Ristorante alla Certosa Cantù: il Comune raddoppia l’affitto, bando deserto

il caso

CASTEGGIO. Bando deserto per la gestione del ristorante e del bar al Palazzo Certosa Cantù che oggi ospita l’Hosteria La Cave Cantù di Casteggio dello chef Damiano Dorati, uno dei ristoranti più prestigiosi dell’Oltrepo, ma che rischia di perdere la sua altrettanto prestigiosa sede. Damiano Dorati non ha voluto commentare la sua mancata partecipazione. Resta il fatto che il Comune di Casteggio aveva pubblicato tale bando per «l’affidamento in concessione dei locali di proprietà comunale siti presso il Palazzo Certosa Cantù per l’esercizio di bar e ristorante». Insomma, il luogo fisico che ospita La Cave Cantù.

E resta il fatto che a quel bando non si è presentato nessuno. Nè Damiano Dorati, che appunto ha da anni in gestione il locale, né altri eventuali operatori interessati a gestirci un’attività di bar e ristorazione. E quindi, addio Hosteria? Sarebbe un peccato.

Damiani Dorati è uno chef prestigioso, originario di Varzi, che aveva portato ad altissimi livelli un altro noto ristorante oltrepadano, la Cà Vegia di Salice Terme, dopo aver lavorato in ristoranti stellati in Italia e all’estero. Poi, nel giugno del 2015, insieme alla moglie, aveva deciso di affiancare ai fornelli anche l’imprenditorialità ed era nata La Cave Cantù.

Il suo ristorante, non alla portata di tutte le tasche ma di grande qualità, aggiungeva ai piatti un luogo di assoluto fascino come Palazzo Certosa Cantù, il suo spazio esterno, la possibilità di ospitare eventi musicali e culturali. Insomma, un gioiello nel territorio di Casteggio. Perché rinunciare, allora? Perché non partecipare al bando del Comune (gestione per sei anni, rinnovabile altri sei)?

Questione di costi

Ci saranno diverse motivazioni, immaginiamo, ma una potrebbe essere il raddoppio dei costi di affitto. Il Comune di Casteggio, infatti, chiede un affitto di 2mila euro mensili, il doppio rispetto alla precedente gestione che, ci ha confermato il sindaco Lorenzo Vigo, «era intorno ai mille euro».

Perché l’aumento? Sta succedendo in tutte le amministrazioni pubbliche: per dare in gestione un bene non basta più indicare genericamente una cifra che si ritiene congrua secondo un ragionamento spesso anche di politica amministrativa. No, bisogna avere indicazioni precise sui valori, sulle indagini di mercato. Indagini che spesso non corrispondono, poi, alle situazioni concrete: «È esattamente così – ci dice il sindaco Vigo –, posso anche immaginare che i 24mila euro di affitto annuali siano troppi, che pesino specialmente con un generale aumento dei costi di riscaldamento e di gestione. Ma noi dobbiamo rispettare la legge: il bando è stato costruito su una valutazione di mercato e su quella, ossia i 2mila euro mensili richiesti, abbiamo costruito la delibera. È un peccato che nessuno abbia partecipato, perché la presenza di un ristorante, per di più di prestigio, dà valore alla nostra struttura, alle varie iniziative».

E di fronte al bando deserto, la giunta Vigo sta ragionando sull’unica soluzione possibile: predisporre un secondo bando, con cifre diverse, ovviamente inferiori, per attirare l’interesse degli operatori, Damiano Dorati in primis. In giunta, probabilmente, se ne discuterà. —

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