Sos dei panificatori mantovani: «Strozzati dai rincari. E ora la gente chiede il pane vecchio»
Una delegazione dei 120 professionisti incontra il prefetto. E avverte: «Senza correttivi, nel 2023 chiuderemo bottega in tanti»
MANTOVA. Il pane del giorno prima, ma ancora morbido, buono da portare in tavola. La crisi riverbera nelle richieste dei consumatori, schiacciati da bollette, mutui, inflazione, e senza il conforto di una prospettiva a cui agganciare la speranza. L’incertezza accomuna clienti e imprenditori, la signora che chiede dignitosamente il pane vecchio e il panificatore/panettiere, alle prese con rincari impossibili da scaricare sui clienti. Qualcuno ha già chiuso bottega – cinque nel 2022 – e tanti altri, tra i centoventi panificatori della provincia di Mantova, sono in bilico.
«Molti colleghi alla soglia della pensione decidono di chiudere prima di maturare i requisiti – riferisce Riccardo Freddi, che l’altro giorno ha incontrato il prefetto Gerlando Iorio in delegazione con la Cna – stanno lavorando troppo in perdita, per cui preferiscono mollare prima e pagarsi i contributi che restano. A soffrire di più sono le piccole realtà a conduzione familiare, aziende stritolate dai costi fissi che devono produrre il pane tutti i giorni, il nostro è un lavoro di continuità, non possiamo sospenderlo».
«Si veniva già da una condizione post-pandemica drammatica – osserva Massimo Randon, anche lui nella delegazione della Cna ricevuta dal prefetto – ora, con l’aumento del gas e dell’energia elettrica, stiamo soffrendo da morire, non sappiamo davvero cosa fare». La sua lettura, però, diverge in parte da quella del collega Freddi: «A soffrire di più sono le aziende strutturate, quelle familiari possono tenere botta meglio, limitando i consumi in casa, ma la situazione è grave per tutti. Di questo passo, se le cose non cambiano, tra gennaio e febbraio chiuderanno moltissime aziende». Intanto Randon ha optato per il Gpl: gli spazi del suo laboratorio, nella zona artigianale della Malpensata, glielo consentono. Chi panifica e vende in centro storico è in trappola.
Raccontano i panificatori in coro di una situazione difficilissima, con i prezzi di materie prime e imballaggi esplosi e le bollette quadruplicate. Qualche esempio: lo zucchero è schizzato in pochi mesi da 60 centesimi a 1,60 euro al chilo, il burro da 4 a 8 euro. L’elettricità? Sommando le bollette dei suoi due laboratori, Freddi è arrivato a 9mila euro al mese. E ripete con Randon: «Non possiamo scaricare per intero gli aumenti sul pubblico, comprometteremmo troppo le vendite e non saremmo capiti dalla clientela, dobbiamo fare le cose con equilibrio». Tradotto, chi non ha ancora ritoccato i prezzi sarà costretto a farlo.
«I panifici sono un baluardo dei paesi, il servizio che svolgono è anche sociale – interviene la direttrice della Cna, Elisa Rodighiero – Il prefetto? È stato molto collaborativo, ci ha ascoltato e si è offerto di aiutarci a superare alcune strozzature burocratiche, come gli ostacoli per installare i pannelli fotovoltaici. Ma è chiaro che la crisi energetica richiede soluzioni a un altro livello, occorre calmierare le bollette».
«C’è grande attesa per le decisioni dell’Unione europea e del governo che verrà – concorda Freddi – raffreddare le bollette è la priorità tra le priorità». «I politici devono recuperare aderenza con i problemi del paese e dei territori, altrimenti non ne veniamo fuori» sollecita Randon. Il pane meno caro? «Per noi sono le mantovane classiche – risponde Freddi – che vendiamo a quattro euro al chilo».
Il pane della tradizione, quello che resta morbido anche il giorno dopo.