Addio a Giovanni Fabrizio, la fotografia era arte: ha messo a fuoco la storia di Sacile e della Zanussi
Con la sua Leica ha messo a fuoco la storia di Sacile e con l’obiettivo della Sinar l’industria pordenonese: Giovanni Fabrizio è mancato a 88 anni dopo una lunga malattia.
Era il mago dell’immagine per l’ex Zanussi negli anni d’oro, per i giorni drammatici del terremoto nel 1976, poi nelle collaborazioni alla Casa dello studente a Pordenone, al Messaggero Veneto e per foto sportive.
«Mio padre era figlio d’arte di Francesco – racconta commosso il figlio Filippo – nel negozio di fotografia in via Gasparotto. È stato chiuso per la pensione una dozzina di anni fa e l’archivio è ricco di foto storiche: Gorbaciov e Papa Wojtyla, in visita all’allora Zanussi.
Collaborava con Fulvio Roiter e Elio Ciol, instancabile fino a qualche anno fa. Mi ha insegnato a cogliere la bellezza: amava gli “scatti” del paesaggio e sportivi».
Un punto di riferimento professionale: Gianni – come lo chiamavano tutti – riusciva sempre a “fissare” nelle immagini la gente, i fatti. «Una concorrenza leale con i fratelli Missinato – ricorda Filippo Fabrizio –: il negozio in via Gasparotto era stato aperto negli anni Venti del secolo scorso.
A 15 anni mio padre ha cominciato il tirocinio professionale e le sue foto “raccontano” la storia di Pordenone, dello sport locale e di incontri importanti».
L’omaggio di Sacile nel 2013 alla sua arte era stato nelle contrade del Duomo, in centro città: in mostra con le foto di Giulio Poletti e Bepi Missinato. Un viaggio nella memoria nella storica strada che ha visto all’opera due maestri dell’obiettivo: con le inquadrature industriali di Fabrizio e quello stile speciale, prima dell’era degli “scatti” al cellulare.
Un “focus” liventino e lo sguardo aperto a sempre nuovi racconti: Fabrizio ha sperimentato un’arte in evoluzione e la dedica è arrivata qualche anno dopo anche nelle sale dell’Immaginario Gallery nell’antologica dei fotografi sacilesi dal XIX secolo al Terzo millennio, da Poletti a Mattia Balsamini.
«Non ho seguito le orme professionali di mio padre – confessa il figlio Filippo –, ma la sua eredità è grande, anche per le nipoti. Ci ha trasmesso e insegnato ad amare la visione della realtà per immagini e il suo archivio è un tesoro storico».
Gianni Fabrizio era un professionista schivo, leale, simpatico e indimenticabile: lascia la moglie Daniela con la famiglia, la comunità dei fotoreporter liventini e tutti gli amici. L’ultimo saluto, nel Duomo cittadino, lunedì 5 settembre, alle 15.30.