Livorno, accoltellata sotto casa dall'"amico": il pedinamento, il gps per localizzare la vittima e l'aggressione
LIVORNO. Ai poliziotti ha raccontato di aver trascorso due anni di inferno. Ventiquattro mesi durante i quali sarebbe stata più volte perseguitata da un’ingegnere di 32 anni che, come anticipato dal Tirreno, domenica 24 aprile è stato arrestato per il tentato omicidio della ragazza di cui si era invaghito, ma che lo aveva respinto. La ventinovenne livornese, infatti, lo aveva già denunciato per atti persecutori, reato per il quale «nel 2020 era stato arrestato» scrive la questura di Livorno. Proprio per questo reato gli era stato imposto il divieto di avvicinamento alla donna e ha alla fine l’ingegnere ha patteggiato una pena di pochi mesi (poi sospesa). Il nome dell'arrestato è Alessio Melita.
IL RACCONTO DELL'ARRESTATO
La giovane accoltellata sotto casa alle 6.20 agli agenti delle volanti ha raccontato il periodo di sofferenza. Definendo «aberranti» le modalità dell’aggressione subita per la strada. Mentre il professionista, nella mattina di martedì 26 aprile, nell’udienza in carcere davanti alla giudice per le indagini preliminari Tiziana Pasquali, ha ripetuto di non aver mai voluto ucciderla, fornendo un racconto che si discosterebbe dalla ricostruzione degli inquirenti, riservandosi di fare ulteriori dichiarazioni attraverso il suo avvocato Edoardo Gabriele Castagnola. Di fatto, stando a quanto spiegato, Melita l’avrebbe aggredita con un coltellino per difendersi dallo spray al peperoncino spruzzatogli dalla donna, che dopo essere stata colpita è riuscita a rifugiarsi in casa. Mentre lui, ferito a un dito, si è presentato nell’appartamento del fratello chiedendogli di chiamare il 112 e dicendo: «Ho fatto una cazzata, mi devo costituire». Sintomatico il fatto che la vittima avesse con sé la sostanza urticante: evidentemente sapeva di essere in pericolo. La gip si è poi riservata di disporre la convalida dell’arresto e l’eventuale misura cautelare, decisione che scioglierà forse mercoledì 27 aprile (il pm Pietro Peruzzi ha chiesto il carcere).
L’INCONTRO A PISA
Prima dell’aggressione l’ingegnere aerospaziale era riuscito a incontrare la donna – di cui Il Tirreno omette il nome in quanto vittima e destinataria del protocollo “Eva” contro la violenza di genere – mentre era in giro con gli amici a Pisa. Conoscenze comuni, visto che in passato sia lei che il trentaduenne uscivano insieme nello stesso gruppo. Poi Melita ha iniziato a infastidirla, fino a trasformare il suo interesse in reato. Gli amici, infatti, conoscendo la situazione sabato hanno fatto da scudo alla ragazza, allontanando il professionista. Poi lui si è spostato in centro a Livorno per aspettare che l’amica rientrasse a dormire. Quindi l’ha aggredita sotto casa con un piccolo coltello “rompighiaccio”, di quelli per rompere le forme di formaggio, senza riuscire a ferirla con la lama (che si è pure staccata dall’impugnatura), visto che la giovane indossava due capi di abbigliamento abbastanza spessi. Al pronto soccorso, accompagnata dal padre, è arrivata con una ferita alla testa (quasi sicuramente non provocata da una coltellata) e dolori alla schiena e all’addome. I medici, per quasi due ore, le hanno fornito anche l’assistenza psicologica, dato che era comprensibilmente sotto choc.
IL GPS SEQUESTRATO
La donna ha poi raccontato alla polizia di non capire come facesse Melita, ogni volta, a sapere con precisione dove si trovasse. Per questo gli agenti hanno perquisito l’appartamento popolare del quartiere periferico della Leccia, dove l’ingegnere abita da solo. Qui hanno sequestrato un ricevitore gps acceso con la carta sim inserita – che però non sarebbe stato portato con sé da Melita – due cellulari, due fotocamere, una videocamera, tre computer e cinque rullini fotografici. Nella sua auto, sotto il tappetino dal lato anteriore del passeggero, un coltello da cucina di 36,5 centimetri (di cui 25 di lama affilata), comunque non utilizzato, e quattro guanti in cellophane. Poi hanno trovato tracce ematiche: il sangue che il professionista ha perso dal dito medio di una mano, essendo rimasto ferito durante l’aggressione. Ai poliziotti, infatti, il fratello ha raccontato di averlo visto «sanguinante», con «un taglio netto a un dito». Poi ha chiamato il 112 e lo ha fatto arrestare.
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