Femminicidio di Bologna, la famiglia di Alessandra: “Denunceremo gli haters”
La cugina della vittima, Sonia Bartolini, oltre che parente della vittima è anche avvocato: «Bisogna capire per quale ragione la procura abbia rimandato alla fine di questo mese la raccolta di ulteriori elementi probatori per arrivare eventualmente a un provvedimento restrittivo»
BOLOGNA. «Alessandra era una bella persona, forse è stata proprio questa bontà che non le ha permesso di vedere il diavolo che aveva davanti. E quando se ne è accorta ed è andata a fare la querela, era tardi»: Sonia Bartolini, avvocato a Pavullo, nel Frignano, è la cugina di Alessandra Matteuzzi, la donna di 56 anni uccisa martedì sera sotto casa a Bologna dal 27enne ex compagno Giovanni Padovani, ora in carcere con l'accusa di omicidio aggravato dallo stalking.
Mentre la famiglia affronta il lutto «divorata dai sensi di colpa» e annuncia di voler denunciare gli hater che su internet hanno additato l'immagine che la vittima dava di se sui social, come parte della responsabilità di quanto accaduto, Sonia non si dà pace. Vuole raccontare chi era veramente Alessandra, vittima di quello che lei definisce «un amore malato». Nell'ultimo anno e mezzo era arrivata la crisi di «una donna che non aveva figli, che ha dedicato la vita al lavoro, alla moda, che anche per questo si presentava in maniera particolare e ammiccante sui social, ma le cui caratteristiche di serietà, generosità non sono mai venute meno».
Proprio le foto quasi quotidiane che pubblicava sui suoi account, mostrando un fisico ancora giovanile, hanno scatenato una miriade di commenti sessisti contro la vittima, in cui in generale si insinua che siano stati concausa delle gelosie patologiche che subiva dall'ex fidanzato, lo stesso che ha finito per ucciderla. «È inaudito pensare che perché Alessandra indossava un top corto o si fotografava in una posa ammiccante, meritasse che un uomo le spaccasse la testa», ha commentato oggi l'avvocato della famiglia, Chiara Rinaldi, annunciando anche che depositeranno una denuncia contro gli haters in rete.
Anche per questa situazione, la sorella Stefania, i nipoti di Alessandra e gli altri famigliari stanno vivendo quella che la psicologa Elisabetta Scalandra che li assiste ha definito: «uno tsunami emotivo, in cui tutti, ma Stefania per prima, stanno cercando un modo per sopravvivere. Com'è normale in questi casi, oltre al dolore, c'è anche un forte senso di colpa che li rode».
«Mia cugina - racconta Sonia - era una persona intelligentissima, una donna con un carattere molto forte, che nella sua vita ha sempre aiutato tutti quelli che doveva aiutare, di una generosità estrema:
questa caratteristica si è resa più labile gli ultimi due anni, in seguito alla malattia del padre che lei ha sempre curato come un bambino, e poi della madre, che si è ammalata gravemente di Alzheimer e ha curato come una bambina tenendola in casa finché ha potuto».
Padovani, «per saltare gli allenamenti ed essere espulso dalla squadra, voleva dire che era andato completamente fuori, forse aveva saputo anche della denuncia», si domanda Sonia Bartolini, attiva anche nell'associazione «Donne e Giustizia» di Pavullo. Ai poliziotti che lo hanno arrestato in flagrante, l'indagato ha anche detto di aver portato da casa il martello che ha usato per aggredire Sandra, per difendersi dalla sorella Stefania e dal Marito, che lo avrebbero «minacciato, anche usando un crick da automobile». «Anche questa è una calunnia - ha continuato l'avvocato Rinaldi - e stiamo lavorando a una contro denuncia per diffamazione».
Riguardo alla denuncia per stalking che la vittima aveva sporto il 29 luglio contro il suo assassino, la cugina Sonia Bartolini ha commentato: «Ho letto la querela e ho un pensiero molto differente da alcuni colleghi: quando una persona mi chiede una consulenza ed è vittima di moleste persecutorie non faccio mai andare questa persona da sola dai carabinieri a sporgere la querela: il rischio, quando ci si rivolge direttamente ai carabinieri, è che poi i tempi si dilatino ma soprattutto che lo stalker possa sapere che tu vai in caserma, capire che lo stai denunciando. E così si scatena tutta la parte diabolica dell'orco». Da questo punto di vista la cugina di Alessandra, dice: «Mi sento di prendere le distanze da come sono state gestite le cose: ora bisogna capire per quale ragione la procura abbia inteso rimandare alla fine di questo mese la raccolta di ulteriori elementi probatori per poi arrivare eventualmente a adottare un provvedimento restrittivo. O questa querela non era stata confezionata secondo i canoni del codice rosso, tale per cui scatta immediatamente un provvedimento restrittivo - prosegue Bartolini - oppure ci sono stati dei ritardi nella raccolta dei mezzi istruttori ed è quello che dovranno accertare ora gli ispettori».
“Nel lavoro aveva grosse soddisfazioni ed era molto stimata”
Oggi, pensando a Sandra, restano il dolore e il ricordo. «Lavorava per una società che distribuisce marche medio-alte di moda, e aveva tantissime clienti. Una persona molto seria, dedita al lavoro, dove peraltro aveva anche grosse soddisfazioni, vendeva tantissimo, anche con il suo modo di vestire, di apparire, di proporre il suo prodotto: aveva veramente successo e riscontro nei negozi in cui andava a presentarsi.
Io stessa quando andavo nei negozi, mi sentivo dire: “Ho visto tua cugina, è sempre di una bellezza” e poi si presenta con delle cose che non puoi non comprare». Una «bella persona - insiste Sonia Bartolini - che nella vita ha dedicato forse troppo ai genitori trascurando se stessa, arrivando nel momento in cui i genitori sono venuti meno - anche se la mamma è ancora viva - a perdere le fondamenta del suo carattere e le sue caratteristiche»".
“Nell’ultimo anno e mezzo era cambiata”
Nell'ultimo anno e mezzo non era completamente Sandra, riferisce la
cugina: «C'era stata una crisi, si era isolata tanto, io l'avevo sentita la settimana scorsa e l'avevo sgridata perché era dimagrita troppo, era sotto i 50 chili ed era alta 1,73. E poi anche la vergogna, perché lei provava vergogna di essere caduta in questa storia. Proprio perché era una persona intelligente, aveva consapevolezza di sbagliare.
Probabilmente - ragiona la cugina, che non si dà pace per questa tragedia - la solitudine ci porta ad essere confuse».
Sonia esclude qualsiasi leggerezza da parte di Alessandra: «Pensare che lei fosse la donna che aveva delle storie con giovani, o che aveva più storie, questo assolutamente lo escludiamo. Non era così. Anzi. Ha rifiutato tante volte delle storie perché in lei doveva scattare qualcosa o comunque lei voleva storie serie, non avventure, non era mai stata una persona di questo tipo: esattamente il contrario di certi commenti che ho letto su di lei, che nascono un po' dall'immagine che postava, sempre con dei filtri e le labbra in evidenza». «L'avevo rimproverata - ricorda infine la cugina dicendole che doveva pensare a se stessa, trovare le cose che la facevano stare bene e cercare soprattutto di mangiare un pochino di più. Era molto sofferente».
Adesso che è avviata l'inchiesta sulla morte di Alessandra, bisognerà capire cosa è successo veramente dopo la denuncia per stalking presentata dalla donna lo scorso 29 luglio nei confronti di Giovanni
Padovani: pretendeva tra l’altro il suo controllo chiedendo un video ogni 10 minuti ma era passato di recente anche a versarle dello zucchero nel serbatoio della macchina per non farla partire, fino a sottrarle le chiavi o tagliarle i fili della luce per intimorirla. «Non c'è stata nessuna disposizione e poi c'è un vuoto sicuramente tra il 29 luglio e il 22 agosto che secondo me dovrà essere ricostruito. Bisogna capire in quei giorni cosa è successo».