La semplice lotta all'evasione che non si fa
A volte le notizie di cronaca, quelle che sui quotidiani sono confinate su una colonna nel cosiddetto «taglio basso», forniscono uno spunto di riflessione meraviglioso. Quella che segue l’ho letta su un giornale locale: una donna di 40 anni che viveva in un campo rom e percepiva il reddito di cittadinanza era intestataria di ben 74 autovetture, tra le quali anche veicoli di lusso come Maserati, Audi e Mercedes. Alla signora i militari della Guardia di finanza, tuttavia, non sono arrivati mettendo a confronto il reddito dichiarato per ottenere il sussidio con il numero di auto possedute, ma attraverso controlli sui percettori della misura introdotta dal governo Conte. In altre parole, inseguendo una possibile truffa all’Inps, le fiamme gialle hanno scoperto una truffa più grande. Oltre all’assegno indebitamente incassato, ci sarebbe infatti un gigantesco giro di evasione fiscale e forse anche un sistema per lucrare sugli indennizzi delle assicurazioni, con sinistri mai avvenuti. Le indagini ci diranno chi e come ha organizzato la frode, ma ciò che difficilmente saranno in grado di spiegare è come sia possibile che una persona senza un lavoro stabile, che vive in un campo nomadi, riesca a intestarsi vetture che costano anche 100 mila euro l’una. Da anni ci raccontano che grazie ai controlli incrociati si è in grado di stanare gli evasori e, per effetto dei pagamenti elettronici, ormai nulla sfugge al Fisco. Ma se tutto ciò è vero, come può essere che una donna di 40 anni costretta a chiedere il reddito di cittadinanza sia proprietaria di 74 automobili?
Evidentemente, la lotta all’evasione fiscale non è così serrata come si vorrebbe far credere, perché con i sistemi oggi a nostra disposizione dovrebbe bastare un algoritmo per verificare le cosiddette situazioni anomale, scovando chi ha proprietà ma non ha alcun introito. In Italia, più di un milione di contribuenti dichiara di non avere reddito e in molti casi di averne uno negativo, cioè di sopportare solo i costi, ma nessun ricavo. Già questa è una notizia che dovrebbe far strabuzzare gli occhi, perché l’idea che un milione di persone non abbia alcun mezzo di sostentamento, ma presenti una dichiarazione dei redditi dovrebbe meritare approfondimento, e invece ogni anno il fatto scivola via come se niente fosse. Ancora più incredibile è il dato che riguarda i contribuenti che percepiscono 7.500 euro lordi l’anno, ossia all’incirca 600 euro lordi al mese: oltre 9 milioni. Sommando i primi, a zero reddito, e i secondi, con introiti mensili al limite della sopravvivenza, si arriva a 10 milioni e 257 mila italiani. Cioè un sesto degli italiani e un quarto dei contribuenti (i «dichiaranti» nel nostro Paese sono 41 milioni) non ha reddito o ne ha uno che di regola è ritenuto a malapena sufficiente per mangiare e non certo in un ristorante stellato. Ora, non credo serva un genio per comprendere che tra quei 10 milioni di italiani a zero reddito o con introiti che garantiscono solo di far la fame si nascondano degli evasori. I senza fissa dimora di solito non compilano il modello Unico da inviare all’Agenzia delle entrate. Dunque, tra quei 10 milioni ci saranno tante persone che combattono la povertà e la crisi, ma è probabile che ci siano anche tanti furbi.
E qui torniamo alla donna rom che a Vigonza, nel Padovano, viveva in un campo nomadi, ma aveva intestate 74 autovetture, tra cui alcune di lusso. È mai concepibile che il Fisco scopra solo per caso chi vive al di sopra delle possibilità che dichiara? Come dicevo, agli agenti delle tasse abbiamo concesso tutto, anche di frugare nei nostri conti correnti e le banche dati che classificano la nostra vita e le nostre spese sono innumerevoli. Quindi, incrociare i dati e scoprire chi evade e fa una vita da nababbo dovrebbe essere un gioco da ragazzi. Del resto, ci vuole poco a capirlo. Anni fa, quando Mario Monti divenne premier e decise di dare la caccia ai furbi, sguinzagliò le pattuglie della Gdf nelle località di lusso, fermando le auto dei vip. Un’operazione più di facciata che di sostanza. Infatti, in quei giorni mi divertii a fare due conti, scoprendo che in Italia le auto più costose in circolazione erano circa 650 mila. Aggiungendo le barche che non fossero canotti e gli elicotteri o gli aerei privati, si arrivava a circa un milione di mezzi immatricolati. Certo, controllare chi sia il proprietario di centinaia di migliaia di auto, barche e velivoli non è cosa da nulla. Tuttavia, provate a mettere in fila il numero di addetti ai controlli. In Italia ci sono circa 60 mila fiamme gialle a cui si aggiungono poco meno di 40 mila funzionari dell’Agenzia delle entrate. In pratica, un esercito composto da 100 mila uomini. Calcolando che ognuno di questi agenti antitasse dedichi una volta al mese un po’ del suo tempo a controllare un tipo sospettato di non pagare le imposte, per verificare il milione di titolari di beni mobili di lusso basterebbe dunque un anno. In altre parole, per scovare una donna che intasca il reddito di cittadinanza, ma ha 74 vetture, non serviva un’indagine, bastava un controllo a tavolino. Anzi, era sufficiente obbligare il Pra, Pubblico registro automobilistico, a segnalare chiunque si intesti un’auto di lusso e poi verificare se ha i mezzi per comprarsela. Un gioco da ragazzi. Sarà per questo che in Italia non si fa?