Trieste, il comandante Vitale saluta dopo due anni: «Questa Capitaneria è parte della città»
L’ammiraglio traccia il bilancio della sua esperienza a Trieste: «Abbiamo realizzato tanto anche grazie ad alti livelli di collaborazione»
Tremila navi all’anno in entrata e in uscita, da controllare in golfo, una per una, con i radar e i sistemi satellitari. E poi i soccorsi e tutto il lavoro di prevenzione per evitare pericoli e illeciti, anche quelli dei bagnanti.
Ma non è nei numeri che l’ammiraglio Vincenzo Vitale, comandante della Capitaneria di porto, rilegge e valuta questi due anni e quattro mesi di esperienza a Trieste. «È nelle relazioni, è nelle collaborazioni istituzionali e nella consapevolezza di essere entrati nella città che osservo quanto di buono si è realizzato in questo periodo», osserva.
Sessantun anni, siciliano, originario di Milazzo in provincia di Messina, il comandante prenderà presto le redini della direzione del Reparto mezzi navali, aerei e terrestri del Comando generale delle Capitanerie di porto presso il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili. Coordinerà qualcosa come 600 mezzi.
Al posto di Vitale a Trieste subentra il capitano di vascello Luciano Del Prete che attualmente a Roma ricopre l’incarico assegnato all’ammiraglio Vitale.
Comandante, come valuta la sua esperienza a Trieste?
Due anni fantastici: reputo l’esperienza a Trieste la più soddisfacente della mia carriera. Il plauso va a chi in questi anni ha lavorato al mio fianco con dedizione, che ringrazio profondamente, altrimenti un comandante da solo non sarebbe nulla. Qui a Trieste si opera molto bene, c’è un rapporto di collaborazione tra istituzioni veramente sano. La Capitaneria di porto è riuscita a entrare nella città, nella collettività. Ed è necessario, perché il lavoro di una Capitaneria è complesso; per il funzionamento del porto ci occupiamo di una miriade di funzioni, a cominciare da quelle legate alle procedure di ingresso e uscita delle navi. Ci sono poi, ad esempio, le iscrizioni delle barche da diporto e da pesca, i controlli degli equipaggi, gli esami ai marittimi che devono diventare comandanti e tutto il ventaglio di atti amministrativi dell’utenza che usa il mare. Qui noi siamo il presidio, peraltro in un contesto ormai internazionale.
Esattamente. Infatti le procedure che riguardano l’arrivo e la partenza delle navi rientrano in un sistema condiviso di un network sia europeo che mondiale. Per quanto ci riguarda noi acquisiamo l’ingresso di una nave quarantottore prima dell’arrivo e la vediamo avvicinarsi attraverso i nostri radar e il nostro sistema satellitare.
Nel corso del suo incarico si sono verificate situazioni di crisi o di gravi problematicità nel traffico navale in golfo?
Direi di no. Comunque, considerando i Ro-Ro e le navi passeggeri, monitoriamo circa una media di tremila arrivi all’anno. Solo la Siot ne fa tra le quattrocento e le cinquecento. A noi spetta la funzione di controllo e sicurezza di ciò che si muove qui.
A proposito di controlli, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina vi è stato affidato il monitoraggio in golfo dello yacht dell’oligarca Melnichenko, sequestrato dalle autorità italiane.
Sì, più esattamente si tratta di un nuovo istituto, quello del “congelamento” di un bene, che dunque non è né sequestrato né confiscato. Per noi è un’attività peculiare, completamente nuova, un’anomalia, perché non rientra tra quelle di cui ci occupiamo abitualmente. Noi abbiamo preparato un’ordinanza di interdizione, chiesta dall’Agenzia del demanio, secondo cui nessuno si può avvicinare allo yacht a cinquecento metri di raggio. Un’ordinanza sempre rispettata: nessuno si avvicina.
Alla Capitaneria spetta anche il compito di vigilanza durante la Barcolana, come noto. Quest’anno, nonostante l’affollamento, tutto è filato liscio, o quasi.
Direi di sì. Abbiamo eseguito una ventina di interventi. Una barca ha scuffiato, una persona è caduta in mare ma è stata prontamente recuperata. Poi c’è stato qualcuno che si è fatto male, comunque niente di grave. Anch’io ero in plancia a vigilare.