È un ritorno titanico, quello di Darren Aronofsky alla Mostra del Cinema di Venezia con The Whale. In tutti i sensi. Leone d’Oro 2008 con The Wrestler, arriva con Brendan Fraser a presentare in anteprima mondiale il suo nuovo, atteso progetto. «Grazie per l’accoglienza calorosa – dice Fraser ai giornalisti che lo applaudono a lungo all’incontro stampa – Spero solo che questo film possa conquistare i cuori di chi lo guarda, tanto quanto ha conquistato il mio». 

Ci sono voluti dieci anni per realizzarlo, e due per il casting: «Con Fraser siamo vicini di casa a New York  - racconta Aronofsky – e dopo averlo visto in un film low budget l’ho proposto per il ruolo da protagonista: già al primo reading ci ha fatto venire i brividi a tutti». È semplicemente perfetto nei panni dell’extralarge Charlie con il debole per Moby Dick (o meglio, per un tema al riguardo). Il suo personaggio è un professore online di rara empatia, che a causa di una forma grave di obesità non riesce più neanche a muoversi. Goffo, impacciato, legge le tesine dei suoi studenti con passione e usa il cibo – che divora in quantità – per riempire il vuoto di un’esistenza segnata da un lutto importante. Quello dell'uomo di cui è stato perdutamente innamorato e per cui ha lasciato moglie e figlia. La prima la interpreta Samantha Morton, la seconda – un concentrato di impertinenza, rabbia e tormento adolescenziale – Sadie Sink di Stranger Things. A completare il cast c’è Hong Chau nei panni del personaggio più divertente: la caustica Liz che fa da confidente e infermiera a Charlie e si prende ogni giorno cura di lui, senza risparmiarsi battute e battutacce. È l’ironia, e l’intelligenza della scrittura solida di Samuel D. Hunter, che fa di questo dramma di un padre morente un film assolutamente godibile per tutti, con punte di umorismo dissacrante sui più diversi temi, dalla religione fino all’obesità. Nessuna traccia di retorica, ogni personaggio è approfondito quanto basta a restituirne una versione tridimensionale e rimanere impresso, senza l'ombra di un giudizio: «È una storia di lente rivelazioni, in cui ogni giudizio è volutamente sospeso – spiega Aronofsky - Tutti i personaggi del film sono a vario titolo giudicabili, ma nessuno è giudicato perché, per dirla con il protagonista, non si può giudicare un libro dalla copertina»

Girandolo in un unico ambiente e nell’unico tempo di oggi – salvo un flashback importante -, Darren Aronofsky firma un film grandioso sul passare del tempo e sul peso delle scelte, sulla paternità e sulla malattia, sull'amore e sull'assumersi le responsabilità dei propri errori, riuscendo a restituire magistralmente la complessità di abitare un corpo fuorimisura. Lo "indossa" un uomo carico di luce interiore: di lui resta la passione per la letteratura, l’amore per la figlia, l’ottimismo e l'incrollabile fiducia nel prossimo, che lo stesso Brendan Fraser ci tiene a sottolineare: «La mia battuta preferita del film è che nessuno è incapace di amare: dobbiamo aggrapparci all’amore gli uni con gli altri». 

Resta, infine, un messaggio che Charlie scrive in stampatello, ai suoi studenti come agli spettatori: “Fanculo le tesine (…) dovete scrivere solo cose SINCERE”. Ecco la qualità primaria di un ottimo film come The Whale, la sincerità.

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