Guerra in Ucraina, prima interruzione dei flussi di gas “causa azioni delle forze russe”. Stop compensato con forniture da altri punti

E’ scattata mercoledì mattina la prima interruzione degli arrivi di gas russo all’Europa causata dalla guerra in Ucraina. Lo stop era stato preannunciato dal gestore del sistema di trasporto del gas in Ucraina, che ha fatto sapere di dover sospendere i flussi in entrata dal punto di ingresso di Sokhranovka a causa delle “azioni delle forze di occupazione russe”. Il tracciato infatti attraversa il Donbass e i russi starebbero interferendo nei processi tecnici degli impianti e sottraendo parte del gas in transito per destinarlo proprio alle regioni separatiste. Cosa che mette in pericolo “la stabilità e la sicurezza dell’intero sistema di trasporto del gas”.

Secondo la società circa un terzo del gas in transito dalla Russia attraverso l’Ucraina potrebbe essere bloccato dalla chiusura. Tuttavia dal suo punto di vista Gazprom potrebbe reindirizzarlo alla stazione di compressione di Sudzha, più a nord, “permettendo ai contratti europei di essere rispettati”. Un’opzione che il gruppo russo (secondo cui la quota di forniture compromesse ammonta a solo un quarto del totale e non un terzo) ufficialmente ha respinto al mittente, anche se i dati preliminari sul flusso mostrano quantità più elevate attraverso una seconda stazione nel territorio controllato dall’Ucraina.

Per ora lo stop non sta avendo conseguenze rilevanti sulle forniture ad Europa e Italia. Dai dati pubblicati sul sito di Snam risulta che effettivamente i flussi a Tarvisio sono in diminuzione rispetto a ieri, ma sono compensati da maggior afflusso a Passo Gries (da Nord), grazie all’interconnessione delle reti e alla diversificazione delle fonti di importazione. La domanda al momento è soddisfatta e proseguono anche le iniezioni di gas in stoccaggio. Tuttavia i prezzi sono in aumento: nei primi scambi ad Amsterdam, piazza di riferimento per l’Europa, il metano quotava 103 euro al megawattora in aumento del 4%, dopo che martedì le quotazioni avevano chiuso a 98,80 euro al Mwh, con un rialzo del 5% e punte massime già superiori ai 100 euro.

Mario Draghi nel corso del bilaterale alla Casa Bianca con il presidente statunitense Joe Biden ha ribadito che “c’è bisogno di un tetto al prezzo del gas a livello europeo”. La proposta, avanzata da Italia, Spagna e Portogallo già durante il Consiglio europeo di fine marzo, non è riuscita a superare i veti dei Paesi del Nord Europa, che temevano rappresaglie da parte di Mosca nonostante il forte potere negoziale della Ue, di gran lunga il più grande importatore del suo gas. Madrid e Lisbona sono andate avanti da sole, forti della cosiddetta eccezione iberica legata al fatto che i due Paesi producono un’alta percentuale di elettricità da fonti rinnovabili, hanno scarse interconnessioni energetiche con il resto della reta europea e grazie a sette rigassificatori non dipendono dall’import via gasdotto. Roma continua a tamponare l’emergenza per famiglie e imprese con aiuti temporanei.

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