Giovanni Maria Flick: “Sala dimentica i diritti dei figli. La Consulta si è già espressa su questo”
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L’ex presidente della Corte: «Per cambiare la legge servirebbe una riforma costituzionale»
MILANO. «Più vedo cosa succede, più sono perplesso. Milano si autoproclama città dei diritti,altre città valutano se seguirla. Mi sembra che stiamo un po’ mandando a quel paese l’articolo 1 della nostra Costituzione ed un minimo di certezza delle regole: la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Al popolo, non ai sindaci…». Dire che al presidente emerito della Corte Costituzionale ed ex Guardasigilli del governo Prodi, Giovanni Maria Flick, lo strappo di Beppe Sala sul riconoscimento dell’omogenitorialità non sia piaciuto, è dire poco.
Perché, presidente?
«Perché uno dei limiti imposti dalla Costituzione è che le leggi le promulga il Parlamento e non i sindaci. Oppure la sovranità popolare direttamente attraverso i referendum o le leggi di iniziativa popolare».
Lo strappo di Sala però è dovuto anche all’inerzia del Parlamento.
«Vorrei ricordare che il Parlamento non riesce a legiferare su questioni ben più diffuse dell’omogenitorialità, come ad esempio il fine vita».
La Corte di Cassazione aveva bloccato i riconoscimenti sollecitando le Camere a intervenire.
«Prima ancora la Corte Costituzionale nel 2019 si era espressa sul tema: impedire a una coppia formata da due donne di usare la procreazione medicalmente assistita per attuare un insindacabile desiderio di genitorialità è legittimo. Quella legge restringe il ricorso a questa tecnica solo come rimedio all’infertilità o alla sterilità, quindi solo alle coppie eterosessuali».
Il tribunale di Milano però ha riconosciuto nel frattempo la genitorialità di tre coppie di papà. Come la mettiamo?
«Altra situazione. E cioè riconoscendo lo status di figlio già attribuito da altri ordinamenti con le loro leggi, se non ricordo male. Che vi sia un contrasto giurisprudenziale mi pare cosa nota anche in presenza della decisione della Cassazione a sezioni unite, che ha richiesto l’intervento di una legge».
Perché la Consulta non vuole riconoscere l’omogenitorialità?
«Perché ha riconosciuto la differenza tra un problema dovuto a una patologia, come infertilità o sterilità, e uno dovuto al desiderio, giustissimo per carità, di genitorialità».
Ma in questo modo non si crea una discriminazione?
«Sul tema la Corte di Cassazione con l’adozione da parte del genitore non biologico ha già riconosciuto la possibilità che un partner in una coppia omogenitoriale possa adottare un figlio nato dall’altro partner, interpretando estensivamente la norma dell’adozione speciale del minore in stato di abbandono. Inoltre ha dato il via al riconoscimento dei minori nati all’estero secondo la legge ivi vigente. Ma è chiaro che non basta».
Quindi?
«È necessario l’intervento del Parlamento».
Che però è ingabbiato dalle indicazioni della Consulta.
«La quale interpreta la Costituzione che prevede e tutela il matrimonio solo come unione di sessi diversi».
E quindi?
«Per arrivare a una legge diversa, andrebbe cambiata o interpretata diversamente la Costituzione, non la legge».
Siamo in una situazione di stallo…
«Non c’è dubbio. Tanto è vero che piano piano il legislatore ha risposto a questo desiderio di genitorialità riconoscendo la necessità di differenziazione tra unioni civili di persone dello stesso sesso e di sesso diverso».
Quale deve essere la stella polare per decidere?
«La tutela del minore, il diritto ad avere dei genitori più di quello ad avere dei figli».
La disobbedienza civile di Sala non ha il merito di scuotere le coscienze?
«Mi lascia un po’ perplesso. Non mi piace che si prendano decisioni senza un discorso approfondito sull’interesse dei figli. È di questo che bisogna parlare».
Sala vuole fare di Milano la città dei diritti…
«Non deve esserci una città dei diritti, ma un Paese in cui i diritti sono per tutti e non solo per chi ha la fortuna di vedere le leggi interpretate in un modo o nell’altro».