La dipendente Asl in servizio all’obitorio era finita nel gruppo di dieci indagati. Il tribunale del riesame di Firenze ha accolto il ricorso in appello presentato dagli avvocati
VIAREGGIO. Revocata la misura cautelare per Anna Silvestro, dipendente Asl in servizio all’obitorio dell’ospedale Versilia: era finita nel gruppo di dieci indagati in merito all’inchiesta sui presunti funerali pilotati. Oltre a lei risultano nel mirino degli inquirenti un’altra addetta dell’obitorio, due medici e un’infermiera dell’ospedale di Lido (i primi due, ex dipendenti dell’ospedale e ora attivi in strutture private convenzionate), un secondo infermiere in pensione e due sue collaboratrici e infine alcuni responsabili di due agenzie di pompe funebri versiliesi. Per Silvestro, in seguito all’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari di Lucca Alessandro Trinci lo scorso 24 marzo, era scattata la sospensione dall’esercizio di qualsiasi servizio o funzione pubblica per la durata di sei mesi. Ma il tribunale del riesame di Firenze - con atto depositato in cancelleria mercoledì - ha accolto il ricorso in appello presentato dagli avvocati della donna, Fabrizio Miracolo e Roberto Cappa di Viareggio, e ha annullato il provvedimento nei suoi confronti.
Anna Silvestro - con alle spalle anni di servizio all’ospedale Versilia - era stata coinvolta nell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Salvatore Giannino in seguito a quanto emerso da una serie di intercettazioni telefoniche. Quattro gli episodi sotto indagine: per tre volte infatti la necrofora avrebbe comunicato dati sensibili di defunti a causa del Covid-19 ad una persona esterna all’ospedale e in un’altra occasione avrebbe indotto i familiari di una persona appena deceduta a rivolgersi ad un’impresa funebre sfruttando la sua posizione. Per questo il giudice l’aveva ritenuta responsabile di abuso d’ufficio e violazione del dovere di imparzialità, riservatezza e correttezza prevedendo la sua sospensione da qualsiasi servizio o funzione pubblica.
Gli avvocati Miracolo e Cappa hanno però fin da subito presentato richiesta di appello al tribunale del riesame puntando su due elementi: il fatto che l’abuso d’ufficio non rientra tra le ipotesi di reato per le quali è possibile sfruttare le intercettazioni telefoniche e il lungo tempo trascorso tra quanto accaduto e la misura cautelare (di fatto, quasi tre anni). Inizialmente infatti gli inquirenti erano stati autorizzati a procedere con le intercettazioni in relazione ad un’ipotesi di corruzione mentre, in base al materiale emerso, a Silvestro è stato poi contestato l’abuso di ufficio. Per la donna inoltre non sono state previste né all’epoca dei fatti né in occasione del suo primo interrogatorio (avvenuto nel 2021) particolari misure cautelari. In quest’ultima occasione poi la necrofora aveva chiarito la sua posizione in merito ai quattro episodi al centro dell’indagine, ribadendola anche in un secondo interrogatorio avvenuto un mese fa: le informazioni le avrebbe trasmesse unicamente come confidenza ad una persona amica, mentre per quanto riguarda l’episodio del funerale lei avrebbe fatto solo da tramite con un’agenzia di pompe funebri (a cui peraltro non sarebbe stato affidato neppure il servizio in questione) su insistenza di un parente del defunto.
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