Scoprì il relitto ma non riscosse il premio: il ministero dovrà pagare 250 mila euro al pescatore di Grado
GRADO Quell’uscita in mare gli aveva serbato un’inaspettata sorpresa. Gliel’avevano regalata le sue reti che, appena issate, avevano consegnato assieme alla messe di pesci frammenti di cocci preziosi. Era il 1999, il pescatore cinquantenne Marco Tognon, intuendo la portata dei reperti, aveva provveduto subito ad avvisare le autorità. Era stata una pesca miracolosa, considerato che i Carabinieri subacquei giunti in sopralluogo, sotto la regia della Soprintendenza, avevano individuato a 19 metri di profondità i resti di un centinaio di anfore, alcune anche integre. Reperti battezzati “Grado II”. Un evento di chiara evidenza, dopo la scoperta della “Iulia Felix” di epoca romana un paio d’anni prima, riportando le lancette della storia al III secolo a.C. Per il pescatore la scoperta gli era valsa un premio di 250 mila euro. Rimasto tuttavia nelle casse dello Stato. Un premio “intrappolato” nello scorrere degli anni. Finché il pescatore ha presentato ricorso al Tar.
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La sentenza è stata pronunciata il 12 ottobre dalla Prima Sezione: il Ministero della Cultura è stato condannato a corrispondere la somma entro il termine di 30 giorni. È stata anche disposta la nomina di un commissario ad acta, il Segretario generale del Ministero o suo delegato, affinché provveda alla liquidazione (ulteriori 30 giorni), in caso di «persistente inottemperanza» dell’Amministrazione. Quindi la rifusione delle spese per 1.500 euro. Il ritrovamento archeologico valeva ben che un premio, tanto che il pescatore gradese aveva presentato domanda al Ministero della Cultura e alla Soprintendenza archeologica Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
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Seguirono le interlocuzioni, il premio era stato quantificato in 250 mila euro e la proposta inoltrata dalla Soprintendenza era stata accettata da Tognon, che aveva poi provveduto a trasmettere la documentazione necessaria. Ma tutto s’era “inabissato” nel silenzio, nonostante i reiterati solleciti del gradese e i 7 anni trascorsi dal completamento dell’istruttoria. Nel procedimento il Ministero e la Soprintendenza si sono costituiti a giudizio, difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, nel richiedere l’annullamento in ordine alla pretesa del pescatore, sostenuto dagli avvocati Andrea Pittoni e Lina Sguassero, del Foro di Udine. Una sentenza netta, dunque, quella pronunciata dal Tar considerando che «non risultano ragioni ostative all’erogazione del premio» e che «il ritardo sembra piuttosto attribuibile a problemi di interlocuzione tra le articolazioni centrali e periferiche del Ministero». Il Tar ha accertato l’inadempimento del Ministero all’obbligo di concludere il procedimento di corresponsione del premio nei termini economici che erano stati quantificati e accettati dal privato. L’Amministrazione, peraltro, si rileva sempre nella sentenza, pur costituitasi a giudizio, «non ha svolto alcuna argomentazione difensiva, né ha prodotto documentazioni».
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