Lorenzo Fontana, chi è il leghista che guiderà la Camera. Dalle tesi filo-Putin all’Occidente minacciato dai gay e dal neocolonialismo culturale
Classe 1980, veronese, grande tifoso dell’Hellas, una moglie, una figlia, una laurea in Scienze politiche, una in Storia e filosofia. Vicesegretario federale della Lega, consigliere comunale a Verona dove sarà anche vicesindaco e poi due volte europarlamentare dal 2009 al 2018, anno in cui viene eletto deputato, vicepresidente della Camera e ministro con deleghe alle Politiche per la Famiglia, Disabilità, Infanzia e Adolescenza e Politiche Antidroga. Nel 2019, sempre nel governo Conte I, per tre mesi sarà anche ministro per gli Affari Europei. Oggi, 14 ottobre 2022, Lorenzo Fontana è il nuovo presidente della Camera dei deputati. Ma ciò che preoccupa una parte dell’opposizione e più in generale chi si batte per i diritti delle minoranze, delle donne, della comunità Lgbt, degli stranieri, non è il suo curriculum. Piuttosto un pensiero ultraconservatore e tradizionalista ultracattolico, che fa di lui il rappresentante più in vista dell’ala dura della Lega di Matteo Salvini. Per non parlare dell’appoggio al presidente russo Vladimir Putin e ai “patrioti repubblicani” di Donald Trump, “un modello anti-globalista” dal quale l’Europa “ha tanto da imparare”, ha twittato.
Basta scorrere il suo account twitter per capire la sua vicinanza alla storia della Chiesa e dei santi. Quasi ogni gionro twitta il santo del giorno allegando una sua foto e una bereve nota esplicativa. Pochi giorni fa, il 7 ottobre, ha celebrato l’anniversario della battaglia di Lepanto. Quel giorno, sono le parole di Fontana, la Lega Santa riportava la vittoria “contro l’avanzata ottomana. L’ Europa cristiana – aggiunge – fiera della sua identità, otteneva una straordinaria vittoria. Oggi si ricorda la Madonna del Rosario”. Perché “senza tradizione non c’è progresso”, ama ripetere. A proposito, a unirlo in matrimonio alla moglie Emilia Caputo è un sacerdote tradizionalista, il brasiliano Vilmar Pavesi, trapiantato in Italia e consacrato con la Fraternità di San Pietro. Di che si tratta lo spiega lo stesso Pavesi: “Sono i cattolici che erano seguaci del vescovo Lefebvre e con un accordo con Giovanni Paolo II hanno accettato l’autorità del papa, mantenendo però il rito tridentino”. Insomma, non è la solidarietà universale di Papa Francesco a ispirare il neoeletto presidente della Camera. Piuttosto quella tradizione cristiana a cui guardano formazioni come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen: “È un’alleanza storica che ho contribuito a stipulare”, ha più volte rivendicato.
“La crisi demografica in Italia sta producendo numeri da guerra. È come se ogni anno scomparisse dalla cartina geografica una città come Padova. Noi non ci arrendiamo all’estinzione e difenderemo la nostra identità contro il pensiero unico della globalizzazione, che oggi ci vuole tutti omologati e schiavi. La politica deve produrre un cambiamento culturale, con azioni che guardino ai prossimi 20-30 anni: ne va della sopravvivenza della nostra civiltà”, aveva detto nel 2018 alla presentazione del suo libro “La culla vuota della civiltà. All’origine della crisi”, scritto con l’economista Ettore Gotti Tedeschi. Quello della denatalità, prova della crisi in Occidente e anticamera di un neocolonialismo culturale che ci invade di cittadini extracomunitari, è un chiodo fisso. E le sue posizioni sono sempre nette, monolitiche. “La nostra azione politica sull’immigrazione si ispira al catechismo: ‘ama il prossimo tuo‘ ovvero in tua prossimità e per questo dobbiamo occuparci prima dei nostri poveri“. Quando l’allora premier Paolo Gentiloni dichiarava che “l’Europa che invecchia ha bisogno di migranti“, lui lo rimbeccava che “no, che c’è bisogno di nuovi figli”. E se l’Onu dichiarava che le migrazioni sono un fenomeno positivo, lui da Bruxelles alzava subito la voce: “Il Piano delle Nazioni Unite va fermato subito”.
Figlio della Lega in salsa nazionale, quella che ha messo da parte i “terroni” per chiedere il voto ai meridionali in nome dell’italianità, Fontana si considera un patriota e in difesa di tale identità respinge le “contaminazioni esterne”, soprattutto se religiose e islamiche. Nella sua biblioteca-web consiglia di leggere il libro Eurabia, che dimostrerebbe l’esistenza di un piano guidato dai Paesi Arabi di costruire una realtà politico-culturale omogenea attorno al Mediterraneo. “Il nostro Paese non ha bisogno dello ius soli”, dice. E aggiunge: “Ecco che cosa marca la differenza tra noi e le sinistre: loro pensano agli immigrati, noi agli italiani. Ci sono gravi responsabilità delle sinistre negli sbarchi di miliziani dell’Isis”. A Verona il sindaco Sboarina, di cui Fontana fu il vice, volle introdurre il “fattore famiglia”. “Siamo il primo Comune capoluogo che lo introduce. L’obiettivo è redistribuire servizi e ricchezza a favore delle famiglie che hanno più bisogno”. Di più, nel 2020 Fontana ha presentato una proposta di legge contro la cristianofobia e un ordine del giorno per impegnare il governo a occuparsi delle discriminazioni anti–cristiane.
In perfetta coerenza combatte le sue battaglie contro l’aborto – “prima causa di femminicidio nel mondo”, disse nel 2018 durante la Marcia per la Vita per abrogare la legge 194 – e contro i diritti delle persone Lgbt. Perché la famiglia è “quella naturale“, mentre le famiglie arcobaleno “per la legge non esistono“. Le contaminazioni non gli piacciono. Sul suo sito ha campeggiato a lungo la foto del “Bus antigender”, ovvero il bus della libertà su cui campeggia una scritta: “Non confondete l’identità sessuale dei bambini”, diceva, convinto che nelle scuole italiane si faccia educazione sessuale “pro-Lgbt”, certo che si insegni la teoria gender, “una grave minaccia, assieme all’immigrazione e al matrimonio gay”. Questo, in sintesi, il Fontana-pensiero da sempre, chiarito una volta di più nelle interviste che concesse a giugno 2018, appena diventato ministro della Famiglia: “Il matrimonio è solo tra mamma e papà, le altre schifezze non le voglio sentire”. E ancora: “Più figli, meno aborti”. Tanto che all’epoca costrinse anche Matteo Salvini a prendere le distanze.
Ma Fontana ha posizioni nette anche in politica estera, tema che lo vede responsabile esteri nella Lega. Pochi giorni dopo il voto criticò le parole del neopresidente Joe Biden. “Probabilmente, il presidente democratico è consapevole di quanto accadrà nelle elezioni di metà mandato, dove i patrioti Repubblicani vinceranno”, twittò commentando le parole di Biden che dopo l’affermazione del centrodestra italiano disse: “Avete visto cosa è accaduto in Italia, non possiamo essere troppo ottimisti”. Del resto, le affinità con la destra repubblicana non mancano anche sul fronte della legittima difesa, dove Fontana non poteva che essere in prima linea: “La legge sulla legittima difesa va cambiata. Uno Stato serio premia chi si difende e chiede scusa per non essere stato capace di provvedere direttamente alla tutela dei cittadini in pericolo. Oggi invece viviamo in un mondo rovesciato dove i criminali spesso la fanno franca e le vittime vengono ingiustamente inquisite. Bisogna risvegliare il buon senso”. Del resto, il vicesegretario della Lega si è spinto fino a definire il suo partito una “cerniera tra Trump e Putin“, come ha twittato lui stesso a maggio del 2018. Non solo, negli anni h affidato al suo profilo su Twitter elogi agli estremisti tedeschi di destra dell’AFD e alla brexit, “inizio di una nuova epoca”.
E per non farsi mancare nulla, la Russia di Putin. Un caso fu il patrocinio del ministero della Famiglia da lui presieduto al Convegno Mondiale sulla Famiglia di Verona. Fontana diede il suo appoggio e partecipò anche alla manifestazione, costringendo anche l’allora premier Giuseppe Conte a intervenire per chiarire che la presidenza del Consiglio non aveva niente a che fare con il patrocinio del World congress of families. A Verona insieme a Fontana (e Salvini), furono presenti anche Alexey Komov, presidente onorario di quell’associazione Lombardia–Russia, e Dmitri Smirnov, arciprete della Chiesa ortodossa. Tutti esponenti vicini al Cremlino, uniti in nome della lotta contro i diritti Lgbt. E del resto Fontana non ha mai nascosto la sua ammirazione per Vladimir Putin: “Da parte mia sono stato favorevolmente impressionato da tante dichiarazioni di Putin e dal grande risveglio religioso cristiano“, ha detto del presidente russo. E ancora: “Ho visto in questo una luce anche per noi occidentali, che viviamo la grande crisi dei valori”. Da europarlamentare e insieme a Salvini, Fontana ha sempre condannato le sanzioni alla Russia. All’epoca in cui entrambi occupavano le poltrone del Parlamento europeo, diverse foto li ritraggono con la stessa maglietta bianca con la scritta “no sanzioni per Mosca“. Nel 2018 chiese apertamente al governo M5s-Lega di cui era parte di “ritirare le sanzioni alla Russia perché contrarie ai nostri interessi”. Un appello che rinnova su twitter, fino a dieci giorni prima dell’attacco di Mosca all’Ucraina.
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