Addio a Nicolò, un bambino che divideva i biscotti con gli amici
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Tanta gente a Fortogna per salutare un bimbo generoso «Era cresciuto con la musica e dava felicità a tutti quelli che lo vedevano»
FORTOGNA. Piangeva anche il cielo sopra Fortogna. Come se lassù qualcuno fosse inconsolabile per la morte del piccolo Nicolò Feltrin. E dentro la piccola chiesa di San Martino tanti cuori gonfi di dolore, tanti occhi inondati dalle lacrime. Parecchia gente della frazione d’origine di Codissago, che quel bambino di due anni aveva visto nascere e crescere felice e per la quale era qualcosa di inaccettabile averlo accanto, in una minuscola bara di legno bianco sormontata da un cuscino di rose, pure bianche. Il colore della purezza, quella che solo un bimbo può avere.
Tra i canti e la musica, a qualcuno può anche essere sembrato di sentire le sue simpatiche risate, quando giocava nell’appartamento di via 2 Giugno o al vicino parco Sydney con papà Diego e mamma Serena. Qualcun altro non può dimenticare la sua gioia di vivere, purtroppo spezzata in un pomeriggio maledetto della settimana scorsa, al Pronto soccorso dell’ospedale di Pieve di Cadore, dopo un malore in casa. Tutti vogliono la verità, hanno bisogno di sapere perché è successa una cosa così inimmaginabile. Magari sono a loro volta i genitori di un piccolo uomo, al quale Nicolò ha dato un biscotto. Nell’omelia, don Rinaldo ha sottolineato gli slanci di generosità di questa bellissima creatura: se ce n’era uno per lui di dolcetto, doveva essercene almeno un altro per l’amichetto, che aveva accanto. Nicolò era cresciuto con la musica e, da grande, magari avrebbe fatto il musicista, chi lo sa. Quella piccola chitarra, che strimpellava senza poter conoscere gli accordi, forse più avanti sarebbe diventata uno strumento vero, tra le sue dita. Era un cucciolo contento, Nicolò e riusciva a trasmettere felicità a chi lo incontrava per le vie di Codissago o andava a trovarlo. Impossibile non volergli bene.
Sono rimasti i parenti e gli amici per papà e mamma, quelli che dovranno fare tutto quello che possono, per rendere anche solo un po’ meno pesante una tragedia immane, che non ha colpito non soltanto una famiglia, ma un’intera comunità. All’ultimo saluto, c’era anche il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, a testimoniare la vicinanza e l’affetto dei paesani. Non ci sono stati molti discorsi, alla fine della messa, salvo una testimonianza molto toccante, un saluto delicato, mentre fuori dalla chiesetta pioveva sempre più forte: «Una vera tragedia», sottolinea Padrin, «qualcosa di straziante. Sono vicinissimo a questa famiglia».
Prima della benedizione, don Rinaldo ha chiuso con L’Eterno riposo e a tutti è sembrato un epilogo impensabile.