Quali sono le nostre reazioni di fronte alla possibilità di un’apocalisse imminente? Siccità, il nuovo film di Paolo Virzì ne mostra alcune, diverse ma legate, alla fine, dalla stessa ricerca di redenzione, dalla stessa speranza nell’umanità.

Presentato al festival del cinema di Venezia e in uscita nelle sale il 29 settembre, il film Siccità ci porta in una Roma completamente a secco. Non piove da tre anni, il Tevere è una distesa di ghiaia e rifiuti da cui riemergono reperti archeologici, la fornitura di acqua potabile è razionata (ma esiste un mercato nero e i ricchi festeggiano serenamente a champagne e acqua minerale e continuano a nuotare in piscina) e la città è invasa dagli scarafaggi che passeggiano a frotte anche nelle case eleganti.

In questo scenario da fine del mondo si diffonde, a un certo punto, una malattia sconosciuta che causa sonnolenza, febbre alta e, in alcuni casi, persino la morte.

Tantissimi i personaggi della storia, così tanti che la lista che segue non sarà per forza di cose completa. Silvio Orlando è Antonio, un detenuto di Rebibbia che diventa casualmente protagonista di un’evasione e si ritrova a vagare in città convinto che esistano ancora i telefoni a gettone. Loris (Valerio Mastandrea) era un autista di auto blu che adesso fa il driver in proprio: per colpa dei turni massacranti è sempre sul punto di addormentarsi al volante e, quando è solo, immagina di parlare con i fantasmi dei suoi genitori e con quello di un politico che è chiaramente l’alter ego di Matteo Renzi.

Claudia Pandolfi è Sara, un medico, un tempo sposata con Loris, dal quale ha avuto una figlia adolescente, si è creata una nuova vita (infelice) con Luca (Vinicio Marchioni), un avvocato con il debole per il sexting che ha tra i suoi clienti Jacolucci (Max Tortora), commerciante finito in bancarotta cui non è rimasto altro che l’auto in cui vive con il suo cane. 

Sempre in ospedale lavora anche l’infermiera Giulia (Sara Serraiocco), incinta del compagno Valerio, un ex personal trainer diventato guardia del corpo (Gabriel Montesi). E ancora: Monica Bellucci interpreta la sua alter ego Valentina, attrice famosa e bellissima che “seduce” il professor Del Vecchio (Diego Ribon), esperto di idrologia. Infine, nel senso che ci fermiamo qui, Tommaso Ragno, nella parte di Alfredo, attore vanesio che pensa di riscattare la sua scarsa fama diventando influencer sui social.

Un cast gigantesco presente quasi al completo a Venezia, insieme a Paolo Giordano, coautore con Virzì del soggetto e a Francesco Piccolo, che ha firmato la sceneggiatura con Francesca Archibugi.

«Abbiamo cominciato a parlare del film nel marzo 2020», racconta Virzì. «Eravamo nel mezzo della pandemia. Tutti ci domandavano se saremmo di nuovo andati al cinema e se gli attori si sarebbero ancora baciati sullo schermo. Alla sera incontravamo gli amici e i familiari nelle dirette Facebook e ascoltavamo gli esperti in Tv per cercare di capire il nostro destino. Io, poi, leggevo con apprensione gli articoli di Paolo Giordano sul Corriere della sera. Siccità nasce dal desiderio di rendere quel tipo di atmosfera senza parlare di Covid». Prosegue: «Non poteva che essere una storia collettiva, con tanti personaggi e destini che, poi, abbiamo fatto incrociare. Credo che se c’è una salvezza per il genere umano la troveremo nella capacità di riconnetterci gli uni agli altri. Siccità è un film apocalittico che contiene tanta speranza».

Anche Paolo Giordano spiega la necessità di una storia popolata da così tanti personaggi: «Cercavamo un affresco da commedia umana, che raccontasse zone diverse di Roma, ambienti sociali differenti, tante generazioni, dai nonni ai nipoti. Volevamo mostrare un'emergenza che, da una parte, aveva un effetto livellante, perché riguardava tutti, dall'altra, esasperava le iniquità sociali».

Monica Bellucci (che ha scatenato l’isteria dei fotografi al Lido) spiega di aver accettato il ruolo di Valentina, «perché volevo lavorare di nuovo con Paolo dopo N (Io e Napoleone). E perché mi divertiva questo personaggio. Valentina è un diavoletto che, a differenza di tutti gli altri, non cerca e non desidera nessuna redenzione. Il suo punto di vista è: ‘Se dobbiamo morire meglio farlo da ubriachi’».

Silvio Orlando, con il suo Antonio, una delle migliori interpretazioni nel film, spiega che, secondo lui un titolo ancora più appropriato per il film sarebbe stato «Sete, perché è di quello che parla, la sete delle persone di tornare a una vita normale, di relazioni, di cose semplici».

Nelle intenzioni del regista e dei produttori, Siccità dovrebbe rappresentare l’inizio di un vero ritorno del pubblico nelle sale dopo quasi tre anni di crisi. «Io non credo che la gente non abbia voglia di andare al cinema», dice Mastandrea. «Il problema è che dovrebbero trovare le sale aperte».

Sui titoli di coda, Virzì ha creato una sorta di passerella finale di tutti i protagonisti accompagnata dalla canzone di Mina Mi sei scoppiato dentro al cuore: «Un modo per dar voce all’insopprimibile desiderio collettivo di consolazione e di amore».  

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