Australia, diario di un viaggio. Sidney (parte 3)
Che Australia sarebbe senza surfisti? Per ammirarli (o per chi vuole provare a salire sulla tavola) è d’obbligo una mattinata a Bondi beach. Nel cielo girano elicotteri e droni per avvistare gli squali e avvertire del pericolo, il bagno si può fare solo nelle zone delimitate dalle reti, le uniche controllate dai bagnini nelle loro casette in stile Baywatch: i cartelli avvertono che chi si spinge al di fuori lo fa a suo rischio e pericolo. Basta uscire di qualche chilometro dalle città e subito la natura selvaggia prende il sopravvento. A un’estremità della baia sorge il Bondi iceberg, con la sua spettacolare piscina a picco sulla scogliera riempita in modo spontaneo dalle onde dell’oceano: si racconta che una mattina i primi bagnanti abbiano trovato al suo interno uno squaletto, trascinato nella piscina dai cavalloni e subito acciuffato e ributtato in mare. Si tratta del club di nuoto più esclusivo del Paese, se non del mondo: per entrare a farne parte non servono soldi, ma l’impegno. Una volta l’anno vengono raccolte nuove adesioni e i candidati (che devono essere presentati da due soci) devono superare una prova pratica. Per poter entrare a far parte del club, poi, devono andare a nuotare almeno tre domeniche al mese per cinque anni da maggio a settembre. Chi non rispetta la regola deve fornire una giustificazione scritta, pena la sospensione o l’espulsione.
Da Bondi beach si parte per una passeggiata lungo la costa lungo il sentiero scavato nella roccia: affacciandosi dalla scogliera si possono osservare gruppi di delfini che giocano fra le onde (evento raro ma non rarissimo, basta un po’ di fortuna). Tutta la passeggiata fino a Cogee è lunga 6 chilometri e permette di scoprire altre spiaggette meno affollate come Tamarama e Bronte, con un’area pic nic per il pranzo (per chi preferisce la comodità, il piatto da provare sono le acciughe al ristorante North Bondi Fish). Sulla scogliera si staglia anche il cimitero ottocentesco di Waverley, trasformato in un monumento, molto suggestivo per chi ama il genere. Fra le lapidi spuntano decine di nomi italiani. Per organizzare un itinerario su misura ci si può rivolgere a Sydney Bespoke tours (https://sydneybespoketours.com.au/), che crea pacchetti modellati sulle esigenze di ogni cliente.
Nel pomeriggio si va alla scoperta dei quartieri meno conosciuti, come Chippendale, dove vivono soprattutto gli artisti. Vale la pena perdersi nel labirinto di stradine contornate da ogni tipo di pianta (i residenti hanno iniziato a piantarle alcuni anni fa per riqualificare la zona) e murales, con coloratissime casette a due piani con verande e balconi dallo stile indianeggiante: quando il quartiere è sorto, a inizio Novecento, ospitava soprattutto ufficiali dell’esercito in pensione che volevano ricreare lo stile indiano. Qui sorgono le gallerie più alla moda, che puntano soprattutto sull’arte aborigena, come la Michael Reid Gallery. Spostandosi verso Oxford street, imperdibile una visita alla Api gallery Sydney, un collettivo di artisti aborigeni con sedi in tutto il Paese e prezzi relativamente abbordabili: una tela parte da 1.600 dollari e le opere si possono anche comprare online dal divano di casa. Sempre a Chippendale gli amanti dell’arte contemporanea non possono non andare in pellegrinaggio alla White rabbit gallery, dedicata all’arte cinese e fondata dalla miliardaria filantropa Judith Neilson. Davanti all’ingresso sorge l’Indigo slam, complesso residenziale monumentale costruito sempre dalla filantropa. Gli artisti squattrinati, quando passano davanti alla fontana esterna, si bagnano il viso: pare aiuti a ottenere soldi e fama…
Da non perdere: Bevete una birra al Lord Gladstone Hotel, pub inglese scalcagnato che ha guidato le proteste durante i lockdown. Visto che il governo concedeva il permesso di suonare e ballare solo durante le funzioni religiose, per una notte i proprietari l’hanno trasformato in una “chiesa”, con musica, concerti e brindisi andati avanti per un giorno intero.
Dove mangiare: Da Esteban si assaggiano tacos fusion. Il locale è famoso soprattutto per la sua collezione di bottiglie di tequila e mezcal, pare la più grande del Paese. Da provare i tacos con la wagyu, una delle più pregiate carni giapponesi.