La banda avrebbe intestato cellulari a teste di legno; si muoveva su auto a noleggio e predisponeva documentazione contabile falsa per il commercio illegale verso l'est europeo
PONSACCO. Quelli che furono arrestati in flagranza sono stati condannati a due anni e otto mesi. Sapevano gli inquirenti che erano solo due pedine. E che dietro allo stoccaggio di trattori e materiale industriale c’era qualcosa di più organizzato con tanto di impegno a pagare tremila euro (per tre mesi) un capannone a Ponsacco da utilizzare come deposito della merce da esportare in Romania. Accusati di associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al riciclaggio di mezzi rubati, cinque romeni sono finiti davanti al gup Donato D’Auria che dovrà esaminare la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Giovanni Porpora.
La presunta banda è quella che nel novembre 2020 i carabinieri di Pontedera bloccarono con l’arresto di un uomo e una donna, mentre un terzo complice riuscì a fuggire.
Le indagini sono andate avanti e hanno permesso agli investigatori di ricostruire un quadro che ora è diventato una richiesta di processare i componenti di quella che viene considerata una gang. Dei cinque imputati due sono in carcere, due irreperibili e uno è latitante.
Al vertice dell’organizzazione la Procura colloca Gheorghe Valerian Abrihan, 32 anni, latitante. A seguire ci sono Costica Azoitei, 55 anni, recluso a Rebibbia; Romina Renata Bucs, 36 anni, detenuta a Rebibbia; Maria Raluca Hrihor, 23 anni, irreperibile; Romeo Ciprian Tinc, 44 anni, irreperibile.
Nell’antologia dei mezzi ricettati, gli inquirenti inseriscono escavatori, trattori e autocarri oggetto di furto nelle province di Arezzo, Pisa, Firenze e Lucca.
Secondo l’accusa la banda intestava cellulari a teste di legno, si muoveva su auto a noleggio e predisponeva documentazione contabile falsa per il commercio illegale verso la Romania.
Nel capannone di Ponsacco era stato allestito il magazzino occasionale dove venivano custoditi i mezzi rubati. Poi attraverso false fatture d’acquisto e di vendita procedevano con l’esportazione nel loro Paese. Le ditte romene acquistavano i veicoli da società italiane con false fatture alla base del passaggio di proprietà.
Le parti offese sono la Rvs Service Sas di Calenzano, Toscana Legnami di Montevarchi, Ciaponi Marco Srl di San Miniato, Fratelli Di Piazza e Tarabori Srl di Montecarlo, Rossi Furio & Figli Srl di Bucine (Arezzo).
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