Teatro, La Contrada di Trieste parte con Jane Austen nell’irriverente commedia di Fullin
foto da Quotidiani locali
TRIESTE Milleottocento e qualcosa. La celeberrima autrice britannica Jane Austen, infastidita dai primati delle sue colleghe, le sorelle Brontë, ha lasciato l’Inghilterra per Trieste, a caccia di una nuova riscossa letteraria.
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In fondo che avranno mai di speciale le “Cime Tempestose” in confronto all’ispirazione che, magari, potrebbe venire a lei dal carso schiaffeggiato dalla Bora? E poi, vuoi mettere, invece, una sua nuova opera, in triestino, dall’evocativo titolo “Un amore al Bivio”? Evocativo del Bivio di Miramare si intende...
La scrittrice, in “Jane Austen Cuguluf”, scritto, diretto e anche interpretato da Alessandro Fullin, è pronta ad approdare sul palcoscenico del Teatro Bobbio, giovedì, alle 20.30, per il suo debutto teatrale e l’inizio della stagione de La Contrada. Come da tradizione, il teatro stabile triestino apre il palcoscenico sul suo nuovo cartellone con una commedia in dialetto, di sua produzione. Fullin torna appunto in veste di protagonista, insieme all’attrice Ariella Reggio e la compagnia della Contrada, con Marzia Postogna, Adriano Giraldi, Elke Burul, Francesco Godina, Daniela Gattorno, Valentino Pagliei e Leonardo Zannier. Scene e costumi sono di Andrea Stanisci, le luci di Bruno Guastini.
Lo spettacolo, dopo la “prima”, sarà in scena fino al 23 ottobre e poi dal 27 al 30.
Alessandro Fullin, come mai le è venuta la voglia di raccontare un’epopea triestina di questo personaggio?
«Di lei ho letto tutto, la amo molto. Una scrittrice così garbatamente ironica! Mi divertiva l’idea di occuparmene, e interpretandola, finalmente, mi sono tolto un sassolino dalla scarpa. Ho anche il fisico giusto».
Sarà una Jane Austen con la valigia, o il baule che sia, mentre è nota per essere stata piuttosto stanziale.
«Non è mai stata a più di due chilometri da dove è nata, praticamente l’unica cosa che faceva era andare a Bath, amena località di bagni e bel mondo. Vi ha ambientato molti dei suoi romanzi. Io invece immagino che, scocciata, lasci l’Inghilterra alla volta di Trieste, dove l’aspetta l’editore Carlo Giovanella per pubblicare opere inedite, rigorosamente nel dialetto locale».
Chissà se giungerà in città ammantata di “orgoglio e pregiudizio”… E cosa trova?
«Ad accoglierla c’è la Baronessa Sufiarefolo, che in difficoltà finanziarie si è messa a disposizione per ospitarla, e la sua sgangherata famiglia: la sorella Ponziana, la sgraziata figlia Morena, il figlio Gian Tandul, il Conte Zaflaucich, un innamorato perso, Ivan, e la serva Atena, dall’ambigua personalità. Jane si ritrova nel turbinio delle loro vicende».
Come reagisce?
«Entra nello spirito triestino, è franca e bella sveglia, anche nel dare alla figlia della baronessa, giovane alla prima esperienza, molte dritte sulla piccante battaglia tra i sessi. C’è di mezzo l’amore, motore di ogni storia».
E il cuguluf del titolo, tipico dolce di origine viennese?
«Serve ad addolcire una commedia irriverente e che ruota intorno alle tre grandi passioni dei triestini: “far l’amor, ‘ndar al bagno sui scoi e sentarse in tavola”. E poi c’è un gusto mio di decontestualizzare e attualizzare le cose, con il tassì e il telefono, ma anche nei costumi e nei riferimenti, sebbene in punta di forchetta. Tanto ormai il concetto di storia patria è un po’ un minestrone, quindi...». —