Cassa Peota, spariscono 800 mila euro. Denunciano in 25, indaga la Finanza
TOMBOLO. Scomparsi oltre 800 mila euro della Cassa Peota di Onara, 25 risparmiatori – dopo quasi due anni dalla denuncia alla Procura di Padova – decidono di raccontare una storia che ha dell’incredibile.
UNA STORIA DI FIDUCIA
Il contesto è quello di paese, di famiglie che si trovano all’osteria, dove tutti si conoscono. E dove ci si fida. Lo storico presidente – Gavino Pellanda, mancato il primo agosto 2020 – raccoglieva i risparmi con i propri collaboratori alla domenica. La gente che esce dalla messa, che lascia un po’ di denaro.
Una tradizione che si celebrava a partire dagli anni ’80: si andava al bar da Kina, poi al San Marco, infine al bar Centrale in via Chiesa, sempre ad Onara. Qualche raccolta è avvenuta anche al bar Impero nella frazione di Facca a Cittadella.
Per ogni versamento, veniva rilasciata una ricevuta dove si indicava la data e la somma consegnata. C’era Pellanda e spesso c’era pure l’ex sindaco di Tombolo, Angelo Andretta. Come non fidarsi?
A fine anno l’associazione Cassa Peota rilasciava nuovi libretti e un estratto conto dove era specificato l’importo iniziale, i prelevamenti, gli accrediti e i presunti interessi maturati. Ogni estratto veniva firmato dalla segretaria Luisa Vinante e da Pellanda o Andretta.
MUORE IL PRESIDENTE
Anche se forse qualche nota stonata c’era: nella loro denuncia, i querelanti fanno notare che «il signor Pellanda o la segretaria temporeggiavano sempre» al momento di restituire i versamenti. Il vaso di Pandora è stato scoperchiato alla morte del presidente: per quanto coinvolti nella raccolta e gestione dei risparmi, in quella fine estate del 2020 né la segretaria, né la figlia di Pellanda, Sandra, né Andretta hanno saputo spiegare la destinazione delle somme consegnate, né l’ammontare complessivo dei soldi.
Ai malcapitati non è rimasto che chiedere – insistentemente – informazioni sui loro risparmi. Nella denuncia spiegano che hanno scoperto «con sgomento» che non era chiaro né dove fossero depositati né dove fossero stati investiti i loro risparmi.
«Neppure è noto» si legge ancora nel documento consegnato alla magistratura «quali siano gli istituti di credito ove sono depositate le somme consegnate né se tali somme siano state destinate a finalità diverse dalla raccolta del risparmio». Un mistero, centinaia di migliaia di euro dispersi nel nulla.
LE INFORMAZIONI SCARSEGGIANO
Poche informazioni, frammentate: la segretaria – uscita dalla gestione dell’associazione a fine 2019 – in una riunione svoltasi con i risparmiatori il 24 agosto di due anni fa, nella sala parrocchiale di Onara, aveva spiegato che uno degli istituti di credito dove venivano versati i contanti era la Banca Popolare di Vicenza. Non esattamente una garanzia. Cosa si può pensare di fronte ad un quadro simile?
Secondo i denuncianti «sussistono fondati motivi per ritenere che i denari versati all’associazione Cassa Peota siano stati oggetto di appropriazione indebita». Le indagini sono in corso, ma sono indubbiamente complesse: si va a caccia di soldi consegnati a partire da quasi quarant’anni fa.
Dove saranno? Sotto qualche materasso? In qualche paradiso fiscale? Le ipotesi si sprecano, insieme alla rabbia e all’indignazione, lo sgomento e la sensazione di un paese che si sente tradito.
Le ragioni delle vittime sono difese dall’avvocato Giovanni Moschetti di Padova, che garantisce: «Farò tutto il possibile per riuscire ad ottenere i soldi di questi risparmiatori e difendere i loro diritti. Abbiamo fiducia nelle forze dell’ordine e nella magistratura».