Al Magazzino delle Idee di Trieste grafici di tutto il mondo uniti nell’Alleanza che ha segnato il Novecento
TRIESTE Tanti volti, venticinque, altrettante espressioni della più vasta gamma. Qualcuna più seria, un paio accigliate, certe sornione, o assorte, altre addirittura scanzonate. Separati sono singoli tasselli raffiguranti personaggi eccellenti; uniti, come tessere di un mosaico, fanno la storia del nostro Paese. Sono loro i protagonisti, dell'ampio pannello d'immagini che dà il benvenuto al Magazzino delle Idee di Trieste e della mostra "L’Italia e l’Alliance Graphique Internationale. 25 graphic designer del ‘900": a cura di Carlo Vinti, è dedicata a venticinque graphic designer italiani dell’Alliance Graphique Internationale, l’associazione che dal 1951 riunisce i professionisti dell'arte grafica più importanti del mondo. L'occasione è stata proprio il Congresso dell'Alliance, o più semplicemente Agi, appena concluso, su un’idea di Paolo Tassinari, presidente di Agi Italia. Visitabile fino al 6 gennaio 2023, la mostra è realizzata dall'Erpac, l'Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia, e patrocinata da Aiap, Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva e Associazione Archivio Olivetti.
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Le immagini preziose che si schiudono - oltre duecento tra manifesti, annunci pubblicitari, prodotti editoriali, bozzetti, schizzi progettuali, carteggi - appartengono a questi venticinque autori le cui radici culturali e professionali affondano nel secolo scorso e che sono ritenuti tra i maggiori esponenti della grafica italiana e del design internazionale: Erberto Carboni, Bruno Munari, Franco Grignani, Giovanni Pintori, Albe Steiner, Eugenio Carmi, Riccardo Manzi, Franco Bassi, Silvio Coppola, Emanuele Luzzati, Egidio Bonfante, Pino Tovaglia, Walter Ballmer, Roberto Sambonet, Bob Noorda, Germano Facetti, Heinz Waibl, Mimmo Castellano, Giulio Confalonieri, Franco Balan, Italo Lupi, Giulio Cittato, Pierluigi Cerri, Armando Milani, Pierpaolo Vetta. L'esposizione si chiude infatti, con grande sensibilità, proprio con un omaggio a Vetta, unico rappresentante triestino in mostra entrato nella prestigiosa Alliance Graphique Internationale proprio nell'anno della sua prematura scomparsa. Un importante spaccato che non ha la pretesa di essere esaustivo, anche per la mancanza di figure femminili - grandi assenti, purtroppo nel panorama dei membri Agi del '900 - che il curatore ha voluto comunque colmare inserendone un paio di contributi nelle tre isole tematiche che fan da corredo alle 25 personali.
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La mostra prende il via da un paradosso. L’Italia è nota in tutto il mondo per la sua grande tradizione nel campo del design: eppure troppo poco spesso si ricorda che la nostra è una delle scuole grafiche più influenti emerse nel secolo scorso, capace di guadagnarsi presto una reputazione internazionale. Composta da designer la cui produzione ha accompagnato la quotidianità di tutti noi, spesso attraverso segni così potenti e riconoscibili da accompagnarci ancora oggi. «Una delle motivazioni forti che stanno dietro questa mostra - spiega quindi Carlo Vinti, storico del design e della grafica - è proprio quella di far conoscere a un pubblico allargato la grande tradizione della grafica moderna in Italia. Se è vero infatti che negli ultimi anni istituzioni come il Museo della Triennale di Milano o il Museo Nazionale della Collezione Salce di Treviso hanno dedicato importanti esposizioni alla grafica, i graphic designer italiani restano perlopiù ai margini dei circuiti mainstream e dei grandi media».
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Eppure fin dall'inizio l'Agi, quest'alleanza amichevole e prestigiosa nata per creare una fertile rete di scambi in uno spirito che rifletteva la situazione del dopoguerra, ha visto subito rappresentanti italiani al suo interno: già nel secondo anno di vita, il 1952, includeva ben quattro membri italiani. E il nostro Paese venne ampiamente rappresentato anche alla prima esposizione Agi, tenutasi a Parigi nel 1955 e testimoniata nella prima parte della mostra da immagini e documenti. Non andò proprio come da previsione: in quell’occasione, infatti, diversi giornalisti e addetti ai lavori giudicarono il linguaggio grafico dei quattro, che erano Erberto Carboni, Franco Grignani, Bruno Munari e Giovanni Pintori, «poco conforme - spiega Vinti - in quanto asciutto, minimale, tendente all’astrazione: tuttaltro rispetto a ciò che ci si sarebbe attesi dal “più meridionale” degli 11 paesi rappresentati». Ecco una prima caratteristica della scuola di designer che si formò, prevalentemente a Milano, nel secondo dopoguerra: questa sintesi, per il curatore, tra «rigore progettuale e libertà di sperimentazione, capacità di tenere insieme il “moderno” con l’immediatezza espressiva, soluzioni surreali e umoristiche, e successivamente anche con un recupero meditato della storia»: quella che ha voluto indicare con "la terza via della grafica italiana".
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Sintesi unica e brillante perché la vocazione internazionale è da sempre l'elemento chiave dei designer italiani: il dialogare con culture progettuali diverse e accogliere figure provenienti da altri paesi è stato fin dal principio al centro del loro mondo. «Basti pensare ad autori come gli svizzeri Max Huber, Walter Ballmer, Bruno Monguzzi e Lora Lamm o all’olandese Bob Noorda, che hanno avuto una carriera interamente o in larga parte italiana». Anche quello che fu presidente Agi nel complesso periodo del '68, il milanese Germano Facetti, costruì il proprio successo professionale fuori dai confini nazionali: lui, che a 17 anni fu anche arrestato come membro armato della Resistenza e deportato in Austria, si trasferì a Londra, e in mostra ritroviamo i suoi celebri Penguin Books di cui fu direttore artistico. «Si pensi anche a una grande figura come quella di Roberto Sambonet - aggiunge il curatore - a Giulio Cittato e Heinz Waibl, che hanno compiuto importanti esperienze americane, o ad Armando Milani, che ha lavorato per vari anni nel suo studio di New York diventando uno dei grafici più noti fuori dai confini nazionali». Di Cittato, veneziano trasferito a Chicago, troviamo in mostra anche due fondamentali lavori italiani: il logo Coin del '71 e la segnaletica gialla dominata dal carattere Helvetica concepita per la linea di navigazione Actv veneziana, così significativi e freschi da accompagnarci anche oggi. La mostra vuole restituire questa dimensione internazionale anche attraverso l’esposizione di una serie di carteggi tra membri dell’Agi. Documenti che testimoniano, come ha evidenziato Vinti, quanto gli incontri Agi abbiano dato vita «non solo a scambi professionali tra membri di diversi paesi, ma anche ad autentici legami d'amicizia».