Jannuzzelli: “Io e il mio amico Mikhail Gorbaciov a Montesegale nel 2002”
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L’industriale lo ospitò al castello: “Il mio primo incontro con lui quando era ancora al potere. Lo ricordo come uomo di pace e favorevole al libero mercato”
«Il mio amico Mikhail Gorbaciov è stato un uomo di pace. Era anche favorevole al libero mercato. Quando in Occidente capirono che il suo scopo era traghettare l’intera Unione Sovietica in Europa, con la sua immensa platea di potenziali consumatori, cominciarono a boicottarlo. Perchè temevano che sarebbe diventato potentissimo».
Ruggero Jannuzzelli, l’industriale oggi 87enne già a capo del gruppo Camuzzi, tratteggia così la figura dell’ultimo leader dell’Urss. Il 6 luglio 2002 lo ospitò nel suo castello di Montesegale, gioiello medievale sulla cima di un poggio, pazientemente restaurato, da cui si gode una vista magnifica dell’Oltrepo. Con il padre della perestrojka e della glasnost, c’era Vadim Zagladin, suo consigliere alla sicurezza ai tempi dell’Urss. Fu un sabato d’estate tra brindisi (i figli di Jannuzzelli, Ruggero Massimo, Lucrezia e Roberta, gli fecero dono di vino e aceto dell’azienda di casa, oltre che di una litografia del maniero firmata da Guido Razzi) e conversazioni dedicate alla politica e agli affari (l’Enel, in cui era entrata una parte di Camuzzi, aveva appena firmato un accordo con Gazprom, il colosso del gas siberiano, oggi come venti anni fa al centro delle discussioni).
Jannuzzelli, lei e MikhailGorbaciov come vi siete conosciuti?
«Mi venne presentato una sera a Mosca da amici comuni, quando era ancora al potere. Anni dopo, quando mi avvertì che sarebbe venuto in Italia (per preparare il Summit mondiale della pace, in programma nell’autunno a Roma e apparire da guest star in una puntata di «Sanremo Estate» condotta da Pippo Baudo), lo invitai a Montesegale».
Come lo ricorda, umanamente?
«Molto disponibile e buono, devoto al suo paese».
Vi siete rivisti in Russia dopo quel primo incontro?
«Lo rincontrai un’altra volta, quando l’Unione Sovietica non esisteva più. Mi confidò che Eltsin (il presidente russo tra gli artefici della fine dell’Urss) voleva farlo arrestare e fare del male alla sua famiglia».
Era legatissimo alla moglie Raissa.
«Sì, formavano una coppia in perfetta simbiosi. Quando Raissa se ne andò, temetti che sarebbe morto anche lui. Era completamente distrutto».
Vi siete sentiti di recente?
«Non molto tempo fa. Mi ha spiegato di essere contrario alla guerra contro l’Ucraina, aggiungendo però che a causa delle sue pessime condizioni di salute non se la sentiva di esprimere una posizione pubblica contro il conflitto».
Quand’era capo del Cremlino, sembrava un leader molto più amato in Occidente che in Russia.
«Le folle occidentali lo osannavano ovunque, i governi quando hanno capito che finita la transizione dal comunismo post-stalinista a un sistema democratico e di libero mercato, hanno cominciato a sabotarlo».
Lo temevano?
«Mi consenta di citare una sua definizione: “Oggi la guerra non si fa con i fucili, ma con i consumatori”. Il significato è che più uno Stato ha consumatori, più diventa potente. Provi a immaginare l’impatto dell’ex Urss con decine di milioni di consumatori sull’Europa. Hanno deciso di fermarlo a ogni costo».