Rachele si racconta a TirrenOn. L'influencer dell'arte che ha rifiutato il lavoro da modella - Video
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«Ho già collaborato con diverse realtà museali, come il Museo Novecento a Firenze. Unire la comunicazione digitale e la cultura credo che sia importante. E dà i suoi frutti»
PISA. «Cercavo online qualcuno che potesse darmi dei consigli sulle mostre da seguire e che divulgasse arte. Non ho trovato granché, soprattutto su Instagram, e allora ho deciso di diventare io quella persona». Parola di Rachele Borotto Dalla Vecchia, “una bionda con la sindrome di Stendhal”, come suggerisce il nome del suo profilo Instagram “blondewithstendhal”. Con un ammiccamento a Chiara Ferragni (il suo “theblondesalad” è il bocciolo da cui è gemmata una generazione di influencer) e uno all’arte, con la famosa “sindrome” di rapimento estetico che certuni provano di fronte alle opere d’arte. Rachele ha 22 anni, è nata a Prato, ha studiato a Firenze e si è laureata a Pisa in scienze dei beni culturali e ora studia alla magistrale di arti visive a Bologna. E mercoledì 25 maggio si è raccontata a TirrenOn, la rubrica sulla pagina Instagram de Il Tirreno che ripercorre le vite dei personaggi che si sono costruiti il successo attraverso il web. «La mia passione per l’arte è nata da bambina, perché disegnavo. Poi ho fatto il liceo artistico a Firenze e quando facevo forca (marinare la scuola, ndr) andavo agli Uffizi», racconta. L’utilizzo creativo del tempo libero, insomma, lo ha imparato presto.
Che poi Rachele l’idea di essere un’influencer un po’ la rifiuta. Preferisce la definizione di art sharer. Una che diffonde arte, insomma. E lo fa da un profilo che vanta più di 17mila iscritti e una capacità divulgativa e di racconto sopra la media. Utilizza molto i reel, mini video dove racconta con indubbie capacità d’intrattenimento, con piglio pop e competenza, le mostre e le fiere d’arte che visita. «Do anche dei consigli utili, come i costi, se vale la pena andare e anche informazioni sui viaggi, per fare tour turistici a partire dall’arte».
Ha ben presenti i rischi del comunicare l’arte su un social dove spesso la soglia di attenzione è bassa. Eppure i suoi 17mila follower in due anni confermano che la curiosità per la materia c’è. «La mia ambizione è quella di portare i giovani e i giovanissimi dentro il mondo dell’arte. A volte si pensa che sia un tema aulico, per esperti. E invece non è così. Devo dire che la comunicazione digitale per la cultura manca. Ci sono realtà dove ci sono delle buoni strategie di marketing digitale, ma sono ancora una minoranza. Io vorrei unire il mio percorso di studi alle cose che ho imparato gestendo il profilo. Magari riuscendo a fondere le due cose. Certo, un giorno non nascondo che il sogno sarebbe quello di dirigere un museo. Piano piano...». E a chi fa banale ironia (ci sono, eh, ci sono), dicendo che fare l’influencer (pardon, art sharer) non è un lavoro, Rachele risponde con i fatti. «Ho già collaborato con diverse realtà museali, come il Museo Novecento a Firenze. Unire la comunicazione digitale e la cultura credo che sia importante. E dà i suoi frutti». Un’occhiata al suo profilo vi convincerà.
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