Alla festa del 25 aprile spunta anche lo stemma dei Savoia, polemica nel Comune marchigiano. Il Pd: “Monarchia e Resistenza incompatibili”
Non solo bandiere dell’Anpi e stendardi di associazioni locali, ma anche lo stemma sabaudo. È l’anomala presenza comparsa alle celebrazioni per il 25 aprile del Comune di Sirolo, in provincia di Ancona. A celebrare la Liberazione dal nazifascismo insieme a partigiani e rappresentanti delle istituzioni c’era anche l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon, cioè volontari che prestano servizio alle tombe definitive e provvisorie dei “Sovrani d’Italia quale tributo di devozione e di amore per l’Augusta Casa Savoia, che portò all’unità e alla grandezza della Patria”. Una presenza immortalata in una foto che vede sorridente e in posa anche il sindaco di Sirolo Filippo Moschella, eletto con una lista civica di centrodestra.
Vittorio Emanuele III di Savoia fu il principale complice del fascismo e di Benito Mussolini nel corso delle più tragiche decisioni prese dal regime. E fin dall’inizio: fu il sovrano ad affidare al Duce la guida del governo dopo la Marcia su Roma e si rifiutò di controfirmare lo stato d’assedio proposto dal presidente del Consiglio Luigi Facta. Vittorio Emanuele III controfirmò tutte le leggi che abolirono progressivamente le libertà individuali e decretarono la chiusura dei giornali e la messa al bando dei partiti d’opposizione al fascismo. Si aggiunse poi l’infamia: fu il re dei Savoia a promulgare le leggi razziali del 1938 che privarono gli ebrei di tutti i diritti più elementari e furono la premessa alla deportazione e allo sterminio di migliaia di italiani. Infine fu sempre Vittorio Emanuele III ad avallare l’ingresso dell’Italia nella tragedia immane che fu la seconda guerra mondiale. All’infamia si aggiunse l’onta imperitura: non solo il sovrano prese le distanze dal regime fascista male e tardi (cioè solo dopo che Mussolini fu destituito dal Gran consiglio del fascismo, il 25 luglio del 1943), ma firmò anche l’armistizio con gli Alleati l’8 settembre per poi fuggire subito a Brindisi (pronto eventualmente a imbarcarsi e mettersi in salvo) abbandonando Roma e il resto del Centro-Nord all’occupazione nazista.
Festeggiare il 25 aprile “con i monarchici” è uno “sfregio inaccettabile” dice il Pd locale. “Si tratta di un invito inopportuno che getta un’ombra oscura sulle celebrazioni del 25 aprile – dicono dal circolo al Fatto.it – Una pagina di storia che cerca di essere riscritta sdoganando coloro che spianarono la strada al duce con tutte le conseguenze nefaste che conosciamo e che vanno tramandate nella loro realtà”. Secondo i dem “non si può accostare il simbolo della monarchia sabauda ai simboli della Resistenza. Sono incompatibili. Cosa si è mostrato ai giovani lì presenti? Come si può conciliare il ricordo del dolore e della sofferenza degli italiani che hanno subito rastrellamenti, uccisioni e violenze di ogni genere con lo stemma di chi è scappato lasciando il popolo allo sbando?”. “Se da una parte l’istituto delle guardie d’onore alle reali tombe del Pantheon è comunque riconosciuto ed operante per suoi scopi, rispettabili nell’ambito di una democratica pluralità di pensiero, dall’altra non può avere obiettivi condivisibili durante la festa della Liberazione né conciliabili con la narrazione di un momento tanto importante quanto drammatico per tutto il popolo italiano – concludono dal circolo – Il 25 aprile festeggiamo cattolici, comunisti, liberali, azionisti, socialisti, monarchici antifascisti contro i Savoia, antifascisti indipendenti. Cioè i padri costituenti. Ma non i Savoia”.
Come si legge ancora nel post di Facebook pubblicato dal Pd è “inutile celebrare la Liberazione” e poi “portare avanti il solito revisionismo di destra di cui non abbiamo bisogno”. Il riferimento è anche a un altro episodio avvenuto sempre nelle Marche: la lettera inviata dal direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale delle Marche, Ugo Filisetti, agli studenti, proprio in occasione del 25 aprile. Così come già accaduto lo scorso anno, la lettera, che per toni e parole ricorda quella del 2021, è finita al centro della polemica. Nel messaggio, secondo il Pd, infatti, Filisetti “mette sullo stesso piano i nazifascisti con i partigiani, i difensori della dittatura, quali sono stati i Savoia, con i combattenti per la liberazione dal regime fascista e dall’occupazione nazista”.
Anche quest’anno come nel 2021, il direttore dell’Usr non scrive mai la parola fascismo e cita i valori della Costituzione senza però parlare delle forze partigiane che la scrissero. Riprendendo le parole dello scorso anno Filisetti sottolinea che “dopo la grande catastrofe, il ’25 aprile’ darà vita alla nuova Costituzione con progetti ideali, lucidi, ispirati ad un alto senso di giustizia” con “il superamento delle antitesi disperate, delle demonizzazioni reciproche, ammettendo per tutti la propria storia, senza con ciò confondere il bene col male, ma riconoscendo il supremo valore della pace nel suo significato proprio”. E anche l’invito agli studenti è pressoché uguale a quello dello scorso anno: “Con il ’25 aprile’ (le virgolette sono nell’originale, ndr) nasce la missione forte, ora affidata a voi nuove generazioni: non la fazione, non la setta, non i rancori, non gli odi dietro i quali i popoli si sfaldano, ma costruire la Comunità, per l’Italia di questo nuovo millennio”.
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