Il pregiudizio era alto quando mi sono messo in testa di guardare Prey, l’ennesimo capitolo della saga di Predator, approdato su Disney+ proprio in questi giorni d’agosto insieme ai diversi film nati dopo l’action di McTiernan del 1987. L’approccio è difficile per chi è cresciuto con quel monolite inscalfibile, quasi come il fisico perfetto del protagonista Schwarzenegger.

Invece Prey è stato una sorpresa inaspettata, un fulmine a ciel sereno. Senza esagerare: è il miglior film della serie dedicata a Predator dopo l’originale con Swarzy. Non ci credete? Guadare per credere. 

Siamo finalmente in tempi in cui le eroine trovano spazio in qualsiasi contesto filmico. Sherlock Holmes ha la sua controparte in Enola, Mad Max ho incontrato lungo il cammino Furiosa e potremmo proseguire così per un bel po’. Anche qui c’è un’eroina e si chiama Naru.

Naru (Amber Midthunder) è una giovanissima e coraggiosa comanche che ha il sogno di diventare una guerriera e vuole dimostrare la sua abilità ai maschi della tribù ( e al fratello maggiore, in particolare) perché non la considerano all'altezza. Come? Trovando la preda da cacciare e sconfiggere. È una specie di Merida (ve lo ricordate Ribelle della Pixar?) che sa usare arco, frecce e asce. 

Insieme al suo fidato cane, l’aspirante guerriera va alla ricerca del leone nelle praterie americane. Ma in quelle radure la comanche nota dei segni mai visti, delle orme che non appartengono ai consueti animali del luogo. Le sue parole però non vengono ascoltate dai cacciatori (dall'alba dei tempi, vedi Cassandra, gli avvertimenti delle donne sono troppo spesso sottovalutati).

PREY

Foto courtesy of 20th Century Studios.
Courtesy of 20th Century Studios.

Da quel momento Naru va alla ricerca di qualcosa di sconosciuto. Da sola. 
D’improvviso si trova di fronte all’alieno che ormai tutti conosciamo, anche se qui siamo nel Settecento, molto prima del contesto in cui si svolge il film originale. Il predatore extraterrestre non è cambiato nelle sembianze (c’è un elemento estetico diverso che noterete a prima vista), nell’abilità di camuffarsi e nei suoi obiettivi: collezionare teschi umani.

Prey segue il ritmo del suo capostipite: non è bulimico nel mostrare allo spettatore le mosse dell’alieno o la sua crudezza. Lo fa lentamente, prima studiando il campo di caccia seguendo Naru sul terreno che diventerà presto il luogo dello scontro, proprio come accadeva nel film del 1987. Il regista Dan Trachtenberg punta più sulla suspense che sulle scene action, e privilegia il punto di vista della ragazza soffermandosi sul suo sguardo attento verso la preda da studiare, prima che da attaccare.

L’abilità di Naru, la velocità, l’intelligenza e la conoscenza (SPOILER farà la differenza un fiore giallo dai connotati speciali FINE SPOILER) caratterizzano lo scontro rispetto al machismo del Maggiore Dutch del primo capitolo della saga. 

PREY

Amber Midthunder nei panni di Naru. (Foto courtesy of 20th Century Studios)
Courtesy of 20th Century Studios.

Un altro aspetto che ci ha sorpreso è la crudeltà dell’alieno che non si risparmia in carneficine. Ci sono momenti forti. Su Disney+ scorre un po’ di sangue, finalmente. Che la piattaforma voglia occuparsi anche di un pubblico diverso dai giovanissimi? Ben venga. Se la strada è questa, la prossima volta può osare anche di più. 

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