Mannarino a Fusine: «Nel Tarvisiano ritrovo la storia del pianeta»
TARVISIO. Al No Borders si apre un nuovo, entusiasmante weekend all’insegna della musica d’autore. Oggi sarà Mannarino ad arrivare al Lago Superiore di Fusine alle 14. Ma non sarà l’unica occasione in cui si esibirà, perché è già sold out il Concerto di Luna piena che terrà il 13 agosto in alta quota, al rifugio Gilberti di Sella Nevea.
«Il Tarvisiaano mi è entrato nel cuore. La prima volta che ci sono stato – spiega Mannarino – sono rimasto alcuni giorni a camminare nelle montagne e ho visto tutti gli altri concerti. Si può trovarci la storia del pianeta, perché è un museo a cielo aperto in cui si possono vedere tutte le ere geologiche. Si cammina nell’eternità, e poi c’è tutto quello che riguarda la prima guerra mondiale. Ho sempre voluto tornarci. Poi con gli organizzatori abbiamo avuto l’idea di fare il concerto di Luna piena, più intimo, e quello a Fusine con tutta la band al completo».
Come sarà il concerto di Luna piena?
«Sarà diverso dagli altri, ci saranno delle sorprese, ma sarà un concerto intimo. La musica è sempre stata usata dall’essere umano per alienare, superare e mistificare il dolore e la paura, per collettivizzarla in maniera rituale. Dopo questi anni che stiamo vivendo tra pandemie e guerre e clima, ho pensato a un concerto che dall’alto della vetta salga ancora più in alto ci elevi, faccia sentire che stiamo vivendo le cose importanti della vita».
No Borders nasce per unire senza confini Austria, Slovenia e Italia. Potere della musica?
«La musica ha la prerogativa di essere un linguaggio universale a differenza del testo che può mettere in difficoltà qualcuno che non parli la lingua. La musica davvero non ha confini. Se prendi dei musicisti che non parlano la stessa lingua e non si sono mai conosciuti, riescono a suonare insieme. E per me in quei luoghi è ancora più importante darne dimostrazione perché proprio lì, per pochi metri, molte persone hanno perso la vita».
Televisione, teatro o in mezzo al verde come in questi concerti. Dove troviamo il vero Alessandro?
«Tv ormai non ne faccio più tanta, è quella in cui forse soffro di più. I tempi tecnici, le luci, rendono tutto un po’ artefatto e io faccio fatica a starci. Devo ammettere che non amo molto le luci artificiali che siamo costretti a usare nei concerti. Mi piace suonare di giorno o illuminato dal fuoco o dalle candele, lo trovo più vero».
“V.” Il suo ultimo album nasce da New York, Los Angeles, Rio De Janeiro, Città del Messico e Roma. Cosa accomuna città così diverse?
«Intanto parliamo di musica occidentale. Ho collaborato con dei musicisti che suonano di tutto e che hanno una grande cultura che mescola innovazione e tradizione, cercavo un suono che avesse un impianto ritmico originale ma che nascesse dalla tradizione. Viaggiare mi ha fatto uscire dalla mia comfort zone e confrontarmi con altri artisti ed è stato per me molto importante».