Decapitato a Forlì, l'arma del delitto sarebbe una pistola per abbattere il bestiame
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L'avrebbero trovata i Carabinieri tra gli sterpi nella stessa località in cui vive il fratello cattivo della vittima
È uno degli oggetti più diffusi nelle case di chi ancora mantiene la tradizione contadina di abbattere il maiale o macellare una vacca e potrebbe essere l'arma che tra il 21 e il 22 giugno scorso ha ucciso Franco Severi, agricoltore 53enne trovato decapitato nei pressi della sua abitazione nel comune di Civitella, alto Appennino forlivese. Secondo un'indiscrezione emersa oggi, i Carabinieri avrebbero infatti trovato una pistola da mattatoio tra gli sterpi, in un fossato non lontano da dove il principale sospettato di questo delitto, il fratello della vittima, Daniele Severi (attualmente in carcere), possiede un casolare. A tre settimane dai fatti, tuttavia, ancora non si trova la testa dell'uomo.
Prodotte in diversi calibri e formati, le pistole abbattibuoi funzionano in genere con un bossolo privo di proiettile, la cui esplosione aziona un perno di circa sei centimetri che esce dalla canna per tutta la sua lunghezza e poi ritorna in sede. Sono tutte accomunate da una caratteristica: se non manomesse, funzionano solamente quando la bocca viene premuta contro una superficie resistente. L'utilizzo di questa arma impropria per commettere un delitto, presuppone quindi l'azionamento a bruciapelo. Questa ipotesi, non ancora confermata dagli inquirenti e dai legali delle parti, si va a inserire in una più ampia teoria investigativa per cui la decapitazione di Franco sia avvenuta dopo la sua morte e allo scopo di nasconderne la vera causa.
Daniele Severi, 63 anni, gli ultimi dei quali spesi in litigi e minacce con gli altri sei fratelli, ha risposto alle domande del pubblico ministero che ne ha disposto il suo fermo la settimana scorsa, ma continua a professarsi innocente, attaccando gli indizi di cui gli si chiede conto: di un'automobile molto simile alla sua, ripresa dalle telecamere di sicurezza di una stazione di servizio nei pressi del luogo in cui è stato trovato il cadavere del fratello, in un orario compatibile con il delitto, dice che non era lui alla guida. Dei guanti su cui sono state trovate tracce ematiche, che gli esami della scientifica avrebbero dimostrato essere compatibili con il sangue della vittima, dice di non conoscerne la provenienza. Per ultimo, giustifica come una sua abitudine la pulizia minuziosa rilevata all'interno del veicolo.
Tutto questo, non ha però convinto il giudice, che ha convalidato l'arresto dell'uomo e lo ha fatto accompagnare in carcere. La sua posizione è certamente complicata, ma restano ancora molti angoli bui nella vicenda: ad oggi, non c'è notizia che la testa di Franco Severi sia stata ritrovata. Franco era un uomo possente, abituato al lavoro nei boschi e nei campi, inoltre, era dieci anni più giovane di suo fratello Daniele. Se si confermasse la colpevolezza di quest'ultimo, resterebbe da verificare quindi la presenza di uno o più complici. Per ultimo, non è ancora stata chiarita quale sia la scena del delitto, perché il luogo del ritrovamento del cadavere e la casa in cui la vittima abitava da solo dopo la morte della madre, non presentavano tracce di sangue.
Per quanto riguarda il movente, tra Daniele Severi e tutti i membri di questa numerosa famiglia di montagna, ma in particolare tra lui e Franco, c'erano stati molti litigi, alcuni sfociati in cause giudiziarie. Praticamente tutte le loro discussioni vertevano sulla gestione e la proprietà del casolare attorno a cui oggi ruota un caso di omicidio ancora irrisolto.