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Июль
2022

Poco personale e niente assunzioni: sanità friulana verso lo stato di agitazione

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UDINE. L’autunno è ancora lontano, ma la carenza di personale sommata alle positività al Covid di pazienti e operatori sanitari, alle numerose dimissioni volontarie e alle sospensioni dal servizio ancora in essere per le mancate vaccinazioni, stanno creando una situazione esplosiva in ospedale e in tutte le strutture dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc).

«E il peggio potrebbe arrivare nei prossimi mesi se non ci saranno assunzioni consistenti e immediate».

La denuncia è dei sindacati che sabato mattina si sono ritrovati davanti alla sede legale di AsuFc, in via Pozzuolo, per far conoscere le criticità del momento e che sono pronti a proclamare lo stato di agitazione.

Presenti la Fp Cgil, la Cisl Fp, il Nursind e la Fials. Assente la Uil.

«Per difendere i diritti dei lavoratori è auspicabile l’unità delle sigle sindacali, così da portare una voce univoca alla direzione sanitaria – hanno sostenuto i presenti –. Questa manifestazione e i tavoli sono aperti a tutti, anche perché le questioni sollevate sono comuni.

Evidentemente c’è chi preferisce primeggiare agendo in solitaria».

Le critiche alle bolle

«La situazione attuale è drammatica – ha assicurato Massimo Vidotto della Cisl Fp – a causa dell’esplosione dei contagi di inizio estate, con i positivi che sono aumentati anche negli ospedali dopo il passaggio alla gestione dei reparti per bolle.

Se oggi i pazienti con il Covid sono 150, cosa accadrà in autunno? Il personale è allo stremo e già oggi è costretto a turni massacranti.

Purtroppo si scarica su chi è in prima linea la gestione della pandemia». Per Vidotto il ricorso alle bolle può diventare fattibile «soltanto con una diversa organizzazione e con spazi dedicati».

«Non come avviene oggi, altrimenti i contagi dilagano. E nonostante ciò che sta succedendo nei nostri presidi sanitari – ha aggiunto l’esponente cislino –, la direzione dell’Asufc continua a mettere la testa sotto la sabbia».

Le mancate assunzioni

I sindacati hanno rimarcato come il personale rimasto in servizio sia sempre più intenzionato a scappare dalla sanità pubblica. «Servono investimenti che non si stanno facendo – ha detto ancora Vidotto –. Le oltre 500 assunzioni promesse non si vedono, e sempre più colleghi si dimettono per andare nel settore privato.

In questo modo non si riesce più a garantire un servizio di qualità ai pazienti».

Ecco perché Afrim Caslii del Nursind invita i vertici dell’Asufc «a incentivare chi è rimasto in azienda, utilizzando i risparmi ottenuti con i licenziamenti degli ultimi anni e con il personale mancante, per convincere le persone a restare nella sanità pubblica e a non trasferirsi in quella privata».

Difficoltà che, come ha messo in luce Giuseppe Pennino della Cisl Fp, «non riguardano soltanto l’ospedale di Udine ma tutti i presidi dell’Azienda sanitaria del Friuli centrale, da Tolmezzo a Palmanova».

«Siamo di fronte alla tempesta perfetta – ha rimarcato Pennino –, tra ferie, contagiati, personale sospeso e dimissioni, con la conseguenza che tutto il carico di lavoro viene scaricato su chi resta in servizio».

Il confronto con l’Azienda

Le mancate risposte ottenute hanno spinto Andrea Traunero della Cgil a pretendere un confronto con i vertici dell’Azienda.

«Quello che sta avvenendo sta portando il sistema al collasso, e non si capisce dove l’Azienda voglia andare a parare.

Da un lato – ha sottolineato Traunero – sceglie la strada delle bolle, causando un incremento dei contagi, e dall’altro riapre i reparti Covid.

Serve una maggiore condivisione delle scelte, anche perché andando avanti di questo passo non potranno più essere garantiti i servizi essenziali».

Francesco Telaro della Fials si è poi detto certo che le attuali criticità «siano frutto di un’errata programmazione dei fabbisogni di personale, nonché di un’incapacità di organizzarsi dopo la prima ondata di Covid».

«In questa fase di emergenza c’è bisogno di idee chiare e di un’organizzazione coerente», ha rimarcato Telaro.

Niente sciopero

I sindacati, dunque, sono pronti a proclamare lo stato di agitazione, ma anche consapevoli di non avere al momento gli strumenti per poter indire uno sciopero.

«Il personale non c’è, e quel poco che è rimasto deve restare nei reparti. Questo, però, non vuol dire che resteremo con le mani in tasca – ha assicurato Caslii –, quindi attendiamo risposte da parte dell’Azienda, risposte che fino a oggi non sono arrivate».




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