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Август
2022

Crisi Wärtsilä, l’economista Fortis: «L’Italia si difenda»

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TRIESTE. L’economista Marco Fortis è direttore e vicepresidente della Fondazione Edison. Docente di economia industriale e commercio estero alla Facoltà di Scienze Politiche e Sociali della Cattolica. È stato consigliere economico di due premier: Mario Monti e Matteo Renzi. É uno dei più ascoltati economisti italiani sui temi dell’economia italiana, dell’industria e dello sviluppo del commercio internazionale.

Professor Fortis, come spiega la decisione di Wärtsilä di lasciare Trieste e riportare a casa in Finlandia la produzione dei motori?

Non conosco a fondo la situazione ma ho letto che il comportamento dell’azienda è stato più volte stigmatizzato dal ministro Giancarlo Giorgetti e dal governatore del Fvg Massimiliano Fedriga per la perentorietà dell’annuncio dei finlandesi, poco disponibili a trovare soluzioni.

Lo strappo sarebbe stato spiegato con la necessità di centralizzare la presenza manifatturiera in Europa risolvendo un problema di sovraccapacità produttiva. Che tipo di segnale arriva da Trieste per l’industria italiana?

É tutto da capire. Non si può certo sostenere che l’Italia sia un Paese poco competitivo. Non la pensano così i tanti investitori stranieri nel nostro Paese. Non a caso siamo il primo produttore di farmaci in Europa assieme alla Germania perchè da noi le multinazionali straniere hanno investito molto. Aggiungo che se tanti marchi del lusso hanno mantenuto le loro attività produttive in Italia, valorizzando grandi marchi come Gucci e Bulgari, è stato per la presenza di grandi investitori francesi come Bernard Arnault e François Pinault.

Però i finlandesi fuggono...

Colpisce l’intransigenza di Wärtsilä nel dialogo con le istituzioni italiane. Ma sono situazioni già viste. Come ricorderà furono proprio i finlandesi ad ammonirci in Europa sulla nostra presunta mancanza di rigore finanziario, e continuano a impartirci lezioni. In questo durissimo braccio di ferro l’Italia dovrà fare valere le sue ragioni nei confronti di una strategia aziendale molto rigida che non mi pare dipenda da un problema di costi di produzione.

Wärtsilä delocalizza da Trieste, uno dei simboli della Mitteleuropa e non certo l’Asia..

L’addio di Wärtsilä a Trieste è un caso particolare rispetto a quelli di altre aziende che hanno abbandonato l’Italia per ricercare migliori costi di produzione in Turchia o nell’Est Europa. I problemi di approvvigionamento della componentistica elettronica, che viene dall’Asia, hanno messo in difficoltà un Paese come la Germania. I finlandesi invece attuano un reshoring nel proprio Paese d’origine e riportano la produzione dei motori a quattro tempi a casa. Un caso che andrebbe studiato. La strategia aziendale di questa delocalizzazione triestina dovrà emergere nel negoziato fra le controparti avviato al Mise.

C’è chi sostiene che questa crisi, per i costi sociali, l’impatto economico e anche il ruolo strategico dell’azienda triestina, appartenga alla sfera degli aiuti di Stato e vada discussa a Bruxelles. É ipotizzabile una riconversione dell’attività industriale a Trieste?

Non conosco abbastanza bene il caso per poter valutare. Per compensare la fuga di finlandesi si potrebbe ricercare una soluzione con un piano di ristrutturazione del governo che sia compatibile con le regole europee anche sotto il profilo degli aiuti di Stato. A patto che si tratti di una riconversione che abbia una sua logica di mercato e non si costruiscano cattedrali nel deserto.

L’Italia deve affrontare l’esame del voto, dopo l’uscita forzata di Draghi. Come stiamo affrontando una crisi che è ormai globale fra venti di recessione e frenata dei mercati?

Il Sistema Italia ha sorpreso tutti per la sua resistenza nel primo semestre dell’anno. Nel secondo semestre siamo cresciuti del 3,4% ben più della Cina. Un fatto storico. Non succedeva dalla ricostruzione post-bellica. La crisi mondiale ha messo in ginocchio gli Usa, in recessione tecnica nonostante non siano dipendenti dal gas russo. La Germania è a crescita zero. La Francia cresce meno di noi.

Merito dell’effetto Draghi?

Il governo di Mario Draghi, mandato malauguratamente a casa da tre leader di partito in declino, stava sconfiggendo l’inflazione neutralizzando gli aumenti dei prezzi. Questo ritmo di crescita del Pil preservava il potere d’acquisto delle famiglie e il reddito disponibile. Il premier ha preso decisioni formidabili a tempo di record come sterilizzare gli incrementi delle bollette, aiutare i ceti meno abbienti, intervenire sul prezzo dei carburanti. La crescita del Pil ha compensato gli aumenti della spesa pubblica e si è creato un tesoretto di poco meno di 15 miliardi che servirà a tamponare l’inflazione. Per merito di Draghi il rapporto debito-Pil dell’Italia calerà. Vorrei sapere in quale Paese del mondo si possono vantare simili successi.




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