Science+Fiction, arriva l’horror di mezzanotte studentesse in un bunker braccate dal mostro cannibale
foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Dopo il bagno di folla della serata di apertura di ieri al Rossetti, con la scelta rilassata, trasversale e retrò della fantacommedia ecologista “The Visitor From the Future”, il 22° Science+Fiction prosegue mercoledì 2 novembre non solo con la fantascienza spettacolare e spaziale dell’austriaco “Rubikon” o dell’americano “Night Sky” (al Rossetti rispettivamente alle 20 e alle 22.30), ma tentando anche strade meno popolari, più estreme e coraggiose con la fascia dei film di mezzanotte.
Alle 24 al Miela, il pubblico più cinefilo e più esigente potrà “gustare” (si fa per dire) il primo dei “Midnight Movies” del festival, l’italiano del filone cannibalico “Antropophagus II” di Dario Germani. Per fare un po’ di storia della cinefilia, il fenomeno dei “Midnight Movies” nacque a New York negli anni ’70, quando si iniziarono a proiettare a mezzanotte horror di culto come “La notte dei morti viventi” di George Romero, “El Topo” di Alejandro Jodorowski o “Eraserhead” di David Lynch. Ora “Antropophagus II” si ricollega un po’ a quegli anni ruggenti perché torna su un classico del nostrano “cinema bis”, quell’”Antropophagus” del 1980 del leggendario Joe D’Amato (alias Aristide Massaccesi) ambientato in Grecia, dove un mostro infernale fa strage di turisti, cibandosene, in una villa su un’isola. Se i “cannibal movies” dell’epoca riflettevano, deformandole, le tragedie emerse tardivamente dalla guerra del Vietnam (l’horror è sempre lo specchio oscuro dell’attualità), questo ritorno ora al cinema sanguinario ci fa pensare subito alle paure suscitate dal conflitto ucraino. È un effetto inevitabile del cinema dell’orrore, anche se la lavorazione qui è precedente.
“Antropophagus II” doveva essere inizialmente ambientato nelle Filippine, ma poi è arrivato il Covid e il regista Dario Germani (già direttore della fotografia di una sessantina di film) ha deciso di girarlo in un bunker labirintico e davvero spaventoso da qualche parte nel Lazio. In questo antro malamente illuminato e sinistramente arredato da rugginoso rifugio atomico, con un fetido dormitorio, un gruppo di studentesse universitarie deve passare un weekend senza cellulari per verificare gli effetti emotivi che tale esperienza susciterebbe, a scopo tesi di laurea. La stramba idea è di una professoressa a dir poco incosciente, interpretata dalla veneta Monica Carpanese, già protagonista trent’anni fa per Joe D’Amato (“Il labirinto dei sensi”) col nome di Monica Seller. L’aggancio con l’originale “Antropophagus” sta principalmente nelle presenza nel luogo di un mostro orrendo e crudele, che bracca a sorpresa le malcapitate con le peggiori intenzioni.
Nel contesto asfissiante del bunker, il film di Germani sviluppa una storia all’inizio volutamente piena di cliché, a partire dall’ingenuità delle mosse delle vittime predestinate e dei dialoghi fatalmente comici all’insorgere del pericolo (“Dividiamoci: una di qua e una di là!”). Ma un po’ alla volta “Antropophagus II” diventa un riuscito esercizio di stile. Ben fotografato e costruito dall’esperto Germani, il film crea una discreta suspense giocando sull’atmosfera da incubo e sulle possibili varianti degli agguati, riservando per il finale una serie di imprevedibili colpi di scena.
La striscia un po’ folle delle paure di mezzanotte prosegue domani, sempre al Miela, col britannico “Walking Against the Rain”, ambientato in un mondo dove sono state rimosse le connessioni, social media inclusi, quindi venerdì con l’argentino “Pussycake”, omaggio ai classici horror anni ’80, e infine sabato con lo svizzero “Mad Heidi”. In questo che viene definito il primo “swissploitation” della storia, in una Svizzera distopica comandata da un fascista magnate del formaggio, Heidi viene rapita dal governo, ma il suo desiderio di libertà innesca una rivoluzione. Da non perdere.