“Come le lumache”, al Festival del cinema di Venezia il primo film triestino interamente girato in Val Rosandra

TRIESTE Fantasmi si aggirano tra i boschi della Val Rosandra. Sono quelli adolescenti del cortometraggio “Come le lumache” della regista triestina Margherita Panizon, che il 2 settembre passerà in concorso alla Settimana della Critica alla Mostra di Venezia gareggiando con un altro titolo legato al territorio, “Puiet” di Lorenzo Fabbro, cresciuto in provincia di Udine ma triestino d’adozione, che per un fortunato incrocio di talenti nel film di Panizon è anche aiuto regista.

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“Come le lumache” è un piccolo e potente spaccato adolescenziale in cui Simone, un ragazzino tredicenne ancora insicuro di sé, incontra proprio in Val Rosandra Saiyd, il fantasma di un migrante quindicenne, uno dei tanti che ha perso la vita cercando di entrare in Italia e che, anche nel nostro Carso, non ha lasciato che una traccia, una scarpa, un maglietta sperduta tra il fogliame.

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“Come le lumache” «è il primo film interamente girato in Val Rosandra dalla nascita della FVG Film Commission - spiega la produttrice Sarah Pennacchi, della società triestina Tico Film - ed è stato un set green: la troupe si è spostata a piedi per la logistica difficile del luogo ma anche per restare in armonia con la natura».

La Val Rosandra è parte fondamentale del racconto: «Da piccola, i miei mi ci portavano sempre: è un posto onirico legato alla mia infanzia», dice la regista. «Abbiamo girato senza luci, con la macchina a spalla: è una location abbastanza impervia».

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Qui, come in altri suoi lavori, Margherita Panizon lavora sul concetto di solitudine: «Simone, che balla nascosto nel bosco, non è sicuro della propria sessualità, è in una fase di crescita. Non vuole farsi vedere, è “un fantasma” che però dà nell’occhio, perché è diverso dagli altri. Automaticamente ho pensato chi sono gli altri fantasmi della società, quelli che invece vogliono farsi vedere e chiedono di essere accolti: i migranti. Ho pensato quindi di far incontrare due adolescenti che, pur venendo da percorsi diversi, finiscono per aiutarsi».

La storia, spiega la regista, attinge anche dal suo vissuto, «dalla mia paura del giudizio e di come gestire la solitudine. C’entra anche la mia omosessualità, che vivo con grande libertà, ma è una tematica che mi sta a cuore».

Dopo aver frequentato il liceo linguistico al Dante e studiato cinema e teatro in Inghilterra, Panizon ha lavorato nel documentario: “Come le lumache” è il suo primo film di finzione. «Il finale doveva essere un altro, era prevista una giostra - racconta -. L’avevamo trovata alla sagra di Invillino, vicino a Tolmezzo. Ma durante le riprese ha iniziato a piovere a dirotto e ho dovuto inventare un finale alternativo gestendo la realtà: non ce l’avrei fatta senza l’esperienza nel documentario».

«La selezione alla Settimana della Critica è una grande soddisfazione che riconosce il nostro coraggio, come piccola casa di produzione, di aver puntato su un esordio, pur rischiando molto», dice Sarah Pennacchi, già produttrice a Trieste del film “Babylon Sisters” di Gigi Roccati e di “La città che cura” di Erika Rossi. Sarah è di origine triestina da parte della nonna paterna e, dal 2007, ha trasferito la società da Roma a Trieste, dove vive stabilmente da cinque anni con la famiglia. «Non ci siamo mai pentiti: Tico Film ha tra i suoi obiettivi raccontare anche la realtà locale, ma con un occhio universale. Abbiamo trovato l’apporto fondamentale del sistema cinema regionale, del Fondo per l’Audiovisivo e della FVG Film Commission, che hanno saputo puntare sulla formazione ma anche diventare un punto di riferimento internazionale che permette a noi produttori e alle maestranze del territorio di crescere al di là della regione. La troupe di “Come le lumache” è composta al 95% di professionisti regionali, e siamo arrivati a Venezia».

Panizon, intanto, sta per esordire nel lungometraggio con “Lo sconsegnato”: «È ambientato sull’isola dell’Asinara, negli anni ’70, e anche questo indaga la tematica della solitudine - anticipa la regista -. Parla di un detenuto che ha una relazione molto particolare col suo asino, ma non si tratterà di un film carcerario».