Melissa Lucio, sospesa la condanna a morte della donna accusata ingiustamente: per la sua vita si era mobilitata anche Kim Kardashian
I tanti appelli lanciati in queste ore – da attivisti ma anche tanti vip tra cui Kim Kardashian – hanno sortito il loro effetto. La Corte d’appello del Texas ha deciso di sospendere la condanna a morte di Melissa Lucio, destinata alla pena capitale per l’omicidio della figlia di 2 anni che, però, non ha mai commesso. La sospensione è arrivata a 48 ore dalla data fissata per l’esecuzione, con l’ordine ad una corte di livello inferiore di esaminare le nuove prove emerse sulla possibile innocenza della condannata, come riferisce il Guardian. La donna, 58 anni e madre di 14 figli, si è sempre detta innocente, tesi confermata anche dalle prove raccolte, e negli ultimi giorni la sua famiglia si era battuta per fermare la sua esecuzione, incassando il sostegno di molti attivisti per i diritti umani e anche di volti noti del mondo dello spettacolo. Melissa Lucio era stata infatti condannata con l’accusa di aver ucciso nel 2007 la figlia Mariah, 2 anni, nonostante non ci fossero prove a suo carico, anzi: la bimba, secondo la difesa, è deceduta per le ferite interne riportate due giorni dopo una caduta accidentale, mentre l’accusa ha sostenuto che sarebbe stata picchiata.
La donna, di origini messicane, doveva essere giustiziata con un’iniezione letale in un carcere di Gatesville, in Texas, il 27 aprile ma ora ha ottenuto altri 120 giorni di vita, quanto il tempo stabilito dalla Corte per rivedere le nuove prove. Il team di legali che si occupa della sua difesa ha infatti raccolto nuove evidenze dalle quali emerge chiaramente che la piccola Mariah non è stata assassinata ma è caduta accidentalmente dalle scale. Grazie di “avermi dato la possibilità di vivere e provare la mia innocenza. Mariah è sempre nel mio cuore”, ha detto Melissa Lucio, ringraziando la Corte. Nessuno degli altri 13 figli l’ha mai accusata, e anzi tutti sostengono la sua innocenza: la sua storia è diventata negli anni un vero caso mediatico negli Usa, tanto che vi è stato realizzato anche un documentario, “The State of Texas v Melissa”.
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