Nell’Isonzo prosciugato di tenta il salvataggio dei pesci: «Resta una sola pozza e servono volontari»
GRADISCA «Stiamo tamponando le ferite, ma questo non è un taglio. È un cancro che sta uccidendo il nostro fiume più bello. Negli ultimi dieci giorni abbiamo perso oltre un chilometro di fiume, un’enormità». Così si conclude uno dei tanti video postati in queste ore sul web da Alex Puntin, youtuber del settore fishing che è diventato un po’ il “volto” del silenzioso lavoro di salvataggio di quintali di pesci che stanno rischiando la morte certa nell’alveo dell’Isonzo.
Quarantacinque anni, bisiaco, social manager e blogger, Puntin sta rivolgendo continui appelli – e non da ieri – anzitutto per coinvolgere volontari nell’opera di salvataggio. E soprattutto affinché cambino le politiche di gestione del fiume. Ma ora, con una siccità di cui non si vede la fine, quelle che qualcuno bollava come nefaste profezie stanno diventando realtà.
L’Isonzo sta morendo, e il suo destino è legato a doppio filo a un tratto compreso fra Gradisca e Sagrado, dove la vita in qualche modo ancora scorre. Ma per quanto? «Quello che stiamo vivendo è un disastro ecologico – afferma senza mezzi termini Puntin, nome d’arte sul web dove cura canale Youtube e un sito specializzato (assieme a un nucleo di amici pescatori) “Gudoterror” –. Quella ai piedi del ponte abbandonato della ferrovia è l’ultima buca esistente sul fiume. L’ultimo polmone vivo dell’Isonzo. Se perdiamo anche questa, perderemo qualche tonnellata di pesce. Carpe, cavedani, lucci, tinche, barbi. Un danno inestimabile». Anche ieri la numerosa task force spontanea costituita da Ente Tutela Patrimonio Ittico – tecnici e volontari – uomini del Consorzio di Bonifica Pianura Isontina e pescatori desiderosi di rendersi utili per salvare la fauna ittica ha monitorato la situazione sotto la canicola opprimente. Sono loro gli angeli dell’Isonzo. Armati di retini e secchi – ma anche di elettrostorditori in dotazione al Consorzio bonifica – hanno messo in sicurezza, uno dopo l’altro, centinaia di esemplari destinati a morte certa, trasferendoli in quella “buca” profonda 4-5 metri che offre ancora una speranza di sopravvivenza.
Peraltro flebile, secondo Puntin. «Siamo felici di aiutare, ma la soluzione non può essere soltanto trasportare il pesce qua e là in cerca di una pozza d’acqua. Stiamo vivendo qualcosa che mai avrei pensato di vedere. L’acqua, la poca rimasta, è un pastone verde maleodorante e da un’ora all’altra potremmo perdere anche quella. Le previsioni sono nefaste e se riprendono le captazioni a fini irrigui le ore saranno contate. Sono anni che noi pescatori diciamo che il problema dell’Isonzo è l’acqua, la sua quantità di deflusso e la sua qualità. Purtroppo non abbiamo mai ricevuto risposte ai nostri allarmi. Sino alla recente deroga concessa dalla Regione sul flusso minimo vitale consentito del fiume, per consentire le captazioni». Una scelta difficile, quella presa dal governatore Fedriga, vista l’emergenza che coinvolge anche il settore agricolo: ma che secondo i pescatori a breve avrà effetti nefasti sull’Isonzo. «Sarebbe incredibile se si continuasse su questa strada». Sarebbe la morte del fiume, il collasso di quell’ultimo polmone.
Gli uomini dell’Ente Tutela pesca sono pronti anche a farsi largo fra la vegetazione, con i propri mezzi, per mettere in salvo le specie ittiche se anche quella pozza andrà in secca. È il piano C. Poi non ve ne saranno altri. In questi giorni, lungo quei tratti ghiaiosi di fiume, anche qualche bambino desideroso di dare una mano agli adulti.