Gianni Amelio: “Vorrei fare una serie ma non me la fanno fare. Venezia? Da 3 anni vincono solo le donne, i premi non mi interessano. Godo con la sala piena”
“Non ho mai pensato di vincere il Leone d’Oro 2022. Oggi per farlo devi essere politicamente nella giusta dimensione”. Gianni Amelio è felice. Quasi raggiante. Dopo aver presentato al Festival di Venezia, il suo ultimo film, in Concorso, Il signore delle formiche, ed aver ottenuto importanti riconoscimenti della critica italiana e internazionale, sta accompagnando la sua opera sala per sala, assieme agli interpreti Luigi Lo Cascio e Leonardo Maltese. Una serie di sold out nelle sale dell’Emilia-Romagna, dove ha iniziato il suo tour, che ad inizio settembre e in pieno rilancio post Covid sembrano un miracolo tutto italiano.
Il signore delle formiche ha guadagnato 640mila euro, primo film visto il 15 settembre anche più dei Minions
Io sto molto attento ai numeri anzi forse ne sono ossessionato. Stavolta ho cercato di non esserlo perché so quanto sia diversa la situazione del settembre 2022 rispetto a quella del settembre 2020. Vengo da due grossi successi commerciali, come La tenerezza e Hammamet, ma non ci si può nemmeno minimamente riferire a quei titoli. È cambiato tutto. Cerco di fare mio lavoro che è anche quello di portare i film nelle sale, di fare in modo che le sale ridiventino un luogo religioso in cui si vede un film.
Proprio perché il parametro di un milione in un weekend è impossibile da realizzare, registrarne mezzo a inizio settembre sembra un gran risultato…
Hammamet fece un milione il primo sabato e un milione la prima domenica. Poi alla fine quando scattò il Covid e il lockdown l’incasso totale fu di 7 milioni. La tenerezza ne fece 4 di milioni e uscì in primavera.
Oramai parliamo di “brand” Gianni Amelio…
Oggi però si lavora in una situazione diversa. Qui stasera noi ci sentiamo un po’ pionieri, quelli che spalano la neve, gli apripista.
A Venezia le tabelle dei critici segnavano una media voto per il suo film molto alta, tra i primi cinque del Concorso, però non è arrivato alcun premio. Ci sperava?
Non ci ho mai sperato ma nemmeno per mezzo secondo. Oramai ci sono delle qualità che devi avere al di là del cinema. Se non sei politicamente nella giusta dimensione non vinci. Le vittorie sono lo specchio dei tempi che viviamo. Non è un caso che da tre anni vince un film di una donna, e che da tre anni ci sia in tutti i festival del mondo una presidente di giuria donna. Voglio dire: è tutto giusto, non ho visto il film che ha vinto ma credo davvero che sia di alto livello.
Che fa provoca?
Noi viviamo tempi in cui giustamente le donne rivendicano tutto quello che gli è stato tolto nella storia ed è giusto che dopo decenni di presidenze mascoline arrivino ventenni di presidente femminili e di Leoni d’Oro al femminile. Io un Leone l’ho già vinto nel 1998 con Cosi ridevano. Ho vinto anche una cosina come miglior regia per Lamerica. I premi però non mi emozionano più e forse non mi hanno mai emozionato. Io godo quando vedo la sala piena. Sono stato viziato dal successo che ho avuto negli anni novanta quando riempivo le sale. Il successo inaudito e inaspettato de Ladro di bambini mi ha cambiato la vita”
Cos’è cambiato da allora?
In me niente, nemmeno nel pubblico. Qualcuno ha discusso e cercato di capire qual è l’incasso più alto tra il Ladro di bambini e Hammamet. All’epoca c’erano lire e i sono calcoli complicati. Diciamo che la gioia che provi quando scosti la tenda e vedi la sala piena è unico. E non mi riferisco solo alle sale in Italia, ma nel mondo, in paesi che non hai mai visitato prima, in culture diverse. Ricordo l’esperienza straordinaria vissuta in Australia. Il distributori australiano volle che accompagnassi Il Ladro di Bambini in tour per tutta l’Australia. Una volta un professore di scuola mi fermò e mi disse che dopo aver visto il film diede un tema con una traccia: secondo voi quale sarà il futuro di questi tre personaggi? Mi spedì 24 storie e almeno la metà erano eccezionali.
Cosa manca ad un maestro come Amelio per avere altre soddisfazioni professionali?
Vorrei fare una serie ma non me la fanno fare. Adoro la serialità. Ero appassionato del cinema italiano quando facevano i seguiti. Titoli come Poveri ma belli che venivano seguiti da Belli ma povere. Io correvo in sala. Se ami il personaggio lo vuoi rivedere nel suo sviluppo. Non solo sono pronto a fare una serie, ma la farei non dico gratis ma con molto entusiasmo più che girare un altro film. Vorrei seguire i personaggi per decenni, farli invecchiare. Vorrei raccontare ad esempio il futuro di Ettore (nel film Il signore delle formiche ndr) e vorrei aprire nuovo capitolo su di lui.
Dopo Hammamet con Il signore delle formiche si è tolto molti sassolini politici dalle scarpe…
Non era premeditato, era qualcosa che sentivo. Tutto è uscito naturalmente, persino certe ribellioni che ho avuto, certe insofferenze che non ti portano ad essere diplomatico. Qualche volta nel passato mi sono dovuto trattenere.
Una curiosità: ha poi richiamato il critico con cui ha litigato in conferenza stampa a Venezia?
Rride ndr) “In generale un critico deve dirmi, dimostrandomelo, dove ho sbagliato, e a quel punto ci sto. Ma se qualcuno fa gli interessi del proprio padrone del momento e insulta qualcuno che ha fatto qualcosa di serio, a quel punto tronco i rapporti. Tra un critico e il cineasta dovrebbe esserci un rapporto di vicinanza e di ascolto, in fondo facciamo lo stesso mestiere. Prenda Variety. Scrivono recensioni in maniera così limpida e oggettiva dove non senti l’ego di chi scrive. Magari scrive cose che non fanno piacere, ma è una critica seria e non di parte”.
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