Elisa Signori: «Tra il 1945 e l’Ucraina di oggi creiamo un ponte per la pace»
il discorso
PAVIA. «La tragedia della guerra in Ucraina sfida le nostre coscienze e suscita echi dal nostro passato. E dunque cerchiamo con i nostri pensieri di costruire un ponte tra il fragore delle armi di oggi e quell’aprile del 1945 che mise a tacere le armi, segnando per il nostro Paese un nuovo inizio nella democrazia e il ritorno a una Europa libera e di pace».
Un passato e un presente distanti 77 anni, eppure così vicini: a tracciare il collegamento tra la festa della Liberazione e la guerra in Ucraina è stata, ieri mattina in piazza Italia, l’orazione di Elisa Signori, docente di Storia contemporanea, direttrice dell’Istituto pavese per la storia della Resistenza e madre di Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio del 2014 proprio in Ucraina, mentre documentava il conflitto in Donbass tra separatisti filorussi e forze governative.
Un nome di alto profilo, proposto dall’Anpi, che aveva messo tutti d’accordo nel comitato organizzativo e che anche ieri ha raccolto consenso, calore e applausi. «Sento la responsabilità di dare significato a un momento di riflessione oggi più che mai difficile – ha spiegato in partenza –. Oggi suonerebbe stonato rifugiarsi nella celebrazione rituale, eludere il confronto con l’attualità della tragedia della guerra».
La condanna della guerra
Per la docente «la Resistenza italiana fu in gran parte espressione di un disperato desiderio di pace e di una condanna senza appello della guerra». Nel suo discorso Elisa Signori ha citato Teresio Olivelli, «brillante laureato del nostro Ateneo, cattolico, che partecipò entusiasta alla spedizione sul fronte orientale. Fu per lui e altri coetanei un momento di profonda revisione critica. Tornato a piedi in Italia Olivelli divenne un ribelle, combattendo contro fascismo e nazismo, sino a trovare la morte in un campo di concentramento – ha ricordato Signori –. Quanti tra i soldati russi che oggi combattono in Ucraina sono consapevoli della guerra ingiusta che stanno combattendo? Quando cadrà la benda dagli occhi e si accorgeranno di avere dato e rischiato la morte per una causa insensata? In Russia è perfino bandita la parola guerra per indicare ciò che succede in Ucraina».
Elisa Signori ha rievocato il sentimento di rifiuto della guerra che animava «tanti giovani che, chiamati a una leva obbligatoria dalla Repubblica sociale italiana, si diedero alla macchia – ha ricordato –. Nacquero le prime bande di un esercito irregolare destinato a molte metamorfosi prima della primavera del ’45». A volere la pace era però soprattutto la popolazione civile, «stremata da una costosa politica di guerra. Nel 1943 non c’era famiglia italiana che non piangesse un caduto o un prigioniero». Fu così che accanto alla resistenza in armi «prese forma un fenomeno di disobbedienza civile di massa – ha spiegato Signori –. Sul desidero di pace si innestò un progetto politico e ideale di cesura netta con l’esperienza del ventennio».
Il ricordo di Ferrario
Signori ha citato anche Clemente Ferrario, partigiano, avvocato, storico del Pci pavese, attraverso una immagine da lui stesso raccontata: «Siamo a Pavia, nel settembre del 43, in corso Cavour. Ho visto due SS, alti e biondi, camminavano in mezzo alla strada. Erano i padroni della città. Prima mi sentivo antifascista, in quei giorni ho preso coscienza che c’era una patria da difendere e da liberare dallo straniero. Questo – ha aggiunto Signori – è l’elemento che più avvicina la nostra resistenza all’indomita resistenza del popolo ucraino dall’aggressione russa».
«Oggi il fascismo riemerge nella cronaca e sfida la democrazia – ha aggiunto –. Anche quella pace conquistata a caro prezzo richiede una manutenzione saggia, richiede di investire nella pace creando arsenali di idee, perché non vinca quello che papa Francesco ha chiamato lo schema di Caino». Ai margini dell’orazione Elisa Signori ha ribadito il suo schieramento: «Nel discorso pubblico il concetto di pace sembra un tabù. Si parla di missili ed esplosivi, invece dobbiamo parlare di pace e creare tavoli di trattative». Ha poi definito «pretestuose» le polemiche sull’Anpi di questi giorni: «L’Anpi sostiene con razionalità una linea di ricerca della pace».
Non ha invece voluto parlare di suo figlio, di cui tra un mese ricorrono otto anni dall’assassinio: «Non mescolerei piani diversi tra loro. Mio figlio ha fatto le sue scelte, oneste e coraggiose. Oggi parliamo di una scelta che gli italiani hanno fatto 77 anni fa».