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Август
2022

Superbonus del 110%: 63 famiglie friulane stipulano un contratto ma dei lavori nemmeno l’ombra

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UDINE. Duecentotrenta contratti firmati senza vedere nemmeno l’ombra di un’impalcatura, oltre 500 gli impegni per lavori con il Superbonus presi solo nel primo anno di attività. Numeri che non potevano che far insospettire la Guardia di Finanza.

Ci sono voluti poi i controlli nei database dell’Agenzia delle Entrate, per chiudere il cerchio attorno al Consorzio Casa Zero di Nervesa (Treviso) cui si erano rivolte anche 63 famiglie del Friuli Venezia Giulia: 38 del Pordenonese, 20 della provincia di Udine e 5 nel Goriziano.

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Le Fiamme Gialle, in esecuzione di un decreto del Tribunale di Treviso, hanno sequestrato crediti d’imposta per circa 7 milioni di euro e disponibilità finanziarie e immobili per circa 1,2 milioni di euro, ottenuti attraverso il Superbonus 110%.

Tre le persone finite sotto indagine: Alberto Botter, 38 anni, fondatore e amministratore del Consorzio fino a inizio del 2021, Fabio Casarin, 47 anni, nato a Milano attuale amministratore, e un trevigiano di 55 anni, Massimiliano Mattiazzo, l’ingegnere che avrebbe falsamente asseverato lo stato avanzamento dei lavori.

Il copione è quello ormai abituale delle truffe col superbonus, di cui sono rimasti vittima migliaia di persone in tutta Italia.

L’azienda – solitamente in veste di general contractor – stipula dei contratti con singoli cittadini e condomini per la riqualificazione della propria abitazione attraverso il Superbonus 110%.

Si tratta quasi sempre di cessione del credito: ovvero il committente non paga nulla dei lavori, ma cede all’azienda il credito fiscale.

L’impresa poi lo monetizza cedendolo a sua volta a istituti finanziari. Solo che i truffatori, generalmente, non iniziano nemmeno i lavori, ma fanno asseverare da professionisti compiacenti uno stato avanzamento dei lavori di almeno il 30%.

Emettono fatture per lavori quindi mai eseguiti, che generano il credito nel committente.

Credito che, attraverso la firma in bianco, o una firma falsa, viene ceduto al general contractor che lo monetizza.

Nel caso specifico il nucleo di polizia economico-finanziaria ha approfondito il caso del Consorzio Casa Zero, perché, in primis, insospettita dal fatto che durante la pandemia, mentre molte imprese chiudevano, l’azienda di Nervesa apriva in via Priula e assumeva, arrivando a 120 dipendenti, stando al suo profilo Facebook.

Le investigazioni hanno permesso di acquisire solidi indizi sulla natura fittizia di crediti correlati al Superbonus 110% per oltre 24 milioni di euro, in gran parte monetizzati dal consorzio attraverso istituti di credito e intermediari finanziari.

La società nel primo anno di attività aveva fatto incetta di commesse, stipulando quasi 500 contratti.

Un numero difficile, per non dire impossibile, da gestire anche per giganti del settore.

Tutti contratti in cui si era impegnata a realizzare, senza alcun onere in capo al committente, interventi su immobili di Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

Nella nostra provincia avevano firmato contratti con questo consorzio famiglie di Udine, Codroipo, Fagagna, Latisana, Mereto di Tomba, Pagnacco, Pasian di Prato, Pozzuolo, Pradamano, Precenicco, Rive d’Arcano, Ruda, San Giovanni al Natisone.

Grazie alla compiacenza di un ingegnere, con funzione di attestatore (avrebbe incassato 900 mila euro per le sue asseverazioni), il consorzio ha potuto trasmettere all’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) la documentazione che certificava falsamente l’avvenuta esecuzione di lavori oggetto dell’agevolazione.

I riscontri dei finanzieri, invece, hanno fatto emergere che, per circa 230 contratti, nulla è stato invece realizzato. Dei lavori edili oggetto di agevolazione, infatti, a distanza di mesi dalla stipula del contratto, contrariamente a quanto riportato negli stati avanzamento lavori, le fiamme gialle non hanno rinvenuto alcuna traccia.

Alcuni dei committenti vedendo che il Consorzio Zero Casa non faceva partire i lavori, e non dava rassicurazione sui tempi, hanno ottenuto il recesso dal contratto. Peccato però che poi andando a consultare il proprio cassetto fiscale, abbiano scoperto di aver maturato e ceduto al consorzio “a loro insaputa” i crediti correlati ai lavori mai avviati.

Il sequestro disposto dalla Procura trevigiana ha, dunque, colpito beni mobili e immobili per un totale di 8,2 milioni di euro: si tratta, in particolare, di crediti d’imposta ancora presenti nei cassetti fiscali, di disponibilità finanziarie e di un immobile, tutti riconducibili al consorzio e ai tre responsabili della frode, indagati dalla Procura della per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.

Ma la guardi di finanza ha stimato che siano ben di più i crediti accumulati attraverso la truffa, ben 24 milioni. Di quasi 16 milioni quindi non c’è giù più alcuna traccia. 




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