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Апрель
2022

Basta “overtourism”: «Prenotazioni come a Venezia: i gioielli dolomitici vanno tutelati»

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CORTINA D’AMPEZZO. Sulle Dolomiti come a Venezia. Con la prenotazione, almeno per i siti e i sentieri più frequentati. Dalle Tre Cime al Piz Boè, passando per il lago Sorapis, ma senza dimenticare i passi, dal Giau al Falzarego. Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, con sede a Cortina, non ha dubbi che Bisogna ripetere sul territorio l’esperienza in corso da qualche anno nella valle di Braies, dove la prenotazione è obbligatoria per salire al lago e, di conseguenza, anche per pranzare. Il 2 maggio se ne parlerà in una seduta del Cda della Fondazione a Trento.

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Si preannuncia una stagione d’alta montagna di ripartenza. Già l’anno scorso i rifugi alpini si sono trovati in difficoltà. Quali sono le precauzioni suggerite da Fondazione Dolomiti Unesco per un accesso sostenibile?

«La scorsa estate abbiamo osservato un acutizzarsi dei fenomeni di “overtourism”, ovvero di eccesso e congestionamento, in vari “hotspot” dell’area dolomitica. Questi fenomeni sono concentrati in alcune zone, e non rappresentano tutto il sistema delle Dolomiti, ma preoccupano perché comportano un impatto difficilmente sostenibile sul Patrimonio Mondiale Unesco».

Addirittura. Siamo davvero a questo punto?

«L’eccesso di flussi turistici pregiudica la qualità dell’esperienza di visita e, dagli studi che abbiamo commissionato, non comporta neppure un incremento proporzionale di redditività per le comunità locali perché generato da visitatori “mordi e fuggi”. Il fenomeno si accompagna spesso a una scarsa conoscenza del contesto ambientale determinando notevoli problemi anche per la sicurezza».

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L’estate scorsa ci sono stati rifugi che hanno dovuto ricorrere alla quarta turnazione per i pranzi.

«Appunto. Le difficoltà sperimentate da vari rifugi nel riuscire a garantire un servizio nei periodi di punta sono la punta dell’iceberg di questo fenomeno complesso. La Fondazione sta agendo su più livelli e con più soggetti: per collaborare e sensibilizzare».

Restrizioni non ne potete introdurre?

«Da sola la Fondazione non può fare nulla: serve lavorare insieme agli operatori turistici e lavorare insieme ai diversi territori. Le Dolomiti non sono un sistema chiuso e bisogna incentivare il confronto e la cooperazione. E poi bisogna sensibilizzare: i divieti e le restrizioni non sono sufficienti se non vi è una crescita culturale».

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Quindi non escludete divieti e restrizioni.

«Ma non dipendono direttamente da noi. Cruciale è il ruolo della comunicazione e per questo stiamo lanciando una campagna sui canali social in collaborazione con i gestori dei rifugi delle aree cuore del Patrimonio per sollecitare una frequentazione più consapevole della montagna».

Se Venezia ha deciso di introdurre la prenotazione obbligatoria, la Fondazione Dolomiti Unesco già da anni ha individuato possibili misure di contenimento degli accessi ai passi. Come e quando si procederà nell’implementazione? Su certi percorsi superaffollati è possibile arrivare al numero chiuso o quanto meno alla prenotazione?

«Il paragone fra Venezia e le Dolomiti è molto calzante. Bisogna altresì riconoscere che le due realtà sono molto diverse. Venezia ha un sistema di accessi molto più semplice rispetto alle Dolomiti, così come risulta molto più semplice il coordinamento delle amministrazioni di riferimento. La Fondazione ha sempre favorito un approfondimento sul tema del contingentamento, tuttavia, non è un ente con poteri amministrativi e gestionali sul territorio dolomitico».

Chi deve decidere eventuali prenotazioni, eventuali misure di contenimento, il numero chiuso?

«Eventuali misure sono prerogativa delle Province e delle Regioni, secondo i rispettivi indirizzi normativi, mentre la Fondazione può svolgere un ruolo di coordinamento per l’armonizzazione delle politiche di gestione. Per quanto riguarda la regolamentazione del traffico sui passi, i poteri gestionali degli enti che fanno riferimento alla Fondazione (Province e Regioni) non sono comunque sufficienti a introdurre limitazioni».

I passi dolomitici, quindi, resteranno aperti agli assalti ferragostani?

«Sono in atto varie iniziative di studio e monitoraggio, così come sono aperti vari canali di dialogo con l’amministrazione statale per valutare come disciplinare e regolamentare la questione da un punto di vista giuridico. Il 2 maggio il Consiglio di amministrazione della Fondazione si incontrerà a Trento per fare il punto della situazione. Va detto, però, che l’introduzione di chiusure e restrizioni su strade di collegamento così importanti è soggetta a iter estremamente complessi, e presenta importanti difficoltà gestionali. Diverso è il caso di ambiti circoscritti e localizzati, dove amministrazioni locali, parchi e soggetti turistici possono ricercare soluzioni per ottimizzare gli accessi».

Quindi sono le Province ed i Comuni che possono introdurre il numero chiuso?

«La Valle di Braies, ad esempio, è raggiungibile solo mediante mezzi pubblici, a piedi, in bici o su presentazione di parcheggio o di un permesso di transito valido. È attivo un sistema di prenotazione che coinvolge anche i servizi di ristorazione. Non è semplice esportare questo sistema altrove, tuttavia la Fondazione può favorire uno scambio e una collaborazione per valorizzare queste buone pratiche anche su altri territori. Mi preme comunque ricordare che non tutto il territorio dolomitico soffre di questi fenomeni di sovraffollamento. Ci sono molte vallate dove il sistema turistico non è sufficiente a garantire prosperità al territorio, e l’assenza di servizi, la distanza dai luoghi di lavoro, le difficoltà infrastrutturali stanno incentivando fenomeni di spopolamento e abbandono».

Lei fa capire che bisogna riequilibrare i flussi tra i territori dolomitici.

«Proprio così. Il riconoscimento Unesco può favorire un maggior equilibrio dei flussi e orientare questi ambiti verso forme di sviluppo turistico alternativi. Molti progetti della Fondazione vanno in questa direzione: la creazione di supporti informativi per comprendere la geologia delle Dolomiti avviata con il progetto “Geotrail” ha lo scopo di suggerire nuovi itinerari e suscitare più attenzione e consapevolezza nei turisti, valorizzando ambienti meno noti e ricchi di valori ambientali. Anche i progetti avviati con i musei mirano alla promozione di valori che spesso vengono trascurati».




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