Abbiamo lasciato Ambrogio Beccaria nel 2019 incrostato di salsedine e grondante di gloria, mentre festeggiava la vittoria della Mini Transat, primo italiano nella storia ad aver espugnato una delle roccaforti francesi della vela offshore. Tre anni dopo lo ritroviamo Alla Grande  nella sua Milano, città che nel 2020 lo ha inserito tra i cittadini «benemeriti», consegnandogli l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza meneghina (prima di lui solo altri due velisti, Ambrogio Fogar, alla memoria, e Giovanni Soldini). 

Qui, davanti a un parterre da grandi occasioni radunato al Pirelli HangarBicocca (con il sindaco Beppe Sala, il Ceo di Pirelli Marco Tronchetti Provera e l'AD di Mapei Veronica Squinzi accanto a lui sul palco), ha presentato il nuovo progetto sportivo, una sfida oceanica 100% italiana

Ambrogio Beccaria presenta il nuovo progetto sportivo Alla Grande.JPG

Ambrogio Beccaria presenta il nuovo progetto sportivo Alla Grande
Daniele Mascolo

Nel mezzo due stagioni ridotte, causa pandemia, ma comunque intense e costellate di successi: primo alla Mini en Mai, alla Duo Concarneau, fino alla Mini Solo 222, un terzo posto al Les Sables-Horta-Les Sables 2021 sul Class40 con Ian Lipinski e un tentativo di record alla Monaco-Porto Cervo a bordo del Multi70 Maserati con Capitan Soldini. Due volte velista dell’anno e ormai consacrato tra le eccellenze italiane che il mondo ci invidia, l’ingegner Ambrogio Beccaria ha deciso che è tempo di salpare verso nuove avventure veliche, mettendo la prua verso la Route du Rhum e il giro del mondo. E vuole farlo, sebbene viva a Lorient (Francia), sventolando il tricolore. 

La barca, infatti, sarà Alla Grande, un nuovissimo Class40, sorella maggiore (e un po’ sofisticata) del Mini 6.50, progettato e costruito interamente nel nostro Paese con linee, piano velico, sistemi e tecnologie all’avanguardia. Una sfida nella sfida, quella di Beccaria, convinto che anche in questa Classe, per scalzare i francesi dal trono, servano soltanto motivazione, passione e competenza. 

Cominciamo dal nome: perché barca e progetto si chiamano così?

«Alla Grande era il nome della mia prima barca, una sorta di relitto che avevo recuperato e con il quale ho cominciato l’avventura oceanica. Quando lavoravo per rimetterla in sesto tutti mi chiedevano la stessa cosa: “Come va?”. E io rispondevo: «Alla grande», perché era la verità; così ho voluto fare un passo indietro e dedicarle questa nuova sfida. Alla Grande è anche il mio motto».

Come nasce questa sfida?

«Dopo aver realizzato il mio sogno con la vittoria della Mini Transat, ho pensato a lungo a che cosa avrebbe potuto emozionarmi di nuovo, regalarmi le stesse sensazioni e sono giunto alla conclusione che sarà questo nuovo progetto, ma non è stato semplice: all’inizio, sulla scia della grande eco mediatica post Transat e anche di una certa visibilità che avevo conquistato commentando (con Guido Meda su Sky Sport) la Coppa America, credevo che avrei avuto la strada in discesa; invece è arrivato il Covid e il mondo si è fermato… Alla fine della pandemia sono stato fortunato ad incrociare Pirelli, un brand che da anni è legato alla vela (anche oceanica) e che con questo sport condivide i temi dell’innovazione, dell’ambiente, dell’eccellenza italiana nel mondo… Hanno immediatamente condiviso lo spirito di questo progetto pionieristico e sono saliti a bordo come Main e lead sponsor affiancati da Mapei, nome che da 85 anni è sinonimo di eccellenza milanese, che ci supporterà come global sponsor. Inoltre, e sono molto orgoglioso di questo, sono entrato a far parte dello Yacht Club Italiano; quindi, oltre al tricolore, su Alla Grande sventolerà  il guidone del circolo velico più antico del Mediterraneo».

Il Class 40 in lavorazione in cantiere.jpg

Il Class 40 in lavorazione in cantiere
Hasselblad X1D

Non sapevamo che il sindaco di Milano fosse tra i tuoi fan

«Beppe Sala è un grande appassionato di vela e dopo la vittoria della Mini e la consegna dell’Ambrogino d’oro mi ha seguito nelle varie sfide. L’ho invitato alla conferenza stampa perché mi faceva piacere averlo, ma non pensavo accettasse. Invece…».

Non solo stai per sfidare i cugini francesi su una barca per te relativamente nuova come il Class40, ma addirittura lo farai con uno scafo interamente Made in Italy. Non è un azzardo? 

«Vivo a Lorient, la capitale della vela oceanica, ma sono italiano, milanese e mediterraneo… Credo sia ora di affrancarci dal modello Francia, perché abbiamo talenti, eccellenze e competenze anche da noi e in tutti i campi. Sono convinto che aver coinvolto due geni assoluti come Gianluca Guelfi ed Edoardo Bianchi (rispettivamente progettista e costruttore), sia una scelta vincente. Abbiamo la stessa età, stessa formazione universitaria, stessa visione e soprattutto, stessa motivazione. La barca che sta nascendo è un’opera prima sotto molti punti di vista».

Ad esempio? 

«La prua a scow, arrotondata e fuori dall’acqua, per trovare il miglior passaggio sulle onde, la posizione inclinata dell’albero per ottenere migliori performance e più controllo ad alte velocità, un pozzetto con soli 4 winch e timoni basculanti che si sganciano automaticamente verso poppa nel caso di urto contro un oggetto galleggiante. Inoltre, avrà il pozzetto riparato per affrontare qualsiasi condizione meteo senza sfiancare lo skipper, che sarei io…».

Il Class 40 Alla Grande.png

Il Class 40 Alla Grande

Hai puntato su un progettista e un costruttore trentenni come te, quando potevi rivolgerti a realtà più consolidate nel settore. Perché?

«Perché la cosa che mi interessa di più nelle persone è la motivazione. Conosco benissimo sia Edoardo sia Gianluca: il progetto è perfetto, innovativo, potente e tagliato sul mio modo di navigare; Gianluca, che vanta una laurea sui Class40 e anni di esperienza, è stato capace di farmi immaginare, attraverso i numeri, quali sensazioni avrei provato in barca. Edoardo (ex project manager di Luna Rossa, olimpionico e ingegnere) era la persona ideale per tradurre questo progetto in realtà nel cantiere genovese da lui fondato (Sangiorgio Marine)».

Quali sono gli obiettivi sportivi? 

«Si tratta di un programma di due anni e mezzo che mi accompagnerà verso la Route du Rhum (leggendaria regata transatlantica in solitario di 3.500 miglia dalla Francia a Guadalupe) e poi alla “The Race Around” (il giro del mondo dedicato alla Class40 con partenza nel 2023). Il tempo per il rodaggio è strettissimo: la barca andrà in acqua a fine luglio e parteciperà alla Palermo Montecarlo in agosto con equipaggio, ma la vera sfida è la Route du Rhum che inizia il 6 novembre; per questo, nel trasferimento da Genova alla Bretagna di fine estate, farò un passaggio “al largo” per far assaggiare alla barca le acque oceaniche».

Com’è stato il passaggio da un Mini650 a un Class40?

«Il Class40 è la sorellona più grande, una barca magnifica, “sana”, la più marina su cui abbia mai navigato, che ti fa sentire sicuro in qualsiasi condizione (senza i problemi degli Imoca con foil, ad esempio). La sento mia. E poi sono barche capaci di medie altissime (con Ian Lipinski abbiamo percorso 430 miglia in 24 ore, stabilendo il record di velocità!). Sicuramente è anche un po’ più comoda: c’è una sorta di letto, la connessione satellitare, il pc… certo, manca sempre il bagno, ma per me è lusso arabo! Dall’altro lato sarà più complessa da gestire e più faticosa, senza considerare che anche gli shock che lo scafo subisce in mare saranno maggiori rispetto al Mini e il fisico ne risentirà».

Ambrogio Beccaria.jpg

GULIAROSATELLI

Ecco, il fisico: come ti stati preparando sotto questo punto di vista? 

«Rispetto ai Mini, dove non ti poni domande e vai finché resisti, sul Class40 devi dosare le tue forze perché la barca ha bisogno di molta energia; per questo sono seguito dal Centro Ricerche Mapei Sport con il quale stiamo studiando una preparazione ad hoc, una tabella di marcia e una dieta: in linea di massima dormirò tra le 4 e le 6 ore al giorno suddivise in fasi che andranno dai 5 ai 30 minuti ciascuna; il 10 % del tempo rimanente lo dedico al timone, ma non per ottenere prestazioni, su queste barche si timona solo per avere sensazioni, per capire cosa chiedere al pilota automatico. Poi ci sono le vele da regolare e da spostare e il meteo da studiare». 

Tra gli avversari troverai anche degli amici come Alberto Bona e Andrea Fantini

«Ne sono felice, Alberto è un mio carissimo amico e correvamo insieme nei Mini, anche se in Classi differenti; non vedo l’ora di affrontarlo, sarà molto bello. C’è grande fermento nella vela oceanica italiana; mi fa piacere avere sfondato per primo la “linea Maginot” nella Classe Mini; adesso bisogna infrangere questo tabù anche nella Class40».

Hai navigato con Giovanni Soldini; raccontaci com’è andare in barca con una leggenda della vela.

«Quando abbiamo fatto il tentativo di record c’era tantissimo vento e mi chiedevo come potesse avere ancora voglia di infilarsi in situazione del genere. Poi l’ho guardato e ho capito:  era perfettamente a suo agio, sapeva esattamente quando spingere e quando togliere il piede dall’acceleratore, perché quelle sono barche da preservare… Mi hanno colpito la sua energia e la sua voglia inesauribile di mare. Non tutti lo sanno, ma Soldini è il navigatore oceanico professionista che naviga di più al mondo».

Ti piacerebbe correre su quei mostri? 

«Non adesso: i multiscafi mi fanno un po’ paura, ma mi affascinano; è un po’ come con la Coppa America: sono attratto dall’aspetto rivoluzionario e tecnologico delle imbarcazioni, ma non è il mio mondo. Al momento sento di avere ancora voglia di navigare in oceano, da solo, su monoscafi più tradizionali come il Class40, poi vedremo».

Tronchetti Provera, Beccaria, Squinzi, Sala.JPG

Tronchetti Provera, Beccaria, Squinzi, Sala
Daniele Mascolo

Oltre al successo sportivo, che cosa ti ha lasciato la vittoria della Mini Transat?

«Da un punto di vista velico è stata un’iniezione di fiducia, mi ha reso consapevole delle mie capacità, mi ha fatto rendere conto che sono in grado di fare certe cose e quindi mi pongo meno limiti per il futuro; umanamente, dopo la Mini Transat, do più importanza alla qualità del tempo che trascorro da solo, perché è quella la chiave per stare poi bene con gli altri».

La Vendée Globe è sempre nel cassetto?

«Sempre, e sono certo che prima poi quel cassetto si aprirà…».