Paul Henreid, l’attore triestino di Casablanca che fuggì dai nazisti seguendo il “noir”

Paolo Lughi

In vista degli 80 anni del “cult movie” per antonomasia, “Casablanca” di Michael Curtiz (che debuttò il 26 novembre 1942 a New York), è giusto ricordare la figura dell’attore Paul Henreid, nato a Trieste nel 1908 (e scomparso a Santa Monica, California, nel 1992), che insieme a Ingrid Bergman e Humphrey Bogart faceva parte del mitico terzetto di protagonisti di quel film leggendario.

Con il nome scritto sui manifesti della Warner con gli stessi caratteri cubitali di Ingrid & Humphrey, Henreid è tuttavia quello dei tre la cui fama si è più appannata nel tempo, incluso il suo personaggio. E la cosa è ben comprensibile se pensiamo al confronto impari in quel film con il romanticismo immortale sprigionato dagli altri due, la malinconia “hard boiled” di Bogart o gli occhi sempre imperlati di lacrime della tormentata Bergman, indecisa se ascoltare il richiamo della passione per Bogey (“È il rombo del cannone o è il mio cuore che batte?”) o quello della coscienza per gli ideali difesi da Henreid.

Quest’ultimo aveva il ruolo - sicuramente più rigido, ma decisivo negli equilibri della storia - di Victor Laszlo, il resistente praghese intrappolato con la moglie (Bergman) nella città marocchina sorvegliata dai nazisti, in cerca delle fatidiche lettere di transito per Lisbona (e da lì per gli Stati Uniti).

Laszlo (i cui ideali erano anche quelli di Henreid) sarebbe anche disposto a sacrificarsi per la causa, ma nel copione di Philip e Julius Epstein (scritto, sembra, giorno per giorno seguendo gli eventi della guerra e senza un finale certo) è proprio lui in definitiva quello dei tre più a suo agio nei caffè e negli insidiosi vicoli di Casablanca. È lui che sfida apertamente i nazisti sempre sfuggendoli, è lui che fa riemergere il passato patriottico di Bogart, è lui che parte alla fine in aereo per Lisbona con la contesissima Bergman.

Sorge il sospetto che Henreid avesse ritrovato, in quella fittizia Casablanca, le atmosfere familiari di un’altra città portuale all’incrocio di interessi bellici: la Trieste asburgica e irredentista della sua gioventù. Quando scatena il coro della “Marsigliese” contro gli ufficiali del Reich che affliggono i clienti del Café Americain di Bogart con la canzone “La guardia sul Reno”, sembra di vederlo in una situazione da Caffè San Marco o Birreria Dreher, quei ritrovi della Trieste multietnica dove, parafrasando Claudio Magris, la storia si è rappresa in grumi distinti e adiacenti, e passare da un tavolo all’altro vuol dire uscire da una nazionalità ed entrare in un’altra.

Henreid aveva vissuto solamente nell’infanzia e adolescenza nella città natia, triestino di lingua tedesca figlio di un banchiere e barone ebreo, con un “von” davanti al cognome. Diplomato a Vienna, dove esordì a teatro con Max Reinhardt, dopo l’ascesa di Hitler rifiutò un contratto con l’Ufa di Berlino perché si sarebbe dovuto iscrivere all’associazione degli attori nazisti. Fuggì e alternò teatro e cinema a Londra e poi a New York e Los Angeles. Ma a dispetto della sua breve permanenza in città, Henreid rappresenta ancora per certi versi un simbolo della “triestinità”, a partire dal mimetismo e dal nomadismo dell’identità di frontiera.

Interprete di classe, molto duttile, Henreid era considerato uno dei principali attori dell’emigrazione europea a Hollywood insieme a Peter Lorre, Bela Lugosi, Hedy Lamarr, Charles Boyer, Greta Garbo. Così anche per la sua partecipazione, “Casablanca” è stato definito “il film di esuli che cambiò la guerra”. Oltre a Henreid e al regista Michael Curtiz (l’ungherese Manó Kertész), quasi tutta la troupe di “Casablanca” era composta da migranti in fuga dal nazismo, da Peter Lorre (il furfante Ugarte) a Conrad Veidt (maggiore Strasser), dall'inglese Claude Rains (capitano Renault) alla svedese Bergman. Accadeva allora che la Warner con i suoi film propagandistici sostenesse il presidente Roosevelt nel convincere l'America a entrare in guerra contro Hitler. E il successo di “Casablanca” contribuì a forzare l'umore non-interventista del Paese ("Scommetto che stanno dormendo tutti, ora a New York", dice Rick/Bogart al mitico pianista Sam alludendo agli isolazionisti). Inoltre la vera Casablanca, prima in mano ai collaborazionisti di Vichy, era stata liberata dagli Alleati mentre la pellicola era in produzione, tanto da indurre la Warner ad anticiparne l'uscita.

Se limitassimo però il ricordo di Henreid al solo “Casablanca”, non renderemmo onore a questo attore versatile e già famoso prima di quel film. Il pubblico infatti aveva appena imparato a stimarlo per l’eleganza con cui sopportava i dispiaceri del cuore nel popolare melodramma “Perdutamente tua” (1942). Fece epoca il suo gesto di mettersi in bocca due sigarette, accenderle insieme e passarne una fra le labbra di Bette Davis. Per qualche tempo, si disse, diventò un vezzo comune fra gli innamorati di tutto il mondo.

Inoltre, Henreid era già il più assiduo protagonista del nuovo filone di film “noir” resistenziali a cui apparteneva lo stesso “Casablanca”, e dove in genere era proprio lui il romantico rubacuori al centro della storia e messo alla prova dal destino. Tanto che, se non con lo stesso carisma, avrebbe dignitosamente potuto prendere il posto di Bogart nel film di Curtiz sapendo duettare sentimentalmente con le dive più fascinose, come nel caso di Michèle Morgan in “L’ora del destino” (1942, suo primo film hollywoodiano) o della bellissima Hedy Lamarr ne “I cospiratori” (1944), un clone di “Casablanca” sempre prodotto dalla Warner. Ma una prova notevole della sua grande flessibilità Henreid l’aveva già fornita in un precedente film inglese, “Night Train to Munich” (1940) di Carol Reed, dove a sorpresa è perfetto nell’interpretare un infiltrato nazista in un campo di concentramento di prigionieri della resistenza cecoslovacca.

Personalità signorile ma di carattere, a Jack Warner, che sosteneva di averlo creato dal niente portandolo a Hollywood, ribattè con una risposta tagliente, proprio alla Bogart: “Se non fossi già stato un divo, non mi avresti pagato tanto”.