Imprenditore condannato a tre anni per aver perseguitato una dipendente
Senza colpevoli l’auto crivellata di proiettili per gelosia. Era la notte del 29 dicembre 2014 e tutti i reati (minaccia e danneggiamento aggravati, fabbricazione di documenti falsi, sostituzione di persona e spaccio di droga) sono prescritti: sentenza di non doversi procedere per il presunto esecutore materiale Claudio Pietrobon
. Mentre il presunto mandante Renato Carpene è stato condannato a tre anni di reclusione per atti persecutori verso M.Z. È l’odontotecnico di Trichiana, ex datore di lavoro della ragazza morta a 22 anni, il 26 gennaio 2016, per un’insufficienza cardiaca che le ha provocato un infarto.
Il risarcimento danni andrà definito in sede civile con l’avvocato Martino Fogliato, intanto il giudice Antonella Coniglio non ha disposto alcuna provvisionale. Insomma, non ci sono anticipi da versare per un reato, che nell’estate dell’anno prossimo sarà, a sua volta, caduto in prescrizione.
I difensori Monica Barzon e Mauro Gasperin hanno annunciato appello, dopo i 90 giorni previsti per le motivazioni. Entrambi avevano eccepito il fatto che mancasse la querela necessaria per lo stalking, ma la condanna è arrivata lo stesso: «In ogni caso, non ci sono provvisionali da versare e tengo a sottolineare una volta di più che non c’è alcuna connessione tra le presunte condotte persecutorie del mio assistito e il decesso della ragazza, che soffriva di una patologia congenita», osserva Barzon.
Gli atti persecutori si sarebbero verificati tra il novembre 2014 e il gennaio 2016: lettere, telefonate, sms, ma anche appostamenti e pedinamenti. I carabinieri sono arrivati a Carpene analizzando il computer personale, alcune chiavette Usb e il telefonino della ragazza.
Secondo la ricostruzione della Procura di Belluno, l’uomo si era invaghito di lei e, sospettando che un benzinaio dal quale aveva lavorato come barista avesse a sua volta un debole, avrebbe organizzato la spedizione del dicembre 2014, stando ai primi rilievi tra le 4 e le 7 del mattino: alcuni colpi di pistola calibro 7,65 su una Chevrolet parcheggiata a Villa di Villa.
Un avvertimento, al quale avrebbe pensato Pietrobon, che in quel periodo si trovava in provincia e si spacciava per Daniele Santarelli, un dentista che esiste sul serio e al quale è stata rubata l’identità, per prendere in affitto un appartamento a San Gregorio nelle Alpi, oppure per un inesistente Ferdinando Moretti. Queste le generalità declinate a una pattuglia che l’aveva fermato per un controllo.
Pietrobon era difeso dall’avvocato Erminio Mazzucco e doveva rispondere anche di alcune cessioni di stupefacente. Quattro giudici si sono occupati del fascicolo del dibattimento ed è tutto prescritto, tranne lo stalking.