Anche la tabaccheria lascia. Dese paese fantasma: chiusi tutti i negozi. «Mancano i servizi»
I residenti: «Non sappiamo neanche dove acquistare i biglietti del bus. I collegamenti Actv sono scarsi, siamo tagliati fuori dal mondo»
DESE. Ha chiuso anche la tabaccheria, che già non vendeva più i biglietti dell’autobus da un pezzo, tanto che chi rimane senza o non ha l’abbonamento, è sempre a rischio multa. La parrucchiera se ne è andata, la banca si è trasferita. La pizzeria si è spostata a Favaro, il negozio di vestiti per bambini ha abbassato le saracinesche. Attività come la macelleria non ci sono più.
Di alcune “botteghe” dei tempi d’oro, rimangono solo le vecchie insegne, pezzi vintage testimoni delle antiche famiglie che gestivano i negozi. Il medico di base, dopo lotte e raccolte firme, ha un appartamento a disposizione grazie all’interessamento del comune, dove visita i pazienti.
In questi giorni i pochi negozi rimasti, il fruttivendolo-casolino, ad esempio, chiudono il sabato e l’unico bar, fulcro del paese, è in ferie per una settimana. Mica può stare aperto tutto l’anno.
E così in questi giorni chi abita a Dese non sa dove bere un cappuccino, dove sedersi, scambiare due chiacchiere e magari godere di un po’ d’ombra, e nemmeno dove acquistare un pacchetto di sigarette o una rivista. Camminando lungo il centro, la sfilata di vetrine in cui specchiarsi, salta all’occhio. Tanto da dimenticarsi perfino cosa c’era rima che chiudessero.
«Dese non ha più servizi», raccontano Cristina De Rivo e Marina Cosma, «ma nemmeno i pubblici servizi di base, chi non ha l’automobile, è praticamente isolato dal resto del mondo».
Qualche giorno fa è stato l’ultimo giorno di lavoro per il tabaccaio in centro al paese, che ha anche licenza di giornalaio. Il negozio era in corso di smantellamento da un po’. All’interno, il titolare spiega che se ne va per questioni di famiglia. Non certo per lasciare la frazione senza più servizi. All’interno non si vendevano nemmeno più i biglietti dell’autobus.
«Continuano a costruire case», raccontano le due donne, «ma noi non abbiamo più nulla». In paese è rimasto il panificio Mazzon, il mitico “Toni del latte”, e poco altro.
«Passa un autobus ogni mezzora», raccontano, «se lo perdi devi stare sotto al sole a cuocere lentamente oppure al freddo ad aspettare che ne arrivi un altro. Di domenica manco quello, perché di corse ce ne sono pochissime, uno ogni sessanta minuti fino a una certa ora, la sera nulla. Ed è un problema anche per le suore che gestiscono l’asilo. A Dese non si può più acquistare un giornale o una rivista, tanto meno un quotidiano».
E durante il lockdown, chi non aveva i figli che gli portavano la spesa o li accompagnavano al supermercato, si è trovato in grossa difficoltà. «Paghiamo l’abbonamento Actv, ma dovrebbe portarci almeno fino a Praello, alla pizzeria, dove ferma solo il numero 84, che passa di rado. E se vogliamo andare fino al Valecenter, dobbiamo spendere 2, 80 euro perché è fuori dal circuito».
Da qui la protesta degli abitanti. Specialmente di quelli più anziani, che non riescono ad arrivare in bici a Favaro, sotto alla canicola, e degli anziani che non guidano.
«Dese è un paese fantasma, le attività chiudono a fronte di nuove famiglie che vengono a risiedere, l’abbonamento dovrebbe valere almeno fino alla zona commerciale di Marcon, visto siamo nella stessa città metropolitana».
Gli abitanti lanciano un appello al sindaco, Luigi Brugnaro, e al presidente della Municipalità, Marco Bellato: «Servirebbero più collegamenti, più corse dei mezzi pubblici e più servizi: speriamo arrivi chi vuole aprire una macelleria, una pasticceria, un supermercato».