Una notte a Jesolo, tra sballo, vandalismi, furti e risse tra bande. “Se ho problemi, papà chiama l’avvocato”
JESOLO. Una notte immersi nella “mala movida” per conoscere i suoi codici, le regole, i drammi umani e psicologici di questi giovani che vengono a Jesolo per lo sballo del sabato sera.
Con la guardia giurata Massimiliano Marcon abbiamo affrontato un viaggio tra i giovani che frequentano Jesolo e si sentono vittime della noia. Ragazzi che verso l’alba si possono vedere sdraiati in mezzo alla strada, che urlano completamente ubriachi e alterati, che finiscono al pronto soccorso - in media una decina ogni fine settimana - rasentando il coma etilico.
Sono ragazzi che provengono perlopiù dall’entroterra del basso Piave, oppure sono trevigiani, veneziani, padovani. Se non spacciano e non commettono rapine, entrando quindi nel girone successivo verso l’inferno della degenerazione giovanile, magari consumano abbondantemente alcol e stupefacenti. E non hanno freni.
Questi giovani vivono le piazze e le strade del lido a notte fonda, fino alle prime luci dell’alba. Ci sono quelli che si divertono a scorrazzare in monopattino ovunque, soprattutto lungo i marciapiedi, poi quelli che bevono fino a perdere conoscenza. E altri che vanno in spiaggia a rompere tutto quello che trovano, specie ombrelloni o lettini.
Il minimo comune denominatore sono le bevute. Bottiglie acquistate nei supermercati, caricate in auto per accendere la serata. Ci sono anche tante ragazze. Carine, ben vestite, che magari si cambiano di abiti durante il viaggio in auto fino a Jesolo per risultare più seducenti, senza incorrere nei rimproveri dei genitori. Meno scalmanate, ma in qualche modo affascinate dalle bravate dei coetanei.
Un popolo composito, che vede anche tanti italiani di seconda generazione. Ma non sono solo loro a rompere tutto e a creare disordini. Massimiliano Marcon, guardia giurata con una vasta esperienza alle spalle, li conosce bene dopo innumerevoli interventi sul litorale. Tutti, alla richiesta di spiegazioni, gli rispondono più o meno la stessa cosa, ossia che si comportano così soprattutto per noia.
Fermiamo un ragazzo che ha l’aria a dir poco confusa dopo una bella bevuta senza controllo. Lo chiameremo Luca, nome di fantasia. Ma come lui ce ne sono a centinaia. È uno dei tanti ragazzi che arriva a Jesolo in cerca di emozioni forti e che a un certo punto della nottata prova a combattere la noia che proviene dal di dentro e pare un male diffuso in questi ragazzi che non hanno punti di riferimento.
Nessuna passione autentica, tantomeno per la politica. Pensano a condividere ogni bravata ed ogni avventura sui social. Ma non vivono veramente. Perché queste bande fuori controllo, e tutte a Jesolo? «Veniamo a Jesolo perché qui arrivano tutti i giovani del Veneto. Ci sono i locali, le discoteche, c’è tanta gente. E poi è grande, lunga, ci si perde. Jesolo è cool, è giusta e si può fare casino quanto basta per un fine settimana diverso dal solito, fuori dalle città in cui viviamo», racconta Luca.
Ma perché rompere tutto, ad esempio in spiaggia? «Perché spesso ci si annoia. Allora magari tiri un calcio all’ombrellone e così si parte tutti assieme. Qualcuno ruba le biciclette dagli alberghi. Una bravata tanto per fare qualcosa di nuovo. A volte si inizia a litigare con altri gruppi, allora volano calci e pugni. Ma quello si è sempre fatto».
Non sarebbe meglio andare in cerca di ragazze? «Spesso le ragazze sono con noi, anche se non partecipano ai casini. Guardano, ridono, a volte stanno assieme a noi, a volte se ne vanno perché esageriamo. Non pensiamo a fidanzate e mogli. Tutti vivono con i genitori, studiano, qualcuno lavora, qualcuno non fa proprio niente e se ne frega di tutto».
E non avete paura delle conseguenze di certe baravate che poi sono veri e propri reati? «No, tanto non possono farci niente. Ai minorenni poi proprio non viene in mente che possa accadere qualcosa di grave. Un mio amico, mentre lo fermava una guardia giurata, ha telefonato al papà e gli ha detto di contattare subito un avvocato così si è sentito subito al sicuro». E tu cosa farai? «Farò lo stesso, chiamerò anche io un avvocato se ce ne sarà bisogno».