Inflazione record in Europa, ma per gli analisti si vedono i primi segnali di rallentamento
Tuttavia le tensioni geopolitiche e la relativa incertezza energetica rendono difficile fare previsioni
La galoppata dell’inflazione è sotto i riflettori degli operatori di mercato. I valori hanno toccato livelli record ma nel frattempo arrivano i primi segnali che indicano che il picco potrebbe essere stato raggiunto. Questa mattina Eurostat ha rivelato che l'inflazione della zona euro ha registrato un nuovo primato del +8,9% su base annua nel mese di luglio (+0,1% su base mensile). Si tratta del tasso più elevato da quando è stata introdotta la moneta unica. Se a luglio l’Europa ha accelerato al rialzo, nello stesso periodo gli Usa hanno invece visto un rallentamento del proprio tasso d’inflazione che è salito dell’8,5% sull'anno (-0,02% su base mensile), dopo il +9,1% precedente.
I forti rialzi dei prezzi al consumo sono alle spalle? Le tensioni geopolitiche e la relativa incertezza energetica rendono difficile fare previsioni. Tuttavia gli analisti azzardano un possibile rallentamento all’orizzonte. «Ci sono molti segnali che indicano che l’inflazione ha raggiunto il suo picco, come il calo dei prezzi della benzina da metà giugno, del grano, del mais e di altre materie prime da metà maggio» afferma Diana Wagner, gestore di portafoglio azionario di Capital Group.
Anche le quotazioni di importanti materie prime industriali è in discesa. E’ il caso di quelle del rame, dell’acciaio e dello zinco. Anche il petrolio ha fatto marcia indietro con i prezzi del Wti che sono tornati in area 90 dollari al barile, sui livelli di fine febbraio.
«A meno che non si verifichi un altro forte aumento globale dei prezzi delle materie prime o un’altra grave interruzione della supply chain globale nei prossimi mesi, è probabile che assisteremo al picco dell’inflazione statunitense nella seconda metà del 2022, seguito da un graduale allentamento delle pressioni sia sul livello dell’inflazione sia sui tassi, che potrebbe dare sollievo ai mercati» dice anche Kevin Loome, CFA, Portfolio Manager, U.S. High Yield Bond Strategy, e Ashley Wiersma, Portfolio Specialist, T. Rowe Price.
Ci sono tuttavia molti aspetti da considerare. «A più lungo termine, vediamo crescere i rischi di deglobalizzazione e di frammentazione dei mercati dei capitali – dice Carol Liao, China Economist e Allison Boxer, US Economist di Pimco -. Il peso della Cina nella catena di approvvigionamento globale potrebbe ridursi nel tempo, in quanto il governo statunitense sta cercando di ridurre la dipendenza dell'America dalla massiccia base produttiva cinese per merci, pezzi di ricambio e materiali di ogni tipo». Per l’esperta, queste tendenze potrebbero aumentare le inefficienze economiche e incrementare le pressioni inflazionistiche negli anni a venire.