Quei tecno figli dell'Lsd
La droga più famosa di tutti i tempi è stata un simbolo per generazioni in cerca di «verità» più alte. Ma è dal suo innesto nell’emergente era digitale, che le sue capacità lisergiche hanno avuto una forte influenza sul mondo per come lo conosciamo oggi.
Come tutte le cose, ha avuto inizio da una molecola. Per la precisione la dietilamide dell’acido lisergico, sintetizzata da Albert Hoffmann nel 1938. Il chimico svizzero, nato nel 1906 e morto nel 2008, all’epoca lavorava per la casa farmaceutica Sandoz. Quando si trovò per le mani quello che in seguito avrebbe ribattezzato «il mio bambino difficile», non aveva alcuna idea di ciò che aveva scoperto, e delle conseguenze che avrebbe provocato.
Come sia andata lo racconta il giornalista Michael Pollan in un corposo volume intitolato Come cambiare la tua mente, da cui Netflix ha appena tratto una docuserie. «Il primo trip in assoluto, e l’unico intrapreso senza aspettative di sorta», scrive l’autore americano, «fu quello di Albert Hoffmann nel 1943. Benché fosse rimasto nell’incertezza d’aver avuto un’esperienza di follia o di trascendenza, Hoffmann capì immediatamente la potenziale importanza di questo composto per la neurologia e la psichiatria». Ciò che ancora i suoi datori di lavoro della Sandoz non erano riusciti a capire, tuttavia, era il modo per sfruttare commercialmente l’Lsd-25, allora nota come Delysid. Così, tra il 1949 e il 1966, la casa farmaceutica fornì gratuitamente il prodotto a qualunque ricercatore ne facesse richiesta, nella speranza che qualcuno trovasse un modo per ricavarne denaro. A scaturirne fu una rivoluzione. Anzi, due.
Il libro di Pollan e la serie a cui ha dato origine raccontano la storia della droga psichedelica più famosa di ogni tempo, e lo fanno con piglio benevolo al fine di sostenere la ricerca su questa sostanza che, secondo alcuni, potrebbe davvero rivelarsi estremamente utile per neurologi e psichiatri (e soprattutto per i loro pazienti). In effetti, la ricerca sull’Lsd per lunghi anni è rimasta ferma (per poi riprendere con vigore negli ultimi tempi, diciamo dalla presidenza Obama in poi negli Stati Uniti), proprio a causa delle due rivoluzioni di cui sopra. La prima è quella psichedelica a cui Mario Iannaccone ha dedicato un bellissimo libro (Rivoluzione psichedelica, appunto) ricco di storia e particolari, appena ripubblicato da Ares in una nuova edizione. La seconda rivoluzione è quella digitale, che è senza dubbio esplosa grazie ai «trip» che, negli anni Sessanta, andavano così di moda tra alternativi e fricchettoni della California. Ed è questa la parte di racconto che più ci interessa, perché permette di comprendere come una larga parte dell’universo tecnologico in cui ci troviamo immersi abbia avuto origine da esperienze, visioni e sogni che vanno ben al di là della scienza e della tecnologia.
A dirla tutta, i primi sperimentatori di questa droga erano mossi dal profondo desiderio di entrare in contatto con il divino. Quasi tutti provenivano da esperienze nell’ambiente dell’esoterismo, alcuni facevano parte di organizzazioni segrete che si autodefinivano «magiche». Venuti a conoscenza del ritrovato di Hoffmann, si convinsero che avrebbe potuto fungere da surrogato sintetico dell’ascetismo, connettendo l’assuntore a un primordiale principio divino. Le sperimentazioni con l’Lsd, in sostanza, erano un rito misterico, una versione chimica dello gnosticismo: grazie alla droga si poteva arrivare a una conoscenza superiore, passare su un altro piano di realtà - magari quello astrale tanto caro a maghi e teosofi - senza necessariamente sottoporsi a sfinenti sessioni di meditazione o a snervanti pratiche ascetiche di derivazione orientale.
Il più celebre protagonista di questa avanguardia di psiconauti fu senz’altro il romanziere Aldous Huxley, che arrivò all’Lsd dopo aver testato la psilocibina. Fu lui, assieme allo scienziato Humphry Osmond, a partorire il termine psichedelico. Huxley per le verità aveva suggerito di chiamare la droga «fanerotimo» (che manifesta lo spirito), Osmond gli rispose suggerendo «psichedelico» (che manifesta la mente). Esattamente questo era l’obiettivo: rompere le barriere, aprire le porte della percezione, accedere a un mondo superiore, a un piano di mezzo fra il divino e il reale. Se personaggi come Huxley possedeva cultura e formazione sufficienti per gestire gli sconcertanti vagabondaggi lisergici, tutti coloro che ne seguirono l’esempio erano decisamente meno preparati. È fin troppo nota la vicenda di Timothy Leary, che nel 1960 diede vita a un allucinante esperimento di somministrazione di massa di droghe agli studenti di Harvard e non solo. Leary, con le sue pose da guru, gli slogan pop e il sorriso smagliante, riuscì in un colpo solo a far naufragare la ricerca seria sulla molecola e a creare una generazione di scoppiati, tanto che poi l’università decise di scaricarlo nelle braccia della controcultura statunitense. Il meccanismo, in ogni caso, era innescato.
Mentre Leary porta avanti il suo circo a beneficio della stampa, un altro singolare personaggio iniziava a maneggiare l’Lsd con risultati ben diversi. Il suo nome era Myron Stolaroff. Un tipo bizzarro, capo progetto alla Ampex, azienda che produceva nastri magnetici nei pressi di quella che sarebbe poi divenuta la Silicon Valley. Stolaroff sentì parlare dell’Lsd e fece di tutto per provarla, anche se all’inizio ne era tanto spaventato quanto attratto. Poi, dopo il primo viaggio, la sua vita cambiò. Come scrive Mario Iannaccone, «grazie a quel trip, Stolaroff si convinse che l’Lsd fosse “la più grande scoperta fatta dall’uomo”. La sua posizione all’Ampex e la sua viva intelligenza gli valsero l’immediato ingresso in quel club esclusivo e informale guidato da Aldous Huxley. […] Vedendo l’effetto che l’Lsd esercitava su persone importanti come Stolaroff, Huxley ebbe un’intuizione: bisognava convertire all’acido il maggior numero possibile di persone partendo dai piani alti della società. Se l’Lsd aveva il potere di “detergere” menti bloccate e “sciogliere” complessi psicologici, allora andava utilizzato con decisione; poteva cambiare la società, lentamente, ma con risolutezza. Tutto ciò richiamava proprio il concetto di lavaggio del cervello e forse non è un caso che l’Lsd sarebbe stato chiamato negli anni Sessanta “mind detergent”. Dopo aver conosciuto la sua “gnosis” chimica, Stolaroff cercò di interessare il management dell’Ampex di San Francisco». L’azienda non gli diede granché retta, anzi di lì a poco arrivò a licenziarlo per la sua fissazione psichedelica, ma molti manager e dipendenti decisero di seguirlo. Così Stolaroff fondò il suo centro di ricerca.
Come raccontano Silvia dal Dosso e Neol Nicolaus (in La scommessa psichedelica, Quodlibet) «tra il 1961 e il 1965 l’International Foundation for Advanced Study, fondata da Stolaroff a Menlo Park - ossia a pochi metri da dove decenni dopo sarebbe nata Facebook - somministrò Lsd a 350 soggetti adulti per scopi di ricerca, e che uno di questi soggetti era Doug Engelbart, futuro inventore del mouse e pioniere dell’idea di aumentare la mente umana attraverso ausili informatici». Era iniziata la rivoluzione digitale. E non a caso era iniziata in California, terra di psiconauti. Il quadro della situazione era esattamente come lo descrivono Dal Dosso e Nicolaus: «Da un lato la fredda East Coast, simboleggiata dalla Ibm e caratterizzata da macchine estremamente complesse, ingombranti e accessibili solo a pochi. Dall’altro lato invece la scanzonata West Coast, in cui gruppi eterogenei di ricercatori e imprenditori inseguivano il sogno di un calcolatore innovativo e operabile da chiunque: il Personal computer».
Il Pc poteva aprire la mente degli esseri umani proprio come riusciva a fare l’Lsd. La macchina e la droga erano in grado di trasportare l’utilizzatore in un altro livello di realtà, potevano dotarlo di una conoscenza superiore, aprirgli nuovi e strepitosi orizzonti di progresso. Quelli che, a partire dagli anni Ottanta, il guru Steve Jobs avrebbe dischiuso alle masse. Esatto: lo stesso Jobs che ebbe a definire gli esperimenti giovanili con l’Lsd una delle due o tre esperienze più importanti della sua vita. Tutto è iniziato da una molecola.