Padova: ecco perchè l’inceneritore rischia di fermarsi a causa della siccità
PADOVA. Venti centimetri ancora, forse trenta. Il livello del Piovego e del canale San Gregorio si riduce ogni giorno, le previsioni meteo confermano pieno sole e nessuna possibilità di pioggia e le temperature in ulteriore rialzo verso la soglia dei 40 gradi minacciano di far evaporare anche quel poco di acqua che resta.
Così dal 18 luglio a Palazzo Moroni si comincia a ragionare su un piano B per lo smaltimento dei rifiuti urbani, perché in assenza di acqua sufficiente per il raffreddamento degli impianti, Hestambiente - che gestisce l’inceneritore di San Lazzaro - potrebbe essere costretta a spegnere le tre linee che ogni giorno bruciano circa 500 tonnellate di rifiuti e ad alzare bandiera bianca di fronte a una siccità mai vista prima. Dovesse accadere, i camion carichi di spazzatura indifferenziata dovrebbero essere dirottati verso la discarica più vicina, cioè quella di Sant’Urbano. Ma il condizionale è d’obbligo perché ogni decisione in proposito spetterà alla Regione.
LO SCENARIO
Qualche giorno fa Hestambiente ha iniziato a segnalare al Comune che l’evoluzione dell’attuale scenario – con precipitazioni a zero e corsi d’acqua sempre più asciutti – porterebbe inevitabilmente a uno stop dell’impianto di San Lazzaro.
L’inceneritore pesca acqua dal Piovego e dal canale San Gregorio e poi, dopo averla utilizzata per raffreddare gli impianti, la “restituisce” in pari quantità, solo un po’ più calda di prima. Ma c’è un problema di pescaggio facile da intuire: sotto una certa soglia, le pompe di aspirazione non trovano più acqua e il ciclo dell’impianto deve fermarsi.
Nelle ultime settimane, il livello dei due canali è stato stabilizzato dalle manovre attuate dal Genio civile attraverso le chiuse. Ma se le temperature continueranno a salire e gli apporti d’acqua a mancare, nessun gioco di prestigio sarà più possibile e l’unica soluzione per la società del gruppo Hera sarà spostare la leva sull’off.
IL SOPRALLUOGO
Ieri mattina l’assessore comunale all’Ambiente Andrea Ragona ha fatto un sopralluogo sul lungargine Rovetta per verificare da vicino la situazione con i tecnici di Hera che insieme al Genio civile stanno tenendo sotto controllo costante il livello dell’acqua.
«Attualmente la situazione è abbastanza stabile anche se in abbassamento, con i livelli delle acque assicurati dalle manovre del Genio civile che pesca acqua dalla zona montana», ha spiegato Ragona. «C’è ancora acqua ma con il proseguimento dell’allarme siccità, a maggior ragione se le alte temperature previste nei prossimi giorni dovessero causare maggiori fenomeni di evaporazione facendo scendere il livello dell’acqua sotto la soglia, è possibile si debba procedere con lo spegnimento dell’impianto. A quel punto dovremmo trovare una soluzione per lo smaltimento dei rifiuti, 150 tonnellate prodotte da Padova ogni giorno e altre 350 che arrivano da altri comuni».
L’ALTERNATIVA E LE POLEMICHE
Non è ancora il momento delle decisioni, ma è già tempo di prepararsi all’emergenza. E l’impressione è che il Comune abbia voluto inviare un segnale anche alla Regione che dovrà decidere cosa fare se da un giorno all’altro l’inceneritore dovesse fermarsi.
«Non spetta a noi decidere dove smaltire i rifiuti in caso di emergenza», ha chiarito lo stesso Ragona. «Sarà la Regione a farlo, con decreti ad hoc». Certo, la soluzione più probabile è quella di dirottare i rifiuti verso Sant’Urbano, nella discarica tattica che ha già ospitato i rifiuti di Padova l’anno scorso, quando il termovalorizzatore ha avuto qualche problema. E che quest’anno – ha stabilito la Regione – viene utilizzata per far fronte alle emergenze di altri bacini. Sono oltre 66 mila le tonnellate di rifiuti urbani provenienti dalle province di Venezia, Treviso e Belluno che nel corso del 2022 finiranno nell’impianto della Bassa, autorizzato ad accogliere 156 mila tonnellate all’anno.
Ma anche se in questo caso si tratta di un’emergenza, il ricorso a questa discarica non farà altro che riaccendere le polemiche per l’uso di un impianto che più volte sembrava sul punto di essere chiuso e che invece potrebbe restare “in vita” fino al 2029, nonostante le proteste di tanti Comuni e degli ambientalisti, e addirittura essere allargato con l’apertura di un impianto parallelo ad osmosi inversa per lo smaltimento di percolato contenente Pfas.
L’IMPATTO DELLA CRISI
Di certo per ora c’è che dopo gli effetti immediati e pesantissimi che la crisi idrica ha avuto sull’agricoltura e poi sotto il profilo igienico-sanitario – con migliaia di pesci morti che il Comune ha dovuto rimuovere d’urgenza – ora le conseguenze della siccità potrebbero estendersi. Ragona non ha nascosto la sua preoccupazione.
«Questo problema potrebbe ripercuotersi anche su altri impianti attivi in zona industriale», ha detto, «e non è altro che l’ennesima dimostrazione di come i cambiamenti climatici, responsabili dell’emergenza idrica di queste settimane, impattino sulla nostra vita quotidiana. Continuiamo a non avere problemi di acqua potabile, a differenza di altri luoghi in Veneto, ma dal punto di vista agricolo, ambientale e igienico sanitario la situazione è allarmante. Speriamo che non si arrivi alla soglia di emergenza ma continuiamo a monitorare la situazione e stiamo mettendo in campo azioni per non farci trovare impreparati: a partire dal tavolo sulla siccità, che coinvolge tutti gli enti competenti, nell’ambito del quale con il vicesindaco Andrea Micalizzi stiamo pianificando una serie di interventi».