoi ruvidi post come servi del mainstream) è Lenny Bottai. Il pugile livornese, l’idolo della curva, il dirigente toscano del Partito comunista di Marco Rizzo è un profluvio di teorie anti-Nato e anti-Usa. Basta guardare la sua pagina Facebook, dalla quale ci inonda di pensieri, commenti, invettive, e che lui chiama «nazibook» poiché, sostiene, l’algoritmo lo censura, lo banna, lo rallenta. Insomma, Lenny tira botte Bottai si indigna per i soldati russi gambizzati, ma non fa mai cenno ai civili uccisi dalle truppe russe (bambini compresi). Se lo fa, sfrutta le narrazioni zoppe dei media (naturalmente «mainstream», come gli piacerà dire mainstream) o quelle un po’ strappalacrime che vorrebbero dipingere quei nazisti di Azov come giusti della Storia. Depreca chi lo accusa di sostenere l’invasione russa in Ucraina, anche se rilancia le foto della curva con le bandiere della Novorossiya che garriscono al Picchi. Lenny peraltro la definisce «operazione», non guerra (post del 31 marzo, profilo Il-Lenny Bottai), la quale si augura «finisca domani, ma con la testa di chi l'ha causata, ovvero il comico divenuto Presidente per obbedire ai piani della Nato, ed i suoi vassalli che da otto anni se ne sbattono di accordi e regole in Donbass». Fra i putiniani anche Sergio Landi, ex segretario del Pci livornese, poi folgorato sulla via della Lega e di Susanna Ceccardi, pure lui indefesso bastonatore di Biden, che ha osato definire lo zar «macellaio». Del resto anche Susy in due mesi di conflitto ha cocesso un solo post all’Ucraina e per chiedere all’Aia un’indagine che accerti i crimini di guerra a Bucha, ma mai una condanna per gli aggressori.

Non farà piacere a Lenny ritrovarsi in compagnia (almeno sul piano teorico) di un neofascista come Andrea Palmeri, ultras lucchese condannato in patria per rissa e violenza e volato in Dombass a combattere – raccontò – con le milizie filorusse. Ogni giorno su Fb il suo bollettino di guerra. «Lugansk è deserta... restano quasi tutti gli uomini. Io non ero al fronte, ho avuto un ospedalizzazione non legata alla guerra, quando starò meglio vado», il 23 febbraio. Poi ancora bollettini. Ma sulla sua impresa bellica, eroica, ecco, per ora aleggia il grande boh.

© RIPRODUZIONE RISERVATA




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