Morto Antonio Tacchinardi: addio al chitarrista delle Calamite che amava i Beatles
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Si è spento a 78 anni il fondatore del gruppo pavese più in voga nei ’60. Il ricordo commosso di Drupi: «Se ho iniziato a cantare lo devo a lui»
A metà degli anni Sessanta, poco più che ventenne, è stato il modello di riferimento di un certo ambiente musicale pavese in fermento: Antonio Tacchinardi e la sua chitarra. Talentuoso, appassionato. Un Beatles in salsa pavese, fondatore del gruppo storico Le Calamite.
Tacchinardi che pur scegliendo un’altra professione (è andato in pensione da bancario) non ha mai abbandonato la musica, si è spento martedì a 78 anni. Malato da tempo, era ricoverato in ospedale ma nessuno, nemmeno il nipote Fabrizio che era stato con lui fino poco prima, avrebbe potuto immaginare un tracollo così repentino. La sua scomparsa, ha lasciato sgomenti gli amici, i tanti musicisti con i quali ha percorso lunghi pezzi di strada. Domattina alle 11, nella chiesa di Montebolone a Pavia, gli porteranno l’ultimo saluto.
Nel 1965 Tacchinardi aveva fondato Le Calamite insieme a Drupi, che all’epoca era ancora Giampiero Anelli, a Marino Sensi (al basso) e a Giampiero “Peo” Rinaldi (batteria).
«Io cantante per merito suo»
«E’ merito suo se ho cominciato a cantare, gliene sarò sempre grato – ricorda Drupi –. Ci siamo conosciuti in fabbrica. Io avevo 14 anni e lavoravo come operaio alla Metallizzazione Italiana, che oggi non esiste più, mentre Antonio era in ufficio. Ci si trovava in mensa. Sapevo che suonava la chitarra. Era bravo e già abbastanza noto nell’ambiente, ma in seguito capii che era anche il migliore a Pavia. Così prendemmo l’abitudine di trovarci a casa sua, mi insegnava qualche accordo».
Nelle ore libere dal servizio nei Vigili del Fuoco Tacchinardi mette insieme un gruppo. «Lui suonava la chitarra e cantava – prosegue Drupi – Facevamo cose dei Beatles. Poi un giorno mi propone: “Perché non canti?” . Mi sono cimentato in Georgia on my mind di Ray Charles. Antonio mi guarda e, benché fosse lui quello già noto, dice: “Forse è meglio se diventi tu il cantante”».
Il debutto sold out
Il debutto delle Calamite, racconta Furio Sollazzi - batterista dei Back to the Beatles e autore di Rock around Pavia1, il mondo del rock locale in quattro volumi – fu preceduto da una grande attesa in provincia. Tanto che il primo concerto - con i quattro musicisti vestiti in stile Beatles - al teatro di San Martino andò sold out.
Negli anni Sessanta la band acquisisce una tale fama che il nome del gruppo viene dato persino a un locale, il Calamit Club. Nel 1966 si aggiudicano la Coppa d’Oro al concorso del Si-Re Club (il futuro Docking) che diventa il loro regno incontrastato. «Nel 1967 le calamite si sono sciolte – ricorda ancora Drupi – Tacchinardi è rimasto ancora per un po’ e alla fine ha scelto un’altra strada, è andato a lavorare in banca mentre io ho continuato da solista». «Quando parecchi anni fa presi in mano la chitarra tutti i suonatori dell'epoca mi indicarono Antonio Tacchinardi e avevano ragione – ricorda anche Silvio Negroni – . È stato il riferimento fondamentale per quella generazione».
Con i back to the beatles
Nel 1983 il ritorno sulle scene del chitarrista con i Back to the Beatles. «E’ sempre stato considerato un mito – spiega Furio Sollazzi – Ricordo che un pomeriggio stava provando al Si-Re con Le Calamite. Io ero molto giovane ma riuscii a intrufolarmi nel locale per sentirli suonare. Mancava il batterista e mi chiesero di fare qualche pezzo con loro. Alla fine Antonio mi salutò dicendo: “Ma sai che suoni bene?”. Quel complimento, fatto da uno come lui, mi fece sentire un gigante».